da Thinka | 17 Settembre 2021 | Books, Fantastico, Grandi classici, Novella, Poema indiano
Le mille e una notte è uno di quei testi che si sogna di leggere da sempre, perché la loro fama li precede promettendo al futuro lettore, di vivere avventure e visitare luoghi che neanche nei suoi sogni più fervidi, ha mai sperato di raggiungere.
E così si rimane nel sogno, anche dopo la lettura di questi racconti: ci sentiamo come avvolti da un velo di magia perché ciascuno dei racconti ne è intriso e ci mostra che forse, in un tempo che è così lontano in una terra che è così distante dalla nostra cultura, magari qualcosa di molto simile è davvero potuto accadere.
Dopo anni in cui ho sempre avuto la curiosità di leggere questa raccolta di novelle popolari, finalmente ho letto Le mille e una notte! Complice la bellissima edizione Deluxe della Bur, che tra le meravigliose illustrazioni e la “trama” della carta, contribuisce a rendere questa lettura, decisamente un’esperienza.
Secondo la tradizione, Le mille e una notte altro non è che la raccolta di tutti quei racconti che la principessa Shahrazād, figlia maggiore di un gran visir, racconta al suo novello sposo, per avere salva la vita, essendo egli un uxoricida. Questi infatti per vendicarsi del tradimento ai suoi danni della prima moglie, aveva evidentemente preso l’abitudine di uccidere la propria moglie già dopo una sola notte di nozze, ma l’astuzia è donna e Shahrazād con l’aiuto della sorella hanno effettivamente dimostrato la veridicità di questa affermazione.
Se qualche cruccio viene ad amareggiarti,
ragazzo, vattene altrove,
e lascia pure che la casa pianga
al ricordo dei costruttori.
–
Il luogo della terra natale,
troverai sempre un’altra terra,
mentre la vita, se la perdi,
non potrà mai essere rimpiazzata.
I viaggi di Sinbad
Ed è sempre secondo la leggenda che la novella sposa ottiene salva la vita, narrando al proprio sposo un racconto nuovo ogni sera, rimandando il finale all’indomani in modo da rimanere in vita per un altro giorno ancora, finché il marito si innamorerà di lei e la manterrà in vita, dopo aver ascoltato ben mille-e-una storie.
La romanticheria in un certo senso ci sta!
Nella realtà, seppur numerosi, i racconti presenti in Le mille e una notte non sono milleuno, come si è erroneamente tradotto originariamente dall’arabo, e come il più dei lettori ritengono, quando si approcciano la prima volta a questo libro.
In arabo il numero 1001 indica non il numero di per se ma il concetto di innumerevoli, come a dire “troppe per essere contate, eppure finite”.
Sono stato scottato una volta, e credete pure che starò
bene in guardia per non cadere nella rete una seconda volta.
Il dormiente che non dorme
Nel corso dei secoli sono state raccolte in diversi volumi, in diverse edizioni e molti sono stati gli illustratori; nella mia edizione Deluxe della Bur ad esempio, è presente la seguente selezione di racconti, con le illustrazioni di Edmund Dulac, noto illustratore dal tratto floreale quanto più che preraffaellita:
I viaggi di Sinbad
Le avventure di Aladino
Il pescatore e il jinn
Il facchino e le dame
Il dormiente che non dorme
In questa edizione mancano ad esempio i racconti di Alì Babà e Shahrazād, che si andranno a leggere evidentemente altrove, si spera in una edizione all’altezza di questa.
Ad ogni modo ho scelto di leggere questi cinque racconti proprio come vuole la tradizione: leggendoli ad alta voce e alla sera (quasi sempre 😉 ), così che nella quiete delle ore serali ci si è potuti immergere in ciascuno dei luoghi, e camminare in ogni terra lontana di cui si legge in quel momento tra quelle righe, mentre il dito scorre sulla carta che ha una texture decisamente all’altezza della situazione.
