Le poesie d’amore di Antonia Pozzi per ricordarci l’amore autentico

Le poesie d’amore di Antonia Pozzi per ricordarci l’amore autentico

Libro su Frida Kahlo

POESIA

Le poesie d’amore di Antonia Pozzi per ricordarci l’amore autentico

Antonia pozzi anche in questa raccolta Poesie d’amore, ci fa sentire tutta la brutale assenza dolorosa della persona amata. Percepiamo il vuoto, la distanza, i silenzi e sentiamo il nostro cuore stringersi come un pugno che stringe forte l’aria, privando i polmoni dell’ossigeno che serve per vivere.

Ma forse per noi che leggiamo le sue poesie d’amore c’è il lieto fine.

10 AGOSTO 2023 – PALLANZA (VERBANIA – LAGO MAGGIORE)

POESIA

Poesie d’amore di Antonia Pozzi. Ecco la mia recensione

 

Ho legato Poesie d’amore di Antonia Pozzi (insieme a I fiori del male di Charles Baudelaire) ad un anniversario per me molto importante. Acquistato nella libreria Grossi di Domodossola, che trovi proprio di fronte alla suggestiva Piazza del Mercato, l’ho letto tutto d’un fiato mentre bevevo uno dei caffè più buoni di sempre. Ammetto che quello è “un caffè a cui mi sarei abituata molto volentieri” e per certi versi è andata proprio così.

É sempre un piacere tornare qui, perché è un luogo dove ho lasciato un pezzo di cuore!
Non bevo spesso caffè, ma quando lo faccio torno con la mente e il cuore qui, dove l’ho ribevuto per la prima volta perché una persona cara al mio cuore, mi ha fatto innamorare anche di questo. Stavolta per celebrare l’occasione: caffè “Kenya” estratto con il V60.

E poi è sempre bello, per me che cambio sempre, tornare in un luogo come è Domodossola, come è il Lago Maggiore, come lo sono queste montagne in cui il tempo sembra fermarsi e a volte persino tornare indietro. 

Nella mia mente la musica, sopra le altre: Little Wing di Jimi Hendrix.

A te,

ala bianca

della mia esistenza.

Benedizione, p.24

Poesie per un amore profondo come il Lago (Maggiore)

Che la poetessa milanese sapesse raccontare lo strazio dell’amore, lo abbiamo appurato già in Mia vita cara e Guardami sono nuda (affezionatissima ad entrambi per motivi diversi). Eppure ogni volta, anche rileggendo le stesse poesie, sembra quasi che le sue parole abbiano la capacità di arrivare sempre più in profondità e di farci sentire davvero la sensazione di amare qualcuno, che in quel momento non è con noi.

Questo è il libro che ho avuto con me, la prima volta che ho attraversato il Lago Maggiore da sola per raggiungere la sponda di Pallanza partendo da Stresa, facendo così il giro completo delle isole borromee; l’emozione mi ha vinta e io l’ho lasciata vincere. Con i suoi 372 metri di profondità, il Lago Maggiore ti fa sentire come se fosse in grado di contenere tutto quello che provi. Qui mi sento e sono sempre libera di affidare tutto il mio amore a queste acque, che con il loro sciabordio costante e delicato cullano le mie emozioni. Il loro movimento non è mai impetuoso, ma accoglie nel suo ventre blu i tormenti di chi lo guarda e attraversa, regalando al cuore e all’anima un po’ di pace.

Restiamo presso questo lago, anima cara; 

restiamo in questa pace.

Lago in calma, p.25

Le montagne testimoni d’amore

Nell’alto Piemonte, dove mi trovo ora, ogni luogo è circondato da montagne. Ho imparato a riconoscerne le vette, le forme, le rocce e vederle in ogni stagione è per me un balsamo per l’anima, perché questo luogo è diventato la mia casa. Non l’avrei mai nemmeno potuto immaginare.

I loro occhi sempre discreti hanno osservato ciò che ho vissuto, avendole come testimoni della bellezza e felicità a tratti struggente ma sempre profonda, che mi hanno donato. Così in cambio di pieni sorsi di cielo, stelle, vino e amore dei quali non sarò mai capace di saziarmi, io ho donato “loro”: me stessa, le mie notti insonni e le mie poesie d’amore, come anche le mie parole carnali più belle e tutto ciò che scrivo, ‘che emana il profumo di questi luoghi. Tutto è successo qui, tra queste montagne perché ogni storia d’amore ha le sue montagne che lo suggellano e rendono eterno. Le mie ora sono qui, come lo è mio cuore.

Ti do me stessa,

le mie notti insonni,

i lunghi sorsi di cielo e stelle -bevuti

sulle montagne […]

Bellezza, p.55 

Poesie d’amore perché eternamente ti amo

Ma cosa serve allora leggere poesie d’amore, che è il titolo stesso di questa raccolta di Antonia Pozzi, se la sensazione che si prova mentre si legge, e che perdura anche dopo aver finito la lettura, è un senso di profonda nostalgia e malinconia?

Probabilmente serve, così come scrive la stessa poetessa milanese, a ricordarci che la sofferenza che proviamo è l’unità di misura che abbiamo per ricordare a noi stessi, che ciò che abbiamo vissuto è stato profondamente vero e autentico, anche se ciò lasciato un senso di incompiuto e insoddisfatto.

L’amore, anche nel dolore, è ciò che dà un senso ad ogni cosa. Così per celebrarlo e renderlo ancora più reale, colei sa scrivere poesie, lo fa dichiarando di essere diventata la moglie di colui che si ama.

La fede ossolana mi rende tua moglie

Accogliere l’amore come musa, è come accettare una proposta di matrimonio. Scrivere poesie d’amore è come indossare la fede sul proprio anulare sinistro, affinché la nostra appartenenza venga gridata e le montagne con il loro eco ne possano diffondere il messaggio.

Era la seconda volta che andavo a Domodossola quand’ecco che scopro un orefice che tutt’oggi produce la fede ossolana. Riproduzione di un gioiello del XVIII secolo, penso che sia la più bella in assoluto perché il suo significato simbolico celebra non solo l’amore (cerchio), ma anche l’appartenenza e il legame (stella alpina), l’abbondanza e la prosperità (grano saraceno), la perpetuità del legame (nastri intrecciati) arrivando all’abbondanza e alla fecondità (mezze sfere).

Anche oggi, indosso due degli anelli che ho comprato proprio qui. Era un sabato ed ero venuto apposta per vedere come Domodossola si trasformava durante il tradizionale mercato, ed il banco era proprio di fronte alla libreria dove oggi ho comprato questo libro. Più che ironia, legame.

E da quando li ho indossati la prima volta, mi sono sentita sposata a questo luogo e a chi vi appartiene da sempre. Possiedo molti anelli, li indosso tutti, ma quelli che ho comprato qui, li indosso sempre e li ho indossati anche quando tra le montagne, ho partecipato ad un battesimo che anelavo da tempo.

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

L’amore vive tra carnalità e romanticismo, sempre!

Mi è impossibile non pensare a Erotica di Ghiannis Ritsos, in particolar modo alla sua terza sezione: parole carnali, perché anche tra quelle pagine ho colto quella stessa sensazione di distanza. Ancora di più il desiderio profondo di ricongiungersi alla persona amata, poiché aneliamo al suo ritorno e al momento cui le nostre mani, potranno ancora toccare la sua pelle e guardare davvero il suo viso e i suoi occhi, fino ad arrivare alla sua anima.

Carnalità e romanticismo seppur in maniera diversa, sono presenti tanto in Antonia Pozzi che in Ritsos, perché sono due lati della stessa medaglia. Vero è, che quando leggiamo Antonia Pozzi il senso di vuoto prevale rispetto alla presenza, che invece predomina in Ritsos che ci rende testimoni di un amore che è stato davvero vissuto arrivando a penetrare le più piccole cose della quotidianità.

Allora perché leggere poesie che raccontano l’assenza rispetto alla presenza? Semplicemente perché sono intense e fungono sia da faro che da ispirazione a trovare nel presente quell’intensità romantica e carnale. Ma soprattutto, a viverla in maniera così profonda da riuscire a farla vivere negli anni come se fosse il primo giorno, come se si fosse davvero in grado di dare concretezza al significato che è racchiuso nella fede ossolana di cui ti ho raccontato nel paragrafo precedente.

Le montagne sono braccia in cui rifugiarsi

E nella sacra unione del matrimonio, che spiritualmente avviene al di là di fastose cerimonie; l’altro diventa il luogo in cui troviamo conforto e rifugio. E su questo sia la Pozzi che Ritsos sono d’accordo e io con loro.

Come sei bella. La tua bellezza mi spaventa. Ho fame di te. Ho sete di te. /

Ti supplico: nasconditi, diventa invisibile a tutti; visibile solo a me

[…]

E sotto l’orsa rossa ci amiamo infinitamente, oltre il tempo e oltre la morte, in un’unica unione universale. Come sei bella. La tua bellezza mi spaventa. Ho fame di te. Ho sete di te. Ti supplico nasconditi

 

Erotica – Ghiannis Ritsos, Pagina 119

(Leggi qui la poesia completa)

Tu stendi una coperta per me

sul pagliericcio:

con le tue mani dure

me l’avvolgi alle spalle, lievemente,

che non mi prenda

il freddo.

 

Io penso al grande mistero che vive,

in te, oltre il tuo piano

gesto; al senso

di questa nostra fratellanza umana

senza parole, tra le immense rocce

dei monti.

E forse ci sono più stelle

e segreti e insondabili vie

tra noi, nel silenzio,

che in tutto il cielo disteso

al di là della nebbia.

Rifugio, p.53

 

 

Come per amore si diventa migliori

Leggendo Poesie d’amore di Antonia Pozzi, mi torna alla mente anche il testo della canzone The man in me di Dylan proprio nel momento in cui leggo le parole “il cielo in me“.

Ci vuole una donna come teIt take a woman like youPer raggiungere l’uomo in meTo get through to the man in me

Il ritmo di questa canzone, così leggero

Ma, oh, che sensazione meravigliosaBut, oh, what a wonderful feelingSolo per sapere che sei vicinoJust to know that you are near

e spensierato, come l’amore autentico, ci rende capaci (e disposti) a fare qualsiasi cosa

L’uomo in me farà quasi qualsiasi compitoThe man in me will do nearly any task

perché il semplice avere vicino la persona con la quale siamo uniti da amore reciproco ci mostrerà il meglio di noi, perché lui/lei lo vede in noi, e noi saremo disposti a diventare la versione migliore di noi stessi. Non perché l’altro non ci accoglie per come siamo in quel momento, perché ci accoglie completamente, ma perché il nostro amato vede non solo il seme, ma la pianta che possiamo essere.

