E se l’amore occasionale acquisisse un nuovo concetto e fosse proprio Amore?

E se l’amore occasionale acquisisse un nuovo concetto e fosse proprio Amore?

Copertina del libro “Il gabbiano Jonathan Livingston” di Richard Bach del 1975

POESIE

E se l’amore occasionale acquisisse un nuovo concetto e fosse proprio Amore?

“Io non so che cosa sia l’amore. So cosa sono le intimità provvisorie. Non pensate a godimenti fuggitivi, a divagazioni non matrimoniali. […] Ogni incontro bello, ogni intimità attinge un giacimento mitico e poetico del quale dobbiamo smettere di aver paura. L’amore è una dimensione intimamente locale, si svolge sempre in un luogo ed è inedito ogni suo gesto. Il luogo dell’amore è il corpo […] per un’ora o per mezzo secoloRiconoscere questa specificità dell’amore è la forma di resistenza alla globalizzazione delle emozioni, alla dispersione dell’intensità. Il corpo amoroso ci richiama alla vita da vicino, al suo sapore locale, preciso.”

19 OTTOBRE 2023 – TORINO

POESIE

L’infinito senza farci caso di Franco Arminio. Ecco la mia recensione.

Questo è il libro souvenir che ho comprato a Bra, la prima volta che ci sono stata in occasione del Cheese Festival 2023.

Come sempre le mie vicende personali e i miei “incontri letterari” si intrecciano ed ogni volta è sempre sorprendente, come se fosse la prima volta che mi capita, che poi a conti fatti è proprio così, perché oltre al libro in questione che varia di volta in volta, anche tutto ciò che vi si lega cambia.

Love is noise love is pain…

…così cantavano i The Verve nel 2008 nel loro celebre brano.

Una dolcezza vera

non è mai cordiale.

Una dolcezza vera

ti fa male.

[4 di copertina]

Allo stesso modo Franco Arminio in questi quattro semplici versi, che poi sono – insieme alla sinossi – il motivo per cui ho comprato proprio questo libro, ci insegna che la vita è sempre duale e che non ci è permesso di prendere solo il bene, ne’ tantomeno di meritare solo il male.

Sono due lati della medaglia ed è semplicemente un nostro dovere accoglierli entrambi con la stessa dolcezza d’animo con cui accoglieremmo il bene. 

Tra le pagine di L’infinito senza farci caso, Franco Arminio ci dà una visione decisamente più veritiera dell’amore, non fredda e cinica, anzi calda e avvolgente, tuttavia slegata dai pesi che solitamente appesantiscono ad una relazione amorosa.

Arminio ci rende palese l’oggettività del fatto che ad oggi le relazioni, seppur con una temporalità diversa rispetto a quella “socialmente corretta”, hanno comunque la capacità di portare Amore nelle nostre vite. Ma non un amore di contrabbando, arido e sterile! Piuttosto un amore che nella consapevolezza del suo essere limitato nel tempo, fosse questo tempo equivalente a 50 anni e più di vita condivisa o a 5 ore, si sceglie di viverlo appagandosene al meglio delle proprie possibilità e capacità, affinché il limite e il rimpianto non appartengano all’amore che si condivide.

Intimità provvisorie

Così Franco Arminio chiama questi amori in L’infinito senza farci caso: intimità provvisorie.

E se da un lato il nome esprime una fugacità, mi chiedo e ti chiedo, cosa impedisce a queste unioni di durare?

Siamo palesemente davanti ad una standardizzazione delle emozioni, perché quelle complesse e appaganti richiedono tempo, e il tempo sembra esserci contro. Anche se è invece vero, che siamo noi a saturarlo di emozioni sintetiche e task lavorative e private sempre più fagocitanti!

Nella costante ricerca della regola universale per qualsiasi cosa, ci siamo forse dimenticati che l’Amore unisce due “soli” individui?

E perché questi due esseri umano non possono prendersi del tempo, per trovare un loro singolare ritmo che gli consenta di rimuovere la parola provvisorio mantenendo invece quella di intimità?!

Un ritmo singolare e la sua dualità

Mi torna alla mente che anni fa