Pensate che era bastata una notte, una misera notte,
per mettere insieme tutto quel tesoro!
Le avventure di Aladino
C’è da dire però, che la tipologia di narrazione non consente al lettore di immedesimarsi in prima persona, probabilmente anche per l’assoluta irrealtà di talune scene e avventure!
Ciò nonostante il lettore riesce a figurarsi perfettamente le ambientazioni, gli oggetti, i personaggi e persino i suoni tanto è vivida la narrazione. In tal senso l’uso che si fa dell’ipotiposi, è da intendersi non tanto una “scelta” letteraria, quanto piuttosto una necessità narrativa, poiché sempre va ricordato che Le mille e una notte sono figlie di una trasmissione orale, per altro non esattamente databile, ma comunque riconducibile al X secolo. E solo più tardi, nel XII-XIII secolo si hanno le prime stesure (tutte per altro differenti tra di loro), fino ad arrivare nel 1400 alla stesura definitiva che è quella che oggi possiamo leggere.
Insomma non è il Pañcatantra indiano, ma ha comunque attraversato un bel po’ di secoli per arrivare fino a noi, e di questo direi che possiamo solo che essere riconoscenti al lavoro di tutti i vari traduttori e trascrittori che si sono adoperati in tal senso.
La tua immagine abita tra il mio occhio
e la mia palpebra chiusa. Il tuo ricordo
s’insinua in ogni battito
del mio cuore.
Il pescatore e il jinn
Più in generale ne Le mille e una notte, troviamo impiegate delle tecniche che dal punto di vista letterario risultano innovative, poiché figlie della tradizione orale, a cui i diversi narratori fanno ricorso. Il fine è quello di incrementare la drammaticità delle storie e saturare emotivamente il lettore/ascoltatore, che nel rendersi conto dell’assurda fantasticheria di cui viene messo a parte, è comunque incapace di smettere di leggere/ascoltare.
Io credo che l’approccio migliore con cui si può scegliere di esplorare Le mille e una notte, è quello di non ricercare affinità con quanto le varie trasposizione cinematografiche per adulti e bambini hanno cristallizzato nella nostra mente.
Si rende infatti necessario un approccio ex novo, perché solo in questo modo si può effettivamente cogliere tutto il gusto dell’onirico che la magia e le creature fantastiche come i jinn e spiriti, per altro di derivazione persiana, ci ispirano.
Ospite, questa è la casa della gioia:
le sue pareti portano a colui che qui risiede
calma e serenità, e qui egli oblia
tutti gli affanni, alla porta li lascia.
IL facchino e le dame
E quando dico esplorare, mi riferisco proprio a quella sensazione che accompagna il viaggiatore curioso, perché oltre ad avere una genesi multipla dal punto di vista evolutivo, ne Le mille e una notte, tale molteplicità ha una trasposizione anche dal punto di vista ambientale poiché ci muoviamo tra la Persia, l’Egitto, paesi arabo-musulmani come la città di Baghdad o il porto di Basra e persino la Cina e ovviamente l’India.
Ecco quindi che ci troviamo immersi in luoghi che soddisfano il nostro gusto dell’esotico e del viaggio, il tutto comodamente adagiati sul nostro divano bevendo dell’ottimo the, ovviamente indiano, prendendoci il giusto tempo per riflettere sulla morale che accompagna ogni racconto, e se Shahrazād con il suo narrare è riuscita a far riflettere il suo sposo, re persiano Shahriyār, puoi essere cert* che qualche riflessione germoglierà anche nella tua di mente, che se poi ti ricordi gli insegnamenti delle lezioni di italiano a scuola, i compiti dei racconti orali erano due: intrattenere e insegnare e direi che nel caso di Le mille e una notte, abbiamo entrambi gli obiettivi soddisfatti.