Allora per amore, suo e nostro,

noi

diventiamo quella pianta forte e meravigliosa.

 Tu

eri il cielo in me,

che non mi amavi per la mia persona

ma per quel seme

di bene

che dormiva in me. 
Il cielo in me, p.49 

 

E poi lo ha scritto (inaspettatamente) anche Oscar Wilde ne Il ritratto di Dorian Gray che:

Quando si è innamorati si supera se stessi.
Il ritratto di Dorian Gray – Oscar Wilde

Il cielo fu in me

Ogni pianta per crescere forte ha bisogno di sole e del suo cielo da guardare ogni volta che ne sente il bisogno; così ecco che anche guardare il cielo, del bellissimo blu degli occhi che ci hanno fatto innamorare, diventa vitale.

Amiamo il blu di quegli occhi profondamente, ma non per il loro colore come si potrebbe pensare, ma perché in quello sguardo, nello sguardo della persona che amiamo, abbiamo visto una dolcezza che ci ha penetrati facendoci sentire completamente accolti. Lo sguardo dell’amore ha il grandissimo potere di farci da bussola e di darci stabilità, ecco perché ne abbiamo quotidiano bisogno.

E che grandissimo privilegio è amare colui che ha gli occhi azzurri, perché ogni volta che guardiamo il cielo abbiamo la possibilità di guardare la persona che amiamo, di guardare cosa c’è davvero dietro/dentro quegli occhi blu (come cantavano in Behind blue eyes i Limp Bizkit anche se dovendo fare bella figura dovrei pensare alla versione originale dei The Who).

Penso che il blu sia uno dei colori più insondabili che esistano al pari del bianco (che ultimamente indosso davvero spesso), ed è questo il motivo per cui amiamo perderci nella loro contemplazione, nella contemplazione di quegli occhi dove troviamo sempre tutto ciò di cui abbiamo bisogno. E la parte più irrazionale quanto meravigliosa, è che nonostante la vastità di questo colore, la vastità del cielo, del Lago Maggiore (nel mio caso) e di quegli occhi blu non ci si sente mai persi, ma sempre ritrovati.

 Io non devo scordare

che il cielo

fu in me.

Tu

eri il cielo per me. 

Info bibliografiche

Titolo originale: Poesie d’amore (italiano) 

Titolo: Poesie d’amore

Autore: Antonia Pozzi

Prima edizione: –

Prima edizione italiana:

La mia edizione: 2019

Editore italiano: Pungitopo

Collana: –

Genere: Poesia

Numero di pagine: 80

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Viaggio “nobile” nell’inferno della vita con I Fiori del male di Charles Baudelaire

Viaggio “nobile” nell’inferno della vita con I Fiori del male di Charles Baudelaire

Libro su Frida Kahlo

POESIA

Viaggio “nobile” nell’inferno della vita con I Fiori del male di Charles Baudelaire

Testo manifesto del maledettismo ne I fiori del male Charles Baudelaire esprime tutta l’angoscia e il tormento verso la sua vita di poeta. Come l’Albatros infatti egli visse al di sopra degli altri uomini sperimentando angoscia e struggimento. E fu proprio questo malessere che lo rese disposto a sperimentare tutte le bassezze dell’essere umano nobilitandole, poiché a tratti riuscirono ad alleviare la sua sofferenza, per poi sprofondare in un grado di struggimento ancora più profondo. Eppure tutto questo è un inno alla vita, nella maniera più pura che esista.

11 AGOSTO 2023 – PALLANZA (VERBANIA – LAGO MAGGIORE)

POESIA

I fiori del male di Charles Baudelaire. Ecco la mia recensione

 

Ho legato I fiori del male di Charles Baudelaire (insieme a Poesie d’amore di Antonia Pozzi) ad un anniversario per me molto importante. Acquistato nella meravigliosa Libreria Spalavera a Pallanza in Verbania, mi è saltato subito all’occhio mentre il mio sguardo scorreva minuziosamente tra gli scaffali. Erano almeno un paio d’anni che cercavo un’edizione che mi piacesse, ora ce l’ho! E penso sia una delle cose più belle trovare un libro che si vuole leggere da tanto tempo e avere la possibilità di iniziare a leggerlo in riva al Lago Maggiore in un caldo – ma non troppo – venerdì d’Agosto (venerdì, 11 Agosto 2023). Questo è quello che mi è successo con I fiori del male di Charles Baudelaire.

È lecito inventare verbi?

Voglio dirtene uno: io ti cielo.

Così che le mie ali si dispieghino enormi per amarti senza misura.

Significato del titolo I fiori del male

Il titolo è stato suggerito a Charles Baudelaire dall’amico Hippolyte Babou nel 1854, ossia tre anni prima della prima pubblicazione avvenuta il 25 Giugno 1857.

Il titolo venne accolto come esemplificativo dalla critica poiché esprime sia la personalità del poeta, che ovviamente la natura dell’opera stessa.

Ma perché proprio “i fiori”? Che significato ha il titolo I fiori del male?

In natura i fiori svolgono un’importante ruolo nel ciclo riproduttivo perché contengono gli organi riproduttivi.

La scelta di questo titolo ci fornisce scelta nella maniera più poetica possibile quella che è una chiara definizione sia dell’origine del male, ma anche di che cosa si intende per male stesso.

Di cosa parla “I fiori del male”?

I fiori del male di Charles Baudelaire parla dell’angoscia di vivere, insita nel poeta che appunto diventa maledetto.

I temi trattati “cupi, scabrosi e tal volta immorali” sono l’occasione perfetta per esprimere il totale disagio che Baudelaire nutre nei confronti della vita.

Eppure la vita che ha dovuto vivere non è stata rifiutata dal poeta, nonostante l’abbia maledetta con tutte le parole di cui era capace.

Quante poesie ci sono ne I fiori del male di Charles Baudelaire

Nella mia edizione Ceschina del 1958 ce ne sono 157, suddivise in sette sezioni. Nella prima edizione del 1857 invece erano 100 liriche suddivise in 6 sezioni:

  • Spleen et ideal (88 poesie)
  • Tableaux parisiens (18 poesie)
  • Le vin (5 poesie)
  • Les fleurs du mal (12 poesie)
  • Révolte (3 poesie)
  • La Mort (6 poesie)
  • (Poemi aggiunti invece è la settima sezione inserita con la seconda edizione. 25 poesie).

Leggere i titoli di queste sette sezioni sotto forma di elenco, esplica perfettamente come l’autore:

  • dapprima vive in bilico tra sofferenza biliare e vita ideale che potrebbe essere,
  • per poi iniziare a celebrare la sua Parigi,
  • arrivando chiaramente al primo veleno a cui tutti noi accediamo: il vino.
  • Ecco allora che arriva al cuore malato definendo effettivamente i fiori del male,
  • qualcosa che porta ad una rivoluzione interna inarrestabile.
  • che porta al desiderio di morte come ultima possibilità di cambiamento.
  • Davvero un viaggio attraverso i bassifondi dell’esistenza, nel tentativo inappagato di viverla appieno; come quando ci si affeziona più alla donna che vende il suo corpo che non a quello stesso corpo.

Charles Baudelaire è il “Poeta maledetto” per antonomasia

L’espressione poeta maledetto (in francese poète maudit) indica un poeta (e per estensione un artista), il cui talento e sensibilità fuori dall’ordinario gli rendono difficile, se non impossibile, l’integrazione con il resto della società.

In quest’ultima l’artista maledetto non si identifica poiché la sua vita e quella del contesto in cui vive, tipicamente borghese, avanzano su scale valoriali di diversa natura. Questo, ed il caso di Charles Baudelaire ne è “manifesto”, porta l’artista a palesare il suo rifiuto per la società conducendo uno stile di vita intenzionalmente “provocatorio, pericoloso, asociale e autodistruttivo”.

Il consumo di alcol e droghe diventano parte della quotidianità del poeta maledetto, che sceglie di mescolarsi con classi sociali che “la società” prescrive rimangano distanti. Invece egli vi si mescola approfonditamente e sfida la società borghese, facendo leggere loro testi che celebrano proprio i bassifondi a loro così distanti (?).

Ma non si limita a questo! La scrittura non viene indorata in alcun modo, viene anzi resa difficile. Seppur con uno stile freddo, asciutto e privo di artifici letterari che servirebbero più a facilitare la lettura al pubblico borghese che non ad esprimere il malessere profondo, egli racconta in maniera viscerale la sua scelta di vivere drasticamente e quotidianamente al limite.

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

I fiori del male di Charles Baudelaire è difficile! Ecco perché

Il poeta maledetto scrive perché soffre e soffre mentre scrive.

É lecito che questo aspetto patetico trovi sfogo completo almeno in ciò che al poeta appartiene completamente e che vive dei suoi valori: la sua poesia e l’atto della scrittura di per sé.

Scegliendo di leggere I fiori del male di Charles Baudelaire devi accettare di immergerti in acque scure e melmose, che ti lasciano addosso qualcosa di intenso che ha il ruolo – sociale?  di scuotere la tua anima e di farti desiderare di vivere a tua volta oltre i limiti che hai finora conosciuto.

Te l’ho già detto nel paragrafo precedente:  I fiori del male di Charles Baudelaire ha uno stile linguistico di difficile lettura.

Non è scorrevole. Non è immediato. Le parole non sempre evocano immagini nitide, ma anzi sono spesso offuscate come se anche noi come lettori, fossimo sotto l’effetto di qualche sostanza e avessimo fatto la scelta di annebbiarci i sensi.

Ma è voluto, è intenzionale e soprattutto è efficace perché inequivocabile.

A chi piace I fiori del male di Charles Baudelaire

Nella prefazione di Fernando Palazzi presente nella mia edizione si legge:

Perché ogni avvertito lettore (i lettori di Baudelaire sono per definizione tutti intelligenti, scaltri e di ottimo gusto).

Io credo che Baudelaire piaccia a coloro che si sentono in qualche modo imbrigliati. A colore che non cercano risposte nel mondo esterno, ma che invece cercano suggestioni così estreme, da far scattare nella mente quel trigger che nella placida quiete borghese e abitudinaria non si riesce (ed empiricamente) non si può trovare.

Charles Baudelaire piace a chi sente di doversi muovere all’estremo della vita, perché solo stando sul bordo puoi scegliere in maniera consapevole. É quell’istante di equilibrio precario, che ti saprà dare paradossalmente la lucidità di scegliere scientemente (e definitivamente) da che lato vivere la tua vita.

Ed è un concetto che va molto oltre rispetto alla semplicistica dualità di bene e male.

Viaggio “nobile” nell’inferno della vita

Quando leggi per la prima volta I fiori del male di Charles Baudelaire onestamente non sai bene cosa aspettarti, almeno io non sapevo cosa aspettarmi. Eppure alla fine avrai le risposte che stavi cercando, come le ho avute io.