Titolo originale: Les mille et une nuits
Autore: –
Prima pubblicazione: 900-1400
Prima pubblicazione in Italia: –
La mia edizione: Prima edizione classici Bur Deluxe Marzo 2016
Editore italiano: Il libro è un “self publishing“
Collana: –
Genere: Fantastico, Novella, Poema indiano
Numero di pagine: 510
Preceduto da: –
Seguito da –
da Thinka | 26 Febbraio 2021 | Auto aiuto, Books, Growth, Mind & Body, Psicologia
Il pensiero laterale, dello psicologo maltese Edward de Bono, ci insegna e spiega, come sviluppare la creatività e trovare sempre nuove idee superando i limiti imposti dal pensiero verticale e da una formazione che di fatto, non ci insegna a pensare “fuori dagli schemi”; anzi tutt’altro.
Il pensiero laterale, quello che si estrinseca nel trovare soluzioni creative, è qualcosa che può, e dovrebbe essere, molto più quotidiano di quanto non si pensi. Il pensiero creativo, e quindi il pensiero laterale, non è infatti strettamente connesso all’espressione artistica dell’individuo, quanto piuttosto ad una volontà di cercare e trovare, una soluzione che sia liberadalle briglie del pensiero verticale, ossia quello razionale.
Il pensiero laterale lo si può più facilmente apprezzare nelle sue realizzazioni pratiche.
Edward de Bono, sintetizza appunto la differenza tra due diversi “modi” di pensare, che nella migliore delle circostanze possono essere complementari e sicuramente sono uno la sintesi dell’altro.
Di fatto i due procedimenti sono complementari.
Il pensiero laterale è sempre ricostruibile verticalmente, ma solo a posteriori.
In prima battuta troviamo il pensiero puramente logico per il quale Edward de Bono, conia il termine di pensiero verticale, proprio ad evidenziare la consequenzialità delle fasi che lo compongono. In secondo luogo troviamo il pensiero laterale che invece, libero da schemi prefissati, spazia ovunque purché vi siano: l’intuizione, il desiderio di ricerca e di sperimentazione a guidarlo nella sua manifestazione.
Il pensiero laterale invece non richiede sempre la consequenzialità: quel che gli interessa e che la conclusione finale sia esatta.
Il pensiero laterale non si propone solo la soluzione dei problemi singoli, ma so preoccupa a che di trovare nuove interpretazioni della realtà e si interessa di idee nuove di ogni genere.
Uno degli aspetti più importanti che de Bono porta alla nostra attenzione, è che mentre i verticalisti negano completamente l’approccio creativo, chi sceglie di allenare il proprio pensiero laterale, è invece aperto a qualsiasi itinerario ideativo, purché si raggiunga una soluzione semplice e valida.
Il metodo verticale non soltanto è, per sua natura, sterile di idee originali, ma ne ostacola concretamente il sorgere.
Quando si sceglie, di ricercare una soluzione alternativa sfruttando le illimitate possibilità che il pensiero laterale ci fornisce, si dimostra fondamentale agire sin da subito in maniera non programmatica: cambiare punto di vista, allontanarsi da ciò che stiamo osservando, girarci intorno, compiere il percorso più lungo, ribaltare mescolare e pescare a caso gli elementi che compongono il problema, sono solo alcuni dei metodi (apparentemente complessi e dispendiosi), che possiamo attuare per raggiungere una soluzione che al dunque si rivelerà profondamente semplice e immediata. Saremo portati a sorprenderci del risultato esclamando, magari proprio ad alta voce: “Ma come ho fatto a non pensarci prima?!”…ebbene significa che abbiamo trovato un’ottima soluzione al nostro problema, che però è certo non essere l’unica.
(…) ognuno al diritto di mettere in dubbio qualsiasi cosa tutte le volte che vuole, e ha il dovere di farlo almeno una volta.
Ma l’aspetto significativo, e sul quale in onestà non avevo mai posto attenzione, è che se da un lato il pensiero verticale una volta raggiunta una soluzione, ne è pienamente soddisfatto e la applica ad oltranza; dall’altro il pensiero laterale cerca costantemente nuove soluzioni, anche per il semplice gusto di farlo…come se fosse un gioco o comunque un esercizio guidato dal caso, e che possa muoversi fuori dagli schemi.