Mi viene in mente il proverbio “A mali estremi, estremi rimedi” perché il maledettismo esprime proprio questo: il provare dolore estremo e cercare ossessivamente nei luoghi e nelle realtà più estreme, un tonico (o veleno che sia!) per alleviare la nostra pena radicata nelle viscere.

Spleen

Il male di vivere aggroviglia le viscere.

L’alcool e uno stile di vita sregolato le distrugge.

Spleen in inglese significa milza e con tale significato letterario devi leggere questo termine, che dà il nome alla seconda sezione della raccolta I fiori del male. 

Qui Charles Baudelaire ci spinge all’estremo obbligandoci a “guardare” delle viscere in putrefazione arrivando perfino a farci “sentire” l’odore della cancrena che ci disgusta.

Una carogna immonda sopra un letto di ciottoli, qual femmina lasciva, le gambe all’aria, i velenosi umori si disfaceva ed ammorbanti odori il ventre gonfio non curante apriva.

Una carogna XXX

Sì, ci disgusta. Come disgustato è il poeta che si sente maledettamente consapevole di essere più di quello che lo circonda. Di essere in qualche modo nel contesto sbagliato e con la compagnia peggiore possibile, indipendentemente dalla classe sociale.

Albatro

Ecco che allora il poeta maledetto diventa un albatro dalle enormi ali bianche, che gli permettono di volare alto così alto da dimenticarsi quasi che esiste una terra, un luogo, a cui fare ritorno.

Mi vengono in mente le immagini dei voli – pindarici – de Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach. Anche lui soffriva nel non essere accettato, semplicemente perché volava più in alto…così come soffre il poeta che in quanto uomo non è fatto per volare e quindi vivere da solo.

Siamo animali? Si

Sappiamo essere brutali, disgustosi e provare piacere nell’insozzarci? Assolutamente si.

Ma siamo uomini e non siamo fatti per volare costantemente da soli.

Già il volare in alto è meraviglioso, quando voli alto non esiste più nemmeno il problema di scegliere, perché semplicemente sei e divieni al contempo. Ma poi tocchi terra, sei costretto fisiologicamente a farlo, e le ali ti si appiccicano perché è come se l’aria “terreste” non fosse fatta per te. Ecco allora che senti dolore e vuoi solo anestetizzarti.

Al signore delle nubi, della procella amante, e che all’arciere irride, è simile il poeta; deriso sulla terra, di camminar gli vieta il peso delle immense sue ali di gigante.

L’albatro II

Perché i fiori sono importanti

La genialità rivoluzionaria de I fiori del male di Charles Baudelaire vive nell’aver scelto qualcosa di effimero ed esteticamente bello nell’accezione più borghese del termine, come appunto è il fiore e l’averlo palesato al mondo nella sua reale natura malevola.

Il fiore, allora diviene simbolo della borghesia che come detto all’inizio, in quanto espressione della realtà sociale contemporanea (parliamo di metà ‘800, ma il concetto ci è affine anche ai giorni nostri), è l’origine del male che si vive.

Morale de I fiori del male

La morale, anche se probabilmente è un termine inadatto per questa raccolta, sta nella volontà incrollabile di trovare luoghi, esperienze, sostanze che ci facciano stare autenticamente bene.

Possiamo non avere fiducia nel fatto che la realtà in cui siamo immersi sia per noi benefica, eppure sempre cerchiamo e percorriamo strade che possano alleviare la nostra pena. Qualunque strada, qualunque cosa, purché funzioni.

Certo nell’ultima sezione (ultima della stesura originaria) troviamo poesie dedicate alla morte come liberazione ultima delle nostre pene; eppure viene messa per ultima. 

Persino la carnalità immorale e mercenaria che sin dalla prima sezione ci viene proposta, seppur con il freddo distacco di chi non crede nell’amore romantico (per dirla alla Ritsos), ha un suo rilievo. Unisce due corpi maltrattati dalla società che insieme, seppur nel breve spazio di un amplesso retribuito, non solo trovano sollievo ma guadagnano una scia di vita alla quale uno dei due si attacca avidamente.

Il mio pensiero è che quando si spende così tanta cura nel parlare di quanto di peggiore si è vissuto o si è disposti a vivere, è perché in realtà dentro si ha una spinta vitale così grande da voler avere la libertà di viverla appagandosi pienamente di essa.

Un inno alla voglia di vivere e di scegliere secondo il proprio sentire la vita che ogni giorno si vive. Ecco cos’è per me I fiori del male di Charles Baudelaire.

Info bibliografiche

Titolo originale: Les fleurs du mal (francese) 

Titolo: I fiori del male

Autore: Charles Baudelaire

Prima edizione: 25 giugno 1857 (1300 copie)

Prima edizione italiana: 1893

La mia edizione: 2 Gennaio 1958

Editore italiano: Ceschina

Collana: –

Genere: Poesia

Numero di pagine: 311

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Il romanticismo “cantato e divertito” del poeta inglese Auden in bilico tra rettitudine e disonestà

Il romanticismo “cantato e divertito” del poeta inglese Auden in bilico tra rettitudine e disonestà

Poesie d'amore in inglese: La verità, vi prego, sull'amore di Wystan Hugh Auden

POESIA

Il romanticismo “cantato e divertito” del poeta inglese Auden in bilico tra rettitudine e disonestà

La verità vi prego sull’amore di Wystan Hugh Auden è una raccolta di poesie il cui titolo (forse) ci trae in inganno. Non è il romanticismo che ci aspettiamo, anzi forse abituati a leggere altro (penso a Ritsos e Neruda) ci troviamo davanti ad una forma decisamente diversa di romanticismo. In questa raccolta infatti qualche punto interrogativo sull’amore Auden se/ce lo pone e rimane tale! L’insegnamento?è che alla fine la verità (su qualsiasi cosa?!) è quella che ciascuno di noi assume come tale. La verità sull’amore è dunque soggettiva. L’unica parte oggettivata è che servono due persone che condividono connessione, prospettive e intimità nelle loro innumerevoli forme.

19 MAGGIO 2023 – TORINO

POESIA

La verità vi prego sull’amore di Wystan Hugh Auden. Ecco la mia recensione.

La verità vi prego sull’amore di Wystan Hugh Auden è una raccolta di poesie il cui titolo ci trae (forse) in inganno.

Ho comprato questo libro a Como, la prima volta che ci sono stata (data di acquisto 8 Maggio 2023). Ero davvero di fretta e come sempre quando entro (capiterà anche a te) in una libreria nuova, ci metto un po’ ad orientarmi. Volevo leggere poesie, ‘che avevo il cuore e la mente leggeri, perché alleggeriti da quei giorni di off. Inizio a cercare.

Il titolo mi cattura ed ha il testo a fronte in inglese, decisamente un plus! Penso che non ricordo l’ultima volta che ho letto qualcosa in inglese, salvo Alice nel paese delle meraviglie molti anni fa e gli ultimi Haiku che mi sono fatta arrivare da Londra.

Il tempo stringe, devo andare in stazione per fare tappa a Milano e poi di nuovo Torino.

Sfoglio, sorrido, scambio qualche parola con la signora che è lì vicino a me, lo compro.

La lettura inizia in treno.

Dicono alcuni che amore è un bambino,
e alcuni che è un uccello,
alcuni che manda avanti il mondo,
e alcuni che è un’assurdità,
e quando ho domandato al mio vicino,
che aveva tutta l’aria di sapere,
sua moglie si è seccata e ha detto che
non era il caso, no.

Assomiglia a una coppia di pigiami,
o al salame dove non c’è da bere?
Per l’odore può ricordare i lama,
o avrà un profumo consolante?
È pungente a toccarlo, come un pruno,
o lieve come morbido piumino?
È tagliente o ben liscio lungo gli orli?
La verità, vi prego, sull’amore.

I manuali di storia ce ne parlano
in qualche noticina misteriosa,
ma è un argomento assai comune
a bordo delle navi da crociera;
ho trovato che vi si accenna nelle
cronache dei suicidi,
e l’ho visto persino scribacchiato
sul retro degli orari ferroviari.

Ha il latrato di un alsaziano a dieta
o il bum-bum di una banda militare?
Si può farne una buona imitazione
su una sega o uno Steinway da concerto?
Quando canta alle feste, è un finimondo?
Apprezzerà soltanto roba classica?
Smetterà se si vuole un po’ di pace?
La verità, vi prego, sull’amore.

Sono andato a guardare nel bersò;
lì non c’era mai stato;
ho esplorato il Tamigi a Maidenhead,
e poi l’aria balsamica di Brighton.
Non so che cosa mi cantasse il merlo,
o che cosa dicesse il tulipano,
ma non era nascosto nel pollaio,
e non era nemmeno sotto il letto.

Sa fare delle smorfie straordinarie?
Sull’altalena soffre di vertigini?
Passerà tutto il suo tempo alle corse,
o strimpellando corde sbrindellate?
Avrà idee personali sul denaro?
È un buon patriota o mica tanto?
Ne racconta di allegre, anche se spinte?
La verità, vi prego, sull’amore.

Mi hanno detto che non puoi dimenticare
quello che provi quando lo incontri,
l’ho cercato da quando ero un bambino
ma non l’ho ancora trovato:
sto per avere trentacinque anni
e ancora non so
che tipo di creatura può essere
che riesce a turbare così.

Quando viene, verrà senza avvisare,
proprio mentre mi sto frugando il naso?
Busserà la mattina alla mia porta,
o là sul bus mi pesterà un piede?
Accadrà come quando cambia il tempo?
Sarà cortese o spiccio il suo saluto?
Darà una svolta a tutta la mia vita?
La verità, vi prego, sull’amore.

La verità vi prego sull’amore

L’amore è come un un album di fotografie 

Uno degli aspetti che più mi ha colpita di La verità, vi prego, sull’amore è il suo essere assolutamente pittorico. Per meglio dire: immediato, come una fotografia in bianco e nero che osservi con attenzione nei dettagli. Un’immagine, un ricordo nel quale ci si immerge volentieri. Sembra quasi un diario in cui Auden raccoglie i suoi ricordi mentre egli stesso viaggia (con il corpo e/o con la mente?). Ci sono immagini di amori vissuti (Ninnananna), di amori sfuggenti (Johnny), ma anche della sensazione di paura e perdita che la guerra porta nelle nostre vite (Oh, cos’è quel rumore), e di consapevolezza verso la vita stessa che sempre va avanti nonostante l’amore perduto.

Ci insegna Auden:  pensare serve, trovare ricovero e ristoro in un abbraccio o accasciati sotto un albero quasi a volerci nutrire della sua linfa, anche! Ma ad un certo momento agire e risollevarsi (Sotto un salice prostrato), avendo fiducia che la strada che si sta per imboccare è quella giusta. Insomma guardiamo tutte le fotografie che sono la nostra vita, sfogliamo questo bellissimo album, ci emozioniamo e poi ci rimettiamo in marcia.

Segua al pensiero rapida l’azione.

A che serve pensare?

Sotto un salice prostrato

Penso sia quest’ultima parola: marcia il senso di unire in una stessa raccolta storie/fotografie/poesie di guerra e di amore.

Forse perché ho finito da poco di leggere Se accendono le stelle di Vladimir Majakovkij, eppure trovo in questi due libri dei parallelismi prima di tutto fonetici e poi di ritmo, che ciascuno dei due autori ha conferito ai proprio versi. A pensarci entrambi hanno vissuto a cavallo tra il 1800 e il 1900, seppur Auden negli inglesismi “bene” e Majakovskij nel pieno della rivoluzione russa!

Recensirli “vicini” in termini temporali, è stato un caso interessante!

Per quanto il libro sia smilzo, nel chiuderlo sentirete e vi direte non quanto è grande questo poeta, ma quanto umani siete voi.

Intro: qualche parola per dieci poesie

Che suono ha? L’amore…

…o strimpellando corde sbrindellate?

 

La verità, vi prego, sull’amore

Oggi, rispondo che l’amore ha il suono di un chitarrista blues che suona solo per te nella sua casa tra le montagne mentre ti guarda dritto in faccia, con i suoi occhi color del cielo ma infiammati come la lava. L’amore ha il suono delle lacrime che cadono di gioia. L’amore ha il suono della natura, dell’acqua, delle foglie e del silenzio rotto solo dal respiro quieto, dai battiti del cuore, dal suono della pelle quando la accarezzi, dalle risate e sorrisi condivisi. E ancora, dal vino che viene versato e goduto come da tutti i suoni che il piacere del corpo e della mente origina.

Questi per me sono i suoni dell’amore, certa che nel tempo saranno la base per altre definizioni.

Wystan Hugh Austen invece, è come se brancolasse nel buio. Ecco allora che cerca un confronto con il lettore, non a caso il titolo originale è Tell me the truth about love, configurandolo alla stregua di una supplica; facendoci naturalmente immaginare un “Oh” all’inizio così da diventare “Oh, ditemi la verità vi prego! sull’amore.”

E nel mentre che la risposta gli arriva (?) vi abbina qualsiasi suono (La verità, vi prego, sull’amore). Come detto, passa da quello rumoroso della guerra, a quello concitato delle corse dei cavalli (La verità, vi prego sull’amore), a quello di un bisbiglio (Ninnananna), di un uomo innamorato che canta per la strada (Una sera che ero uscito a spasso) o gioioso di una festa dove le vesti brillano e tintinnano come anche i gioielli (Johnny).

Udii un innamorato che cantava

Una sera che ero uscito a spasso

E se di suono vogliamo parlare, non ci si può che soffermare sulla musicalità intrinseca dei versi di W.H.Austen! Anche in questo caso il consiglio è leggere le dieci poesie raccolte in La verità, vi prego, sull’amore in lingua inglese originale. Te le farà percepire (o meglio udire) in tutt’altra maniera, specie se scegli di leggerle ad alta voce come ho fatto io. La bellezza di leggere ad alta voce l’ho sperimentata leggendo Le mille e una notte, ma anche le Poesie di amore e libertà di Jacques Prévert, o anche le prime pagine dell’Isolario italiano di Fabio Fiori quando mi sono ritrovata… (ne parlo nell’articolo).

Sarà che Wystan Hugh Auden nasce come drammaturgo (si lo so che con questa parola viene subito in mente Shakespeare), ma in questi versi, soprattutto ascoltando anche la nostra stessa voce mentre li leggiamo, non possiamo fare altro che sorridere per il suono che producono e per l’ironia di cui sono intrisi. Un invito a prendere con ironia la vita stessa? Certamente è questa una buona chiave di lettura.

C’è sempre un’altra storia,

c’è più di quello che si mostra all’occhio.

 

Alla fine il segreto viene fuori

 

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

In amore e in guerra

Si dice che in amore e in guerra tutto è lecito, e lo si dice come se queste due realtà fossero distanti tra di loro. Eppure qui, tra queste pagine, sembra come se questi due grandi temi facciano da pilastri in questa breve raccolta di poesie inglesi. Certamente enfatizzano il concetto chiave che è quello della dualità: parola d’ordine per leggere questo piccola quanto potente raccolta. Tutto in questi versi si muove costantemente fra due metà: tra il tangibile e il perduto, tra ciò che abbiamo e ciò che vorremmo, tra la gioia e la paura, tra la pace e il frastuono.

Ritengo assolutamente ben riuscito il “promemoria” che sempre dobbiamo confrontarci tanto con il dritto che con il rovescio della medaglia, e che tal volta dobbiamo astenerci dal dare per certa una determinata realtà, perché è mutevole per cagione nostra o altrui.

Ciò che conta e che quindi Auden ci insegna, è la caducità della vita (ecco che la guerra diventa simbolo), invitandoci quindi a viverla appieno nel presente senza sprecarne nemmeno un semplice bisbiglio.

[…] ma da questa notte

non un solo bisbiglio, né un pensiero,

non un bacio o uno sguardo sia perduto.

/

[…] but from this night

not a whisper, not a thought,

not a kiss nor look be lost.

Ninnananna

 

 

 

Sinossi

“I temi di queste poesie sono l’amore e la disonestà-i due poli tra i quali ci siamo trovati a soggiornare nel nostro secolo, pronti a gloria Arci della loro occasionale divergenza ma bravissimi, anche quando siamo sfortunati a conciliarli tra loro a fonderli insieme. Ci sono buone ragioni se versi del poeta oscillano tra la più intensa tenerezza e parossismi di indifferenza, e se da questo oscillazioni nasce uno stridente li lirismo che non ha precedenti”. Così scrive Brodskij presentando queste 10 poesie di Wystan Hugh Auden. Composte negli anni 30 e impregnate di un angoscioso “odore del futuro” esse parlano all’amore nella varietà dei suoi stati, dall’esaltazione alla desolazione. Con un vago tono di ballata sul fondo, e quasi sfidando una musica seguirli, questi versi hanno un “timbro tagliente” che incide le parole nella mente annientando ogni ostacolo. Li abbiamo appena letti che già navigano nella nostra circolazione, come qualcosa di intimo e insieme remoto. Accade di rado con la poesia di questo secolo e non meraviglia che numerosissimi lettori li abbiano scoperti di recente: forse da tempo, senza saperlo le stavamo cercando.

Poesie

  1. La verità, vi prego sull’amore
  2. Canzone
  3. Sotto un salice prostrato
  4. Calypso
  5. Una sera che era uscito a spasso
  6. Ninnananna
  7. Alla fine il segreto viene fuori
  8. Oh, che cos’è quel rumore
  9. Johnny
  10. Blues in memoria

Info bibliografiche

Titolo originale: Tell me the truth about love (inglese)

Titolo: La verità, vi prego, sull’amore

Autore: Wystan Hugh Auden

Prima edizione: 1976

Prima edizione italiana: 19 novembre 1994

La mia edizione: VIII edizione – Ottobre 2022

Editore italiano: Adelphi

Collana: Piccola Biblioteca Adelphi

Genere: Poesia

Numero di pagine: 68

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Se accendono le stelle, vuol dire che qualcuno ne ha bisogno!

Se accendono le stelle, vuol dire che qualcuno ne ha bisogno!

Poesia futurista: Se accendono le stelle di Vladimir Majakovskij

POESIA

Se accendono le stelle, vuol dire che qualcuno ne ha bisogno!

Un ritmo di lettura concitato in questo Se accendono le stelle di Vladimir Majakovkij tipico del futurismo. Parole chiare, dirette che non lasciano spazio a fraintendimenti o a sfumature. E questi stessi tratti decisi li troviamo anche nelle opere di El Lissitzky che enfatizzano le parole di Majakovskij. Tra le immagini e il frastuono della guerra, si trova però anche spazio per momenti delicati e di speranza dove lo sguardo, fin tanto che non riesce a guardare al futuro, almeno guarda al cielo e si concede un po’ di romanticismo…ma senza esagerare!

Volessimo mai dimenticarci che la vita è dura?!   

11 MAGGIO 2023 – TORINO, COMO & MILANO

POESIA

Se accendono le stelle di Vladimir Majakovkij. La mia recensione

 Amore a prima pagina. Si, anche questa volta!

Me ne sono innamorata subito. Ero a Torino e ne sono rimasta ammaliata. Come sempre se mi sento attratta da un libro significa che è quello giusto, in quel particolare momento della mia vita. Apro una pagina a caso e per prima “incontro” Se accendono le stelle e mi sento sotto un bellissimo cielo stellato. Compro il libro. Lo porto con me. Me lo porto a casa così come avrei voluto fare con tante altre cose in quel periodo, ma con un libro è più facile: lo puoi fare sempre. Ti basta semplicemente sceglierlo, pagarlo e portarlo con te ovunque tu voglia.

E come concetto (il movimento) in questo caso calza anche a pennello, perché stiamo parlando di Vladimir Majakovskij: il padre del futurismo russo! L’immagine che mi salta alla mente è: libri in movimento, o magari dovrei dire citandolo “libri di ferro”! Quanto sono potenti le pagine di un libro seppur fatte di un fragile materiale come la carta?! Un testo manifesto che ha tutto il sapore della propaganda di una difficilissima rivoluzione d’Ottobre! E nonostante il pessimismo, e il senso di distruzione che goccia come pioggia sui carri armati,  l’umore è alto e tale deve restare! Futurismo non significa in fondo questo?: la forza di portarsi in un futuro che vediamo migliore del presente?! 

Da una strada all’altra

Hanno slacciato il corsetto dell’anima.

Mani ustionano il corpo

che tu gridi o che no:

[…]

Con libidine sfila

da una strada

la calza nera.

[1913] pag 89

Alle insegne

Leggete libri di ferro!

[1913] pag 93

Un’etichetta di vino futurista per Majakovkij

Scrivo questa recensione seduta al Tannico Wine Bar all’interno del Mercato centrale di Milano dopo aver trascorso un week-end offline (onesta: per il 95% del tempo) a Como. Che meraviglia di luogo. E che meraviglia quando gli eventi della vita ti portano a vivere emozioni inaspettate e a visitare luoghi in cui non saresti mai arrivata, se non avessi preso ad un certo punto della tua vita, la strada sbagliata. Se quel giorno non avessi preso quella decisione, se quel giorno non avessi deciso di incontrare quella persona, in quel contesto, in quel luogo, vicino a quel quel lago. Tutto ci porta a trovare il nostro terroir come Marco Rossi mi ha insegnato!