L’imprevedibilità stessa delle idee nuove sta ad indicare che esse non sono necessariamente il risultato di ragionamenti logici.
Il sentirsi pienamente soddisfatti di ciò che si ha, costituisce infatti un limite per quella che è la concezione di nuove idee e soluzioni alternative.
In un’ottica di efficientamento costante, il pensiero laterale (che ha i suoi tempi, e che a volte produci risultati “riflessi” o a distanza di tempo), spesso viene etichettato come antieconomico, soprattutto in ambito scientifico. Ciò nonostante i risultati che si possono e riescono ad ottenere, allenando il nostro cervello in tal senso, ci garantiranno delle soluzioni attuabili in assoluta economia di mezzi e risorse, ripagando appieno l’investimento fatto sia in termini sia economici che di tempo.
È meglio avere tante idee da potersi permettere il lusso che alcune di esse siano sbagliate, piuttosto che saper ragionare sempre in modo impeccabile ma non avere nessuna idea.
Il pensiero verticale, si differenzia empiricamente (è davvero il caso di usare questo termine!) da quello laterale, in quanto il primo si basa su un’alta probabilità di riuscita avendo alle spalle una serie di esperienze pregresse, che ne confermano la validità ed efficacia.
Criterio della probabilità e dell’esperienza.
Ciò nonostante come si è già detto, scegliere deliberatamente di affidarsi a soluzioni “già confermate”, ci impedisce di cercarne e per estensione, di trovarne di nuove o comunque di migliorarne le prestazioni.
È possibile aumentare l’efficienza di un procedimento in due modi. Il primo consiste nel migliorare le prestazioni in modo diretto; il secondo nell’individuare e poi rimuovere gli inconvenienti che ne ostacolano il funzionamento.
Il libro “Il pensiero laterale” di Edward de Bono, è un libro la cui lettura ha le sue tempistiche. Essendo un testo ricco di esempi pratici, che si focalizzano sul processo e non sul risultato, il mio consiglio è quello di prendersi il giusto tempo per comprendere le dinamiche degli esempi proposti, in modo da interiorizzarli visualizzandoli, e chissà che tornino utili in un’occasione completamente diversa rispetto a quella di partenza.
Non è possibile guardare in una direzione nuova appuntando sempre più gli occhi nella vecchia direzione.
Il pensiero laterale non è qualcosa che ci viene comunemente insegnato, dovrà per tanto essere nostra cura, trarre insegnamento da qualsiasi esperienza e associazione di elementi. Come ben ci viene illustrato negli esempi grafici, che l’autore usa come pretesto per insegnarci che la nostra mente ragiona a grappolo, scopriamo che tanti più elementi base conosciamo (che lui ci propone nella figura delle T), tanto più saremo in grado di leggere ed interpretare la realtà che ci si presenta davanti.
L’insegnamento informa, non crea.
[il pensiero laterale] È un’attitudine e un abito mentale.
Nel “corretto” uso del pensiero laterale infatti, la casualità degli eventi e la libera associazione, sono da considerarsi fattori cardini, proprio perché concretizzano il concetto di assenza di percorsi obbligati e prestabiliti, che invece caratterizzano il pensiero verticale. Dunque tanto più noi faremo esperienza varia, tanto più avremo delle chiavi di lettura e di azione, per così dire pronte all’uso, garantendoci una risposta agli eventuali problemi quanto più rapida (e quindi apprezzabile), sia possibile in base al nostro bagaglio esperenziale. Da questo punto di vista Edward de Bono, ci invita a inventare dei giochi creativi, condividendo se possibile, questa esperienza con altri magari durante una cena con degli amici. In fondo sarà divertente!
Se il pensiero laterale sceglie il caos è perché vuole servirsene come metodo.
Il caso non ha limiti, l’immaginazione invece ne ha.