Chiedo a Roberta che qui ci lavora, se posso sedermi con il mio computer e prendermi una pausa per scrivere un po’. Giustamente lei mi dice “Se bevi qualcosa si.” E così faccio! Lei mi fa assaggiare, io scelgo il vino e pago subito convinta che sarei rimasta poco, invece resto due ore. Ho persino spostato il treno perché mi sentivo coccolata in questo luogo caro al mio cuore.

Mi piaceva l’idea di scrivere di un libro futurista “dentro” una stazione, emblema di progresso e movimento, che naturalmente ci fa pensare al ferro! Milano centrale ti accoglie con la sua “architettura di ferro” e mi piace un sacco ogni volta che per qualsiasi motivo mi ci trovo.

É un tardo pomeriggio di un lunedì, e non c’è troppa gente. Sono fortunata, ho tutto il tavolone per me. Prendo posto inizio a scrivere e a “esplorare” il calice di Aglianico che ha vinto la prova assaggio (ti ricordo che @nonsonounasommelier). Etichetta meravigliosa insieme alle altre da cui sono circondata.

Non avrei mai pensato di ritrovarmi a scrivere in questo luogo, non così “presto” dopo gli eventi che me ne hanno fatta innamorare. Non posso che scegliere di brindare a questo momento con un secondo calice, stavolta di Champagne! 

Rumorini, rumori, rumoroni

Nuotano lungo i canali dei pensieri che si incrociano

[1913] pag 121

Pensieri all’appello

Che splende parla di qualsiasi cosa.

[1914] pag 153

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

Vino è/e poesia

Finisco di leggere Se cadono le stelle di Vladimir Majakovskij alcune settimane fa e oggi. Scrivere di questo libro in cui il futurismo si sente tutto fino all’ultima goccia (ops, parola o meglio trattandosi di un libro futurista “interpunzione”!) è complesso! Ho rimandato a lungo fino a che dopo essere stata da Cracco per un caffè americano scelgo di fermarmi da Tannico, così tra un calice di Champagne e uno di Aglianico, e scene di vita che mi passano davanti, mi sorprendo nel riuscire a scrivere.

Non so se finora sono stata davvero molto fortunata oppure se è proprio così, ma tutte le persone che amano il vino che finora ho incontrato amano l’arte e dentro hanno una loro “poesia”, che se tocchi le giuste leve e magari stappi le giuste bottiglie, condividono con te rendendoti parte del loro mondo che per quanto piccolo possa essere, per te è grande come il mondo e ne sei appagata anche se ne vorresti sempre di più.

Il vino quindi è poesia, è racconto, è incontro! Direi che fossero solo questi tre (ma sono di più) sarebbero già degli ottimi motivi per apprezzare il vino. E se il vino è poesia, che bello è scrivere pensando di un libro di poesie con un calice di vino a dare la giusta impronta a questa nuova recensione?!

Se accendono le stelle

 

Ascoltate!

Se accendono le stelle –

vuol dire che qualcuno ne ha bisogno?

Vuol dire che qualcuno vuole che esse siano?

Vuol dire che qualcuno chiama perle questi piccoli sputi?

E tutto trafelato,

fra le burrasche di polvere meridiana,

si precipita verso Dio,

teme d’essere in ritardo,

piange,

gli bacia la mano nodosa,

supplica

che ci sia assolutamente una stella! –

giura

che non può sopportare questa tortura senza stelle!

E poi

cammina inquieto,

fingendosi calmo.

Dice ad un altro:

Ora va meglio, è vero?

Non hai più paura?

Sì?!”.

Ascoltate!

Se accendono

le stelle –

vuol dire che qualcuno ne ha bisogno?

Vuol dire che è indispensabile

che ogni sera

al di sopra dei tetti

risplenda almeno una stella?! […]

Majakovkij è un vino t/Tannico

Il Vladimir Majakovskij di Se accendono le stelle può sembrare molto romantico ad un primo approccio (ripeto ho letto come prima poesia “Se accendono le stelle”) ma in realtà è decisamente crudo o per restare in tema wine: tannico! Ciò nonostante riesce ad essere vellutato e a farti sentire le sfumature e gli aromi perché non secca troppo il palato e la saliva resta presente in bocca, pronta a far emergere il contesto di sapori, odori e suoni. Eh si, per certi versi Majakovskij è come del vino.

Lo guardi (leggi i primi versi), ne cogli le sfumature cromatiche (ci sono le opere di El Lissitzky), lo fai arieggiare (sfogli le pagine), lo annusi (lo annusi) e infine lo bevi (lo leggi con avidità). E quando bevi il primo sorso percepisci quel “qualcosa” che ti arriva in bocca e nel cervello in modo così diretto come solo lo stile futurista sa fare. Ricordo in questo senso il modo di scrivere di un ragazzo di cui mi ero innamorata a diciannove anni (G.B.). Aveva il mito del futurismo (NETfuturismo) e la sua vita era una manifestazione dei suoi ideali, nel bene e nel male. Come in La verità, vi prego, sull’amore di Wystan Hugh Auden (che ho comprato poche ore prima di scrivere questa recensione) anche qui in Se accendono le stelle di Majakovskij si colgono tante dualità! Percepisci il morbido e l’aspro. Il dolce e l’amaro. Il benestare e il rifiuto. Il pessimismo e la speranza. Il fugace e persistente.

Anche in quest’ottica: movimento = futurismo!

Ehi!

Umida, come l’avessero leccata,

la folla.

[…]

Prendi, e vai a ricamare il cielo di nuovo,

inventa nuove stelle e la mettila in mostra

che graffiando frenetiche i tetti,

al cielo si arrampichino le anime degli artisti.

[1916] pag 181-183

A tutto

A voi affido il frutteto

della mia grande anima.

[1916] pag 193

Lilička! Invece di una lettera

Ma, oltre al tuo amore

io

non ho sole.

[…]

Ma io

non ho caro altro suono

che il suono del tuo nome amato.

[…]

Su me

oltre al tuo sguardo

non ha potere alcuna lama di coltello.

[…]

Le foglie secche delle mie parole

sapranno convincerti a restare

coi loro avidi respiri?

[1916] pag 197

Il futurismo di Majakovkij / La scoperta di una nuova etichetta

Il futurismo è una corrente artistica e quindi letteraria che naturalmente viene abbinata alla velocità, alla macchina, al rumore, alla guerra, al metallico, ai colori forti, pieni, netti e marcati. Predominano le linee rette ma sempre dinamiche e mai ortogonali. Determinanti nella comprensione di questo stile sono i dipinti El Lissitzky (carissimo amico di Vladimir Majakovskij) riportati tra le pagine di questo libro.

Majakovskij è quindi la celebrazione della macchina, della libertà senza alcuno spazio per la passionalità? Decisamente no.

Majakovskij è come quando bevi un calice di vino. Come quando apri una nuova bottiglia, scopri un nuovo vitigno, una nuova persona che ti incuriosisce ed è tutto da esplorare. Tutto prende sfumature inattese e quindi sorprendenti: sorso dopo sorso, riga dopo riga, sguardo dopo sguardo senti in bocca l’altro e ne assapori ogni più piccolo aroma e profumo.

Inatteso credo sia un termine che si sposa alla perfezione con il futurismo, con il suono dei motori o nel caso di Se accendono le stelle di Majakovskij,  con gli spari e con i rumori assordanti della guerra che non si preannunciano (Auden ha usato questa parola in riferimento all’amore che arriva all’improvviso nella sua Ninnananna), semplicemente sovrastano, e impetuosamente si fanno spazio nelle nostre vite e quindi nei nostri ricordi.

Ma facendo spazio, creano “luoghi” nel cuore e nella mente dove possiamo seminare qualcosa di buono e nella più romantica delle immagini: illuminare tutto questo con la luce delle stelle, perché si (per rispondere alla domanda dello stesso autore) le accendiamo ogni notte perché ne abbiamo bisogno. Ciascuno di noi!

All’amato se stesso dedica queste righe l’autore

Accendere l’anima per una sola!

Ordinarle con i versi di struggersi in cenere!

E le parole

e il mio amore

sarebbero un arco di trionfo:

pomposamente,

senza lasciare traccia, ti passerebbero sotto

le amanti di tutti i secoli.

[…]

Passerò, trascinando il mio enorme amore.

[…]

e così inutile?

[1916] pag 211-213

Alla Russia

Le vie sgranato gli occhi.

Radi mi le penne con rasoio del vento.

[1916] pag 217

Straordinaria avventura

Pensi che permessi a facile

risplendere?

— fanne tu stesso la prova! —

Se ti ci metti —   

Devi continuare,

splendendo sempre a piena luce!

[…]

Risplendere sempre,

risplendere ovunque,

sino al fondo degli ultimi giorni, 

risplendere —

e nient’altro!

Ecco la parola d’ordine mia

del sole!

[1920] pag 281

A Sergèj Esènin

Bisogna

dapprima

trasformare la vita

e, trasformata,

si potrà esaltarla.

[…]

In questa vita

non è difficile morire.

Vivere

è di gran lunga più difficile

[1926] pag 311-313

Sinossi

Uomo impetuoso e geniale, acclamato nella Russia di inizio Novecento per la sua oratoria ricca di passione e provocazione e per la capacità di trasposizione della vita in arte e della biografia in poesia, Vladimir Majakovskij fu il fondatore del futurismo russo e il propugnatore degli ideali rivoluzionari fin da prima del loro compimento storico. Questa antologia, incentrata sull’attività del poeta nel periodo precedente la Rivoluzione d’Ottobre, permette di riscoprire il rapporto di Majakovskij con i grandi temi della tradizione russa e con gli slanci innovativi del futurismo. In quest’edizione di pregio, le liriche sono corredate dai dipinti e dalle grafiche di El Lissitzky, con il quale Majakovskij collaborò in diverse occasioni, che restituiscono al lettore il fermento intellettuale e culturale in cui si genera e sviluppa l’attività del poeta più importante dell’epoca sovietica. Un’opera imprescindibile per la conoscenza di un artista che non fu solo propagandista politico, ma anche uomo di profonda sensibilità, un grande poeta dall’animo vulcanico e inquieto che non ha mai smesso di interrogarsi sui turbamenti dell’esistenza umana.