I quattro principi operativi sono:
1. L’identificazione delle idee dominanti, o polarizzanti
2. La ricerca di nuovi metodi di indagine della realtà
3. L’evasione dal rigido controllo esercitato dal pensiero verticale
4. L’utilizzazione dei dati e delle circostanze fortuite
Per omaggiare questo libro che ho riletto una seconda volta a distanza di dodici anni, ho deciso di dare dei titoli alternativi ad ogni capito in modo sia da facilitarmi nella comprensione di questo testo, che in alcuni e sporadici momenti non è particolarmente leggibile (in fondo è stato scritto nel 1967), sia per allenare un po’ il mio cervello, a mo’ di gamification!
Un’altra tecnica utile consiste nell’esporsi di proposito una grande quantità di stimoli aggirandosi luoghi pieni di oggetti a cui non si sarebbe diversamente prestata attenzione
Osservare tutto ciò che attira l’attenzione. Spesso sono le cose più trascurabili a far nascere nella mente idee originali. (…) nei recessi della mente si nasconde sempre un problema in attesa di un’idea.
Il dato di per sé non è significante; significanti sono invece i motivi per cui la mente ne viene interessata, significante è la capacità del dato di suscitare uno schema di pensiero o di adattarvisi.
E se pensi che dare un titolo a ogni capito sia facile, provaci e poi magari mi fai sapere com’è andata per te.
(…) improvvisa illuminazione interiore (…) visione delle cose completamente nuova.
Il pensiero verticale è prevedibile perché preconfezionato e ripetitivo, dunque anche gli effetti esteriori che si manifestano in chi scegli di approcciare alle situazioni servendosi di questo metodo, mostrerà quelle che sono le proprie idee dominanti. Per idee dominanti vanno intese quelle scelte che attuiamo in maniera istintiva, poiché ci sono note, e che dunque percepiamo come una sorta di zona di comfort in cui ci rifugiamo, nel momento in cui ci troviamo di fronte ad un problema.
Per diventare familiare, una figura deve ricorrere di frequente, perché essa acquisti un significato è necessario che ogni volta si ripete un determinato comportamento, associato alla figura.
Un problema può avere soluzioni facili o complicate: tutto dipende dall’angolazione dalla quale lo si affronta.
Un’idea veramente nuova non appare mai bizzarra perché ha una sua interiore indipendenza e compiutezza. Le idee bizzarre non sono idee nuove ma semplici distorsioni delle vecchie.
Scegliere di rifugiarsi in esperienze già vissute, è una scelta comoda che però non ci fa rendere conto che in realtà disponiamo già di tutto quanto ci occorre per evolvere, e raggiungere un risultato migliore o comunque alternativo.
Costa fatica abbandonare una determinata impostazione per mettersi alla ricerca di una diversa. Molto spesso, però, tutti gli elementi base di una soluzione nuova sono già disponibili: si tratta solo di comporli secondo una nuova formula.
La gravità, sta nel fatto che spesso l’essere umano non è neppure interessato a questo processo evolutivo, relegandosi in una situazione stagnante poiché incapace di adoperarsi in una qualche evoluzione. È più che naturale essere titubanti nel momento in cui si percorre una strada non ancora battuta, ciò nonostante l’esplorare è parte integrante del nostro essere umani! Ebbene Edward de Bono, in “Il pensiero laterale” ci ricorda (tra le righe), che la vita è scoprire ed esplorare continuamente, migliorando così sia le nostre personali vite che quelle altrui, come del resto hanno fatto le grandi menti, che appunto vengono citate in questo libro, che è anche un po’ un testo psicologico. Non a caso Edward de Bono era proprio uno psicologo, e nelle sue origini isolane (Malta), è forse possibile rintracciare la curiosità verso l’esplorazione e l’andare oltre i limiti fisici e quindi mentali in cui possiamo ritrovarci.