:

Info bibliografiche

Titolo originale: – (russo)

Titolo: Se accendono le stelle

Autore: Vladimir Majakovskij

Prima edizione italiana: 2021

La mia edizione: I edizione – 26 Gennaio 2021

Editore italiano: Rizzoli

Collana: Bur Classici – Bur Deluxe

Genere: Poesia

Numero di pagine: 328

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In Erotica di Ritsos troviamo Parole carnali per un amore romantico

In Erotica di Ritsos troviamo Parole carnali per un amore romantico

Copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

POESIA

In Erotica di Ritsos troviamo Parole carnali per un amore romantico

Ghiannis Ritsos ci racconta tutte le sfumature dell’amore e li fa nutrire l’uno dell’altro in una danza lenta e veloce che fa pensare all’ampia gonna di una donna greca, che girando vorticosamente si alza e invita l’uomo ad assaggiarne l’aspro frutto sbucciato dolcemente.

19 FEBBRAIO 2023 – TORINO

POESIA

Erotica di Ghiannis Ritsos. La mia recensione

 

 

La nudità dell’amore carnale incontra quello romantico

Che immagini ci evoca Erotica di Ghiannis Ritsos? Troppo riduttivo dire che ci fa pensare alla carnalità sentendola fin nel profondo e sulla punta del nostro sesso. 

C’è molto di più e questo di più si chiama quotidiano; questo di più si chiama amore accolto in ogni sua forma.

Ecco che l’insegnamento maieutico dell’Erotica Ghiannis Ritsos ci invita ad esplorare l’amore in tutte le sue forme e così ti invito a fare anche io assaporando sulla lingua, sentendo sulla pelle e frugando tra i tuoi ricordi mentre leggi parola dopo parola e sfogli pagina dopo pagina questa bellissima raccolta di poesie.

In Erotica di Ritsos c’è l’amore carnale, l’amore romantico, l’amore condiviso, l’amore separato, l’amore quotidiano, l’amore appena incontrato e ci si rende conto che non sono così separati come tutte queste parole hanno l’arroganza di fare.

Bella giornata – 

non lo sopporto

che tu non sia qui.

A te lettore chiedo: mi sapresti davvero dire qual’è la differenza tra l’amore carnale e quello romantico? Carnale è l’atto e romantica è la presenza mentale dei due amanti: sono davvero così separati o la linea che li separa è invisibile? Che esista o meno questo confine ti auguro di superarlo sempre, perché allora senti la vertigine dell’abbandonarti dentro un’altra persona. In fondo quando siamo nudi dove sono i confini?

Ciascuno di noi altrove,

separati e insieme;

tengo la tua mano;

mi tiene.

Appena arriva la primavera…

In Erotica, Ghiannis Ritsos ci fa vivere tutto quello che lui, ha vissuto con colei che ha amato nonostante la differenza di età. 

Al centro del verso

tu e tu.

Il tuo respiro riempie

tutte le parole,

tutto il silenzio.

Lei acerba, lui maturo

Erotica raccoglie le poesie spirate al poeta settantenne dall’amore per una donna molto più giovane di lui. Passione talmente travolgente che questa raccolta venne scritta nel corso di appena un mese, era il Gennaio del 1980. E qui confermo che vivere una connessione così intensa con un’altra persona impone allo scrittore che la vive, di donare alla carta ciò che si prova perché è così sovrabbondante da non poter essere contenuto nell’anfora che i corpi di uomo e donna creano nella loro unione.

Al centro del verso

tu e tu.

Il tuo respiro riempie

tutte le parole,

tutto il silenzio.

L’intera poesia di Ghiannis Ritsos è pervasa da una forte sessualità. Una sessualità che è carnalità ma ancora di più connessione autentica e quotidiana. In Erotica infatti Ghiannis Ritsos celebra tutto ciò che un uomo e una donna possono condividere partendo dai loro corpi, arrivando alla semplicità di ciò che circonda le loro vite. Ogni cosa in Erotica contribuisce a creare carnalità! Gli spazi più sono semplici e genuini, più i due amanti possono “arredarli” con il loro sentirsi reciproco, lavando i pavimenti con i liquidi dei loro corpi fino ad ammirare la vastità dei cieli notturni con occhi che nell’estrema dilatazione del piacere, sanno cogliere anche la più piccola delle stelle.

Ecco allora che incontriamo una casa, un tavolo spoglio, delle arance persino un pettine. Cose quotidiane perché tanto quotidiano è l’amore, quanto selvaggia e dolce vuole essere la passione che avvolge i due amanti.

Voglio guardare tutto solo come pieghi il ginocchio

p 110

Un amore vissuto senza etichette, un amore vissuto senza nessun tipo di costrizione semplicemente libero e vitale nella sua totale bellezza.

Un amore che vive il corpo dell’amante nella sua totalità, fino ad inglobare tutti i luoghi fisici e mentali che quest* occupa. Così esploriamo quel corpo che impariamo a conoscere meglio del nostro partendo dalle estremità degli alluci, tessendo una trama con i lunghi capelli, passando per l’inconsistenza di vetri rotti arrivando alle trasparenze e consistenze dei fluidi che l’amore origina.

(Quanto è difficile in questa raccolta in particolare scegliere solo alcuni versi…)

Due mesi senza incontrarci.

Un secolo

e nove secondi.

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

Invitante come il succo di un frutto maturo

Nasce spontaneo il confronto con il libro di poesie che che letto prima di questo: Poesie erotiche di Pablo Neruda. In Neruda tantissimo era demandato all’apporto visivo e interpretativo del lettore che si figurava a suo modo ciò che l’autore aveva scelto di imprimere sulla carta, celando un erotismo assolutamente coinvolgente dietro parallelismi (come il vino) che in certi aspetti rendono la carnalità quasi pudica e velata.

In Erotica di Ghiannis Ritsos invece troviamo che c’è un gusto per il quotidiano che non si vergogna di inserire apertamente, l’amore carnale in qualsiasi momento della giornata e della notte. Il messaggio maieutico che leggiamo tra le righe è proprio questo: che la passione è! in ogni momento della giornata. Possiamo davvero portare passione ed erotismo in ogni gesto che compiamo nel nostro quotidiano. Ecco forse la donna di Ritsos è più simile alla ninfetta di Nabokov, forse anche perché la donna di Ritsos è più giovane di lui. In entrambi i casi troviamo un erotismo giocato che è tanto leggero quanto intenso e profondo. Hai mai vissuto l’erotismo in questo modo? (Si. – G.O. -)

Questo ci porta alla mente un modo di vivere la carnalità che ha il sapore della genuinità. Come quando semplicemente mordi un frutto senza sbucciarlo, lo strofini sulla camicia e lo mordi facendo sgocciolare il succo dalle labbra al collo e giù fino all’incavo dei seni. Allora l’amante potrà assaggiare il liquido che sul e dal nostro corpo scorre.

Limoni ovunque

sul tavolo

sulle sedie

sul letto

bagliori gialli

corrono sul tuo corpo

mi piace che piova

notte di mille limoni

[…]

p 47

Il ritmo degli amanti

Il piacere della carne trapela e sgocciola da ogni parola che c’è in Erotica di Ghiannis Ritsos. Ma come detto sin dall’inizio, la componente erotica non è la sola presente. 

La raccolta è divisa in tre parti che danno enfasi alla progressione amorosa. Queste sono:

– piccola suite in rosso maggiore

– corpo nudo

– parole carnali

La prima differenza che salta agli occhi è relativa alla lunghezza delle poesie. Si inizia con poesie di media lunghezza, passando per rime brevi (anzi brevissime) anche di soli due versi, arrivando infine a una costruzione poetica più articolata. Ritsos esprime così il ritmo degli amanti: veloce e lento ma soprattutto alternato. Anche in questo Ritsos ci fa sentire l’intensità del piacere carnale.

Altra dimora non ho.

Abito il tuo corpo.

L’intera raccolta oltre ad essere carica di immagini, ha anche una componente cromatica molto forte. Fra tutti spicca, il colore rosso ma anche il blu/azzurro, il giallo/arancione e il verde.

Questa scelta conferma la percezione che si ha sin dai primi versi, ossia di voler accogliere tutti gli aspetti non solo della carnalità, ma di ciò che uomo e donna provano nell’interazione reciproca.

Nella coppia “rosso e blu” troviamo che il primo rappresenta la passione e la quiete ma anche il senso di protezione che i due amanti vivono nella loro unione.

La seconda coppia è il mondo esterno, ciò che li separa ma che comunque li riporta sempre sulla stessa strada, arricchendo anzi l’intimità di nuovi elementi che gli amanti naturalmente includeranno nel loro gioco non soltanto erotico.

Piccola suite in rosso maggiore: il desiderio

L’organizzazione tripartita della raccolta di poesie Erotica di Ghiannis Ritsos non deve però trarci in inganno facendoci pensare che affronti tematiche diverse. La differenza sta infatti non soltanto nella lunghezza delle poesie, ma nell’intensità e nel livello di intimità mista a complicità che si raggiunge via via tra gli amanti.

In piccola suite in rosso maggiore evocativamente troviamo l’aspetto della reciproca curiosità domina sopra tutti gli altri. Quindi leggiamo di una carnalità appassionata ma ancora, se vogliamo, incerta. Tutto è incentrato sulla passione, sulla curiosità, sulla scoperta, ma anche sul dubbio rispetto alla persona che stiamo esplorando e assaggiando.

Sotto il vestito

è nuda

sopra il vestito 

completamente nuda

davanti alla finestra

tiene un bicchiere alto

te lo offrirà?

non te lo offrirà?

lo beve da sola

non ti guarda

così è più nuda

con una rosa

tra i seni.

p 20

Una persona che per noi è corpo alla cui scoperta dedichiamo tempo e da cui traiamo piacere, in ogni suo più piccola parte…

[…]

loro due

scalzi

l’uno di fronte all’altra

si toccano appena

gli alluci

[…]

p 49

…scoprendo ad ogni tocco nuovi picchi e nuove profondità orgasmiche e di complicità emotiva.

Le cose che non abbiamo detto

conservano ancora

i nostri gesti

le nostre azioni

[…]

p 49

Corpo nudo: tratti di vita quotidiana

La ricerca del piacere attraverso l’altro evidentemente richiede una certa ricorsività, molto più semplicemente: tempo. Un tempo che finora è stato speso nel piacere esclusivo ora si giustappone al quotidiano. Un quotidiano, che ripreso il normale flusso, diventa un pretesto per il piacere, anche affrettato ma comunque anelato.

Prendevi il treno.

Non tardare – ti dicevo.

Più in fretta, più in fretta.

E i tuoi capezzoli

s’inturgidivano.

p 82

I due amanti trovano quindi un ritmo che gradualmente appartiene ad entrambi, perché sui loro corpo si plasma. Come quando si suona uno strumento e insieme al suo vibrare si respira, loro (noi) si respira all’unisono, e i nostri battiti seguono un unico suono potente perché generato da due cuori che battono per spingere il sangue dove serve.