Ogni iniziativa che non pone problemi non hanno eppure molte possibilità di sviluppo. (…) il compiacimento per i risultati ottenuti e la mancanza di problemi non significano altro che accettazione di soluzioni mediocri e mancanza di immaginazione.
ALTRE CITAZIONI
L’entusiasmo che è un’idea può aver sollevato nel suo stadio concessionario e si attenua molto quando si tratta di attuarla.
Obiettivo del pensiero laterale è la concezione di idee nuove.
Il pensiero laterale non interviene solo nelle fasi di ricerca e di creazione del prodotto ma anche in quella organizzativa e di studio dei metodi.
La divisione migliore è quella più utile.
Un rapporto mostra come due parti erano combinate tra loro prima della divisione.
L’impiego del pensiero laterale è indispensabile in quelle situazioni problematiche che il pensiero verticale non è stato in grado di risolvere.
Ė possibile arrivare a una certa comprensione del meccanismo intellettivo attraverso un esame delle manifestazioni esteriori del pensiero che rechi testimonianza degli schemi mentali di partenza.
E se non ha avuto occasione di conoscere la vecchia impostazione di un problema [ha] migliori possibilità di elaborarne una originale.
Poche cose danno un maggior senso di frustrazione di un impegno che cerca ansiosamente il modo di realizzarsi.uno sforzo deve essere anche ripagato da qualche risultato tangibile, e quanto più tempestivamente il risultato arriva, di altrettanto l’impegno ne risulta stimolato.
L’ideatore di una teoria è continuamente dominato dal desiderio di svilupparla perché la sente propria.
Le idee dominanti possono essere più dannosi che utili.
Titolo originale: The use of lateral thinking
Autore: Edward de Bono
Prima pubblicazione: 1967
Prima pubblicazione in Italia: 1969 (Rizzoli)
La mia edizione: VIII edizione BUR 2008
Editore italiano: BUR (diritti della Rizzoli)
Collana: Psicologia e società
Genere: Auto aiuto, Growth, Mente e corpo, Psicologia
Numero di pagine: 182 (illustrazioni incluse)
Preceduto da: ?
Seguito da: ?
CAPITOLI
Capitolo primo. Le differenze tra il pensiero verticale (alta probabilità, consequenzialità) e il pensiero laterale (bassa probabilità, lateralità).
Capitolo secondo. L’incapacità del metodo logico, rigidamente applicato, di trovare soluzioni originali.
Capitolo terzo. L’effetto polarizzante delle idee dominanti.
Capitolo quarto. L’abitudine di pensare per immagini.
Capitolo quinto. La ricerca sistematica di una pluralità di impostazioni alternative dei problemi.
Capitolo sesto. Il prepotere del pensiero verticale come ostacolo al sorgere di idee nuove.
Capitolo settimo. L’utilizzazione degli eventi fortuiti e il riconoscimento della loro validità.non interferire, ma favorirne l’evolversi per poi raccoglierne i frutti.
Capitolo ottavo. La dimostrazione dell’utilità pratica di un tipo di applicazione del pensiero laterale.
Capitolo nono. Gli svantaggi che derivano dal mancato uso del pensiero laterale.
Capitolo decimo. L’utilizzazione del pensiero laterale e l’impiego di idee nuove.
Capitolo 1 [Novità laterale]
Capitolo 2 [Nuovi dati o nuovo metodo?]
Capitolo 3 [Il dubbio delle idee dominanti: ne vale la pena?]
Capitolo 4 [Le combinazioni standard: notorietà degli elementi e usualità di rapporti!]
Capitolo 5 [Il pensiero laterale alla pari di un’equazione con più uguali!]
Capitolo 6 [Il terzo principio: Le possibilità del caos omnidirezionale come fluidità creativa]
Capitolo 7 [Il quarto principio: L’abilità di trovare profitto dal caso]
Capitolo 8 [Utilità postuma]
Capitolo 9 [La verticalità è prevedibile]
Capitolo 10 [Duttilità mentale]