Ora

il tuo respiro

ritma il mio passo

e il polso.

pag 68

Il ritmo degli amanti è anche arresto e sono questi i cenni che ci fanno cogliere l’evoluzione all’interno di questa unione tra uomo e donna; non soltanto quindi la bellezza del tempo che si ferma, ma evoluzione.

Orologi fermi,

le mie mani ferme

intorno ai tuoi occhi.

p 82

L’unione carnale che diventa quasi un rituale…

Il letto è fiero.

Ha visto la nostra unione

fino alla profonda foresta degli orsi

col grande fiume

e le cinque aquile.

p83

…al quale non si può, non si riesce e non si deve aggiungere altro se non quello che si prova reciprocamente.

Non avevo da aggiungere

altro verso

altra parola.

Nel tuo corpo vivevo

tutta la poesia.

p83

nell’intimità che si sceglie di condividere

«Suonano alla porta.

Suona il telefono.

Niente.

Non ci siamo.

Noi due insieme

non ci siamo»

p 91

Parola carnale: che parla di romanticismo

Nonostante il titolo di questa sezione convogli l’attenzione del lettore su un qualcosa di prettamente erotica e carnale, quello che invece emerge è: l’abitudine irrinunciabile all’altro e il raggiungimento di una intimità fatta di sottomissione degli amanti, senso di possesso e di protezione in un equilibrio che nella realtà pochi di noi hanno sperimentato e che all’unisono si anela ad avere ancora.

Anzi ad avere tutto per sé poiché solamente nostra è colei che ci fa provare tutto questo:

Come sei bella. La tua bellezza mi spaventa. Ho fame di te. Ho sete di te. /

Ti supplico: nasconditi, diventa invisibile a tutti; visibile solo a me; nascosta / dalle punte dei piedi ai capelli da un velo trasparente / screziato dai sospiri d’argento di lune primaverili. I tuoi pori emettono / vocali, consonanti di desiderio; si articolano parole segrete; eruzioni rosa dall’atto dell’amore. Il tuo velo si gonfia, splende / sulla città annottata coi bar fiochi, e osterie sul mare; / la farmacia notturna illuminata da proiettori verdi; una / sfera di vetro / rotea velocemente mostrando paesaggi del globo terrestre. L’ubriaco barcolla / in una tempesta portata dal respiro del tuo corpo. Non andare. Non andare. / Così materiale e inafferrabile. Un toro di pietra salta sull’erba secca dal frontone. Una donna nuda sale la scala di legno / con una bacinella d’acqua calda. Il vapore le nasconde il viso. Alto nell’aria / un elicottero in ricognizione ronza in un punto indefinito. Mettiti in salvo. / Cercano te. / Nasconditi più in fondo tra le mie braccia. Il pelo / della coperta rossa che ci copre cresce continuamente, diventa un’orsa incinta la coperta. E sotto l’orsa rossa ci amiamo infinitamente, oltre il tempo e oltre la morte, in un’unica unione universale. Come sei bella. La tua bellezza mi spaventa. Ho fame di te. Ho sete di te. Ti supplico nasconditi.

Pagina 119

Niente più della poesia, sembra dirci Ritsos, può esprimere la forza travolgente dell’amore carnale come preludio di un amore più completo.

La donna diventa una Diotima che rende edotto l’uomo sull’Eros, lasciando che questo intrida il loro quotidiano.

É questa una donna che percepiamo comunque sfuggente, quasi giocasse ad acchiapparella con l’amato, motivo per cui Ritsos (ma anche noi) non è mai completamente sazio. Anzi la fame di lei cresce e cresce, sfociando in un senso di protezione in cui lei si lascia cullare.

Una storia quasi mitologica perché sospesa nel tempo di una Grecia che nonostante le luci dei neon e dei semafori, ha quel sapore di antico fors’anche eterno come fosse il racconto di un Mito.

Dove tu sei

esisto.

p 66

Amore archetipico

Come sintetizzare Erotica di Ghiannis Ritsos?

L’archetipo della carnalità romantica. 

Un viaggio tra i luoghi inesplorati di ciò che solo uomo e donna possono raggiungere e condividere.

Una navigazione sempreterna come il moto delle onde che è orgasmo e piacere continuo, che a tratti stordisce i sensi, ma che è proprio lì tra le nostre mani per acquietare i nostri sensi.

Il piacere che ci accoglie nella sua casa. Una casa resa festosa dalla danza della donna che vorticando alza la sua gonna e invita l’uomo ad assaggiarne l’aspro frutto sbucciato dolcemente.

Una casa, mi immagino, di pietra bianca con intorno alberi da frutto e piante autoctone che sudano sotto il sole come noi di lì a poco faremo in casa. Ovunque nella casa che stiamo abitando con il nostro amante.

Luoghi fuori dal tempo e dallo spazio sono quelli abitati dagli amanti.

Non conta il luogo perché è nell’altro che troviamo il nostro respiro.

Dove tu sei

esisto.

p 66

La genuinità della Grecia

Nelle tre raccolte comprese in Erotica (Piccola suite in rosso maggiore, Corpo nudo e Parola carnale) l’amore è cantato da Ritsos in tutte le sue manifestazioni.

I versi di Ghiannis Ritsos in Erotica lasciano assolutamente tutto lo spazio agli occhi della mente del lettore per cogliere l’abbondanza e al contempo l’assenza.

Se oggi pensiamo alla Grecia di metà novecento probabilmente peneremo ad un luogo quasi incontaminato, potremmo dire rurale dove poter respirare e godere della vita a pieni polmoni con la nostra pelle che viene baciata dal sole e dal nostro amante. Un luogo che accoglie gli amanti che ci immaginiamo in 

[…] Devi ricordarm così – dicevi; / ricordarmmi così coi piedi sporchi; coi capelli che mi coprono gli occhi – perché così ti vedo più profondamente […]

Parola carnale, 4 – p 112

Ti ringrazio, amore.

Parola carnale, 12 – p 125

Info bibliografiche

Titolo originale: – (greco)

Titolo: Erotica

Autore: Ghiannis Ritsos

Prima edizione italiana: 1981

La mia edizione: I edizione – Febbraio 2021

Editore italiano: Crocetti editore

Collana: Kylix

Genere: Poesia

Numero di pagine: 125

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Finalmente mi mostro nuda a te e ti grido: “Guardami!” perché davanti a te sono e voglio essere nuda

Finalmente mi mostro nuda a te e ti grido: “Guardami!” perché davanti a te sono e voglio essere nuda

Recensione di Guardami: sono nuda di Antonia Pozzi

POESIA

Finalmente mi mostro nuda a te e ti grido: “Guardami!”

perché davanti a te sono e voglio essere nuda

Con la sua poesia narrativa e altamente visiva, in questa raccolta la Pozzi ci fa vivere il desiderio di carnalità e di femminilità che cerca appagamento nell’unica persona che può darglielo: il suo amato. Questo è il filo conduttore che qui, lega i temi che caratterizzano l’opera di questa italiana della prima metà ‘900.

12 FEBBRAIO 2023 – TORINO

POESIA

Guardami: sono nuda di Antonia Pozzi. La mia recensione

Il libro Guardami sono nuda di Antonia pozzi è stato comprato per essere il mio compagno di viaggio, quando sono andata a Novara la prima volta l’11 Febbraio del 2023, era un sabato.

Nella primavera del 2021 avevo già letto un’altra sua raccolta di poesie: Mia vita cara (2019) testo al quale sono particolarmente affezionata sia per motivi personali, che per il suo essere stato di fatto il primo libro di poesie che ho letto dopo anni di sola manualistica, romanzi, e narrativa.

Fra gli eventi ed elementi a cui si deve il merito del mio ricominciare a scrivere poesie, c’è infatti anche Mia vita cara.

Oh le parole prigioniere

che battono battono

furiosamente.

 

“LA PORTA CHE SI CHIUDE”

Poesia narrativa e visiva

Ed è forse proprio la connotazione narrativa e altamente visiva che Antonia Pozzi conferisce alle sue poesie, ad avermi appassionato alla sua scrittura prima di qualsiasi altra cosa. Di fatto Antonia pozzi è una ragazzina, sebbene dissimile anzi distante, dalla ninfetta di Nabokov quando scrive la maggior parte di ciò che leggiamo ora. Una giovane donna che si è sempre sentita intrappolata nel suo giovane corpo, sentendosi in realtà molto più adulta di quanto non fosse anagraficamente.

Mi sarebbe piaciuto conoscerla per avere davvero la conferma del suo essere più grande dei suoi anni. Mi sarebbe piaciuto per capire cosa per lei significava quell’essere “adulta” che si sentiva di essere e non era. Una maturità che tardava ad arrivare anche dal punto di vista della sua stessa fisicità, sofferenza questa che diventa uno dei fili conduttori di questa intera raccolta di poesie.

Letto in un giorno: parte I, II, II

Ho letto Guardami sono nuda di Antonia Pozzi in tre momenti all’interno della stessa giornata. La prima metà l’ho letta sul treno che mi portava a Novara, una seconda parte l’ho letta in un caffè: il Plaza subito dopo aver visitato il Castello di Novara e quindi la terza parte è stata letta nel Caffè l’Umberto I.

Ho incontrato questo caffè passeggiando tra le vie della nuova città che ero andata a scoprire (la bellezza di “perdersi” tra le vie di un luogo che non conosciamo per finire col “trovarci” qualcosa in cui lasciamo pezzi di noi) e che ho scelto fra gli altri perché accomodandomi avrei potuto bere dell’ottimo caffè filtro. Ne ho presi due, entrambi molto buoni, procedendo come se fosse una degustazione dove sali per gradi: sono salita d’intensità.

Tornando a noi, in questa raccolta di poesie l’aspetto che più mi ha sorpresa mentre leggevo, non è stato tanto nel rinnovato apprezzamento per la capacità di scrittura di Antonia Pozzi, quanto piuttosto per il mio divertirmi a riscrivere e integrare le sue poesie con versi miei.

La mia copia è scritta a quattro mani 

Quello stesso giorno ho letto anche Poesie erotiche di Pablo Neruda e queste due raccolte di poesie sono arrivate nella mia vita esattamente al momento giusto, ancor di più nel loro arrivare “insieme”. La storia di come sono arrivata a leggere Poesie erotiche di Pablo Neruda l’ho raccontata nell’articolo dedicato, per quanto riguarda invece Guardami: sono nuda di Antonia Pozzi posso solo dire che ero entrata in libreria perché dovevo comprare un nuovo taccuino, su cui appuntare la miriade di pensieri che sempre ho in testa.

Scelto l’oramai consolidato quaderno a righe con copertina rossa e morbida, non resisto alla tentazione e quindi salgo al piano superiore. Avevano cambiato disposizione degli scaffali nella Feltrinelli di piazza CLN e quindi mi sono ritrovata a fare una gaffe perché non trovando la sezione poesie, ho chiesto al libraio che stava appunto sistemando quella sezione.

Lui pensava lo stessi prendendo in giro, invece io con la solita musica in cuffia, non mi ero resa conto di dove fossi: reparto poesia! Lui ha pensato che fossi una sua vecchia amica che non riconosceva dato il tempo trascorso, e che lo stessi prendendo in giro, così ci siamo fatti una risata sincera e io ho proseguito la mia esplorazione degli scaffali. Sono evidentemente capitata al momento giusto, perché nel suo riordinare e spostare i volumi ha messo in risalto il libro che avrei comprato: Guardami: sono nuda di Antonia Pozzi. Questo libro dalla bella copertina rossa, proprio come il taccuino che avevo appena scelto come mio, faceva la sua bella figura. Ma soprattutto io ho sentito come un richiamo, quel sussurro che certi libri per sedurti emettono e che arriva solo alle tue orecchie.

Ero salita con l’intenzione di acquistare un altro libro di Jacques Prevert ma non ho potuto resistere e così ho comprato il mio secondo della Pozzi e l’ho sistemato subito nella borsa che avrei portato con me all’indomani sul treno che da Torino mi portava a Novara.

Leggo libri che sono pezzi di me

Avevo davvero già apprezzato le poesie di Mia vita cara ma nella loro bellezza, non per il fatto di aver trovato in loro parti smarrite o dimenticate di me stessa. In Guardami: sono nuda ho invece trovato degli ironici parallelismi con il mio recente vissuto. Un bellissimo vissuto.

A cominciare dal titolo che è come uno schiaffo in faccia a chi lo legge, perché ti obbliga a “guardarla” e ti fa capire che la donna che sceglie di pronunciare una frase del genere lo fa perché da un lato è consapevole del suo corpo e dall’altro vuole che una persona, una sola persona su tutte, la ammiri nella sua marmorea bellezza. La scultura che origina dall’essere donna.

Conosco la sensazione che si prova nel guardare negli occhi un uomo e pronunciare (all’incirca) le parole: “Sono qui davanti a te e sono nuda, guardami”. In bilico tra una richiesta e una domanda, l’unica risposta all’altezza può essere solo qualcosa di simile a: “Ti guardo, ti ho guardata tutto il tempo”.

Allora è l’estasi.

La mia copia è scritta a quattro mani

Così, in bilico tra il ricordo delle parole che io stessa ho pronunciato (in questo modo in particolare, una sola volta nella vita) ad ogni poesia che leggevo in Guardami: sono nuda di Antonia Pozzi, presa da un “flusso di coscienza” ho integrato, modificato o riscritto le poesie stesse di Antonia Pozzi.

É stato davvero surreale ritrovare che molti diversi raccontassero molto del mio trascorso personale. A onor del vero, mi sono piaciute di più le poesie di Mia vita cara (alcune di quelle qui presenti sono proposte anche in quest’ultima raccolta) eppure Guardami: sono nuda mi appartiene infinitamente di più.

Rileggere oggi la copia che ho reso assolutamente mia, di questa raccolta di poesie, è come leggere un libro scritto a quattro mani perché davvero i miei interventi sono, da un lato molto presenti e dall’altro si integrano perfettamente creando un impasto perfetto (e dico impasto rifacendomi ad una conversazione con una persona di grande intelligenza e sensibilità, lui sa di esserlo perché gliel’ho detto).

É stato bello scrivere direttamente sul libro con la mia micromina 0,5 della Rotring! (Vuoi farmi un vero regalo, di quelli che si comprano e non si fanno con un gesto? Comprami una bellissima penna, anche stilografica sarà apprezzata ). Complice in questo, il fatto che avevo scelto di trascorrere una giornata lontana dalla mia nuova città, lontana per qualche ora dal lavoro digitale che amo eppure dal quale ogni tanto, come è sano che sia, ho bisogno di staccare. Volevo vivermi una giornata off line e così ho fatto!

Guardami: sono la donna che sono

In Guardami: sono nuda si ritrovano i temi che contraddistinguono l’opera di Antonia Pozzi: la sofferenza per la sua giovane età, per l’amore che non può e non riesce ad essere vissuto come si vorrebbe, per una maternità che non troverà appagamento e per una vita che la costringe ad abitare il suo corpo nonostante lei voglia abbandonarlo, come farà all’età di ventisei anni.

Ma se da un lato è vero che i temi più importanti di questa eccezionale poetessa italiana sono qui tutti presenti, dall’altro la bellezza di questa raccolta sta nel fatto che la scrittrice, nonostante parli sempre ad interlocutori diversi compresa se stessa, è come se parlasse ad un unico interlocutore: l’amore, l’amato.

Quella di Guardami: sono nuda è una Antonia Pozzi che vuole abbandonare lo stato del suo corpo non (soltanto) in termini di morte, ma come l’abbandono di un corpo ancora fanciullesco che non rispecchia le evoluzioni del suo sentire:

Per troppa vita che ho nel sangue / tremo / (…)

“SGORGO”

Antonia Pozzi qui si sente non solo adulta ma ancor di più: femminile, consapevole e con una immagine di sé stessa che cerca, che chiama le attenzioni di un uomo tanto dal punto di vista visivo (Guardami suona come un imperativo) quanto nell’esperienza tattile.

La poesia d’apertura é Canto della mia nudità e si apre proprio con il verso:

Guardami: sono nuda

da cui appunto è tratto il titolo della raccolta stessa e prosegue nella stessa così scrivendo:

Oggi, m’inarco, nel nitore del bagno bianco e m’inarcherò nuda domani sopra un letto, se qualcuno mi prenderà.

in Solitudine con:

Ho le braccia dolenti e illanguidite

per un’insulsa brama di avvinghiare (…)

e in Un’altra sosta con:

che io ti accarezzi con un gesto lento

É assolutamente chiaro il desiderio di sperimentare la carnalità con l’uomo da lei amato, a maggior ragione perché “lui” un uomo lo è già. Ecco allora che lei si prepara a condividere con lui tutto: lo cerca, lo chiama ma anche lo invita chiaramente come in ben due versi di Canto rassegnato che iniziano con la parola, che viene ripetuta quasi sfinendola:

Vieni

proprio perché in quanto donna anela che sia l’uomo desiderato ad andare da lei, a raggiungerla perché che lei lo vuole, gliel’ha già detto! Adesso spetta a lui.

In Sventatezza ci confessa:

Ma io ardevo.

In Vaneggiamenti:

Io vibravo, insieme con le corde

(…e come non avere qualcosa di “mio” da aggiungere..)

In Vertigine ci mette a parte di un desiderio:

Afferrami alla vita

(…anche qui i ricordi hanno avuto il sopravvento..)

Quest’ultima parol in particolare ha la doppia valenza di trattenerla sia in questo mondo, sia di sentire il tocco delle mani di “lui” sul suo fianco, attraverso i vestiti e sulla pelle poi, finalmente nuda.

In Guardami: sono nuda Antonia dimostra quanto vuole essere amata nella sua totalità quindi non soltanto come donna, come la madre che vorrebbe essere e che non sarà mai; ma anche come scrittrice. Del resto si sa che il primo giudizio che per una donna è davvero importante, è proprio quello della persona amata. Ed ecco infatti che è in Pudore scrive:

Se qualcuna delle mie povere parole ti piace e tu me lo dici sia pur solo con gli occhi io mi spalancò in un riso beato (…)

Per Antonia Pozzi l’amore era davvero l’unica ragione di vita, tolta la quale non vi era nulla di così consistente tale da farle amare la vita stessa. Ecco infatti che in Sera scrive:

o accendi tu

la tua lampada

e fammi cenni di entrare

che io non muoia

qui senza fuoco!

È evidente come colui che amiamo diventa il nostro faro nella notte, la nostra bussola e quel caldo che scalda le membra stanche e asciuga il legno dello dello scafo della nave che siamo e che cerca soltanto un porto sicuro in cui approdare. E questo è reso estremamente palese dall’ordine in cui le poesie Sera e Il porto, certamente quest’ultima una delle mie preferite, sono state inserite in questa raccolta di poesie: ossia una dopo l’altra.

Ecco allora che l’atto di “avvistare” un porto in cui approdare, dopo una una serie di sfiancanti tempeste, introduce un altro filo conduttore: quello dello del guardare e del guardarsi appunto negli occhi.

Verso dopo verso infatti vediamo con gli occhi di Antonia Pozzi e ancor di più, vediamo in prima persona gli occhi di “lui” che Antonia (la donna non la scrittrice) anela di guardare sempre.

Gli occhi infatti sono lo specchio dell’anima, e due amanti lo sanno bene; ma sanno anche riconoscere l’uno nell’altro il malessere. Così quando lo sguardo di “lui” si incupisce e smette di brillare, anche il sorriso si spegne ed ecco che in Pensiero scrive:

Essere ombra, pace serale intorno al tuo spento sorriso.

In fondo qual’è l’unica missione di chi ama se non  accertarsi che in qualche modo l’altr*, la persona che amiamo, possa tornare a sorridere e ad avere quella luce negli occhi che ci ha fatto innamorare?

Vorrei che la mia animati fosse leggera vorrei condurti con le mie parole fino ad una valle di erboso silenzio, allago vorrei che la mia anima che fosse leggera che la mia poesia ti fosse un ponte, sottile e saldo, sulle scure voragini della terra.

“LIEVE OFFERTA”

E quale terribile paura pesa sul cuore di chi ama quando sia ha l’incertezza di questo nuovo traguardo?

Dunque, io non vedrò mai più i tuoi occhi puri come li vidi la sera prima io so quale sabbia l’intorbiditi ora quale tristezza che fu già mia. Sgomenta guardo nascere in te la vita che ho già visti e scontata e spogliai d’ogni velo. 

 

“AMMONIMENTO”

Ma se l’incertezza può arrivare a gettare un’ombra su coloro che si amano, primeggia fra gli amanti una certezza fra tutte: che la loro stessa natura sarà bastevole a tenerli uniti finché nutriti del loro stesso amore abbandoneranno i rispettivi corpi esaurendosi felici d’aver arso insieme.

Olio vuole la lampada e legno il fuoco

“AMMONIMENTO”

Info bibliografiche

 

 

Titolo originale: Guardami: sono nuda (italiano)

Titolo: Guardami: sono nuda

Autore: Antonia Pozzi

Prima edizione italiana: 2014

La mia edizione: IX edizione – Febbraio 2022

Editore italiano: Edizioni Clichy

Genere: Poesia

Numero di pagine: 113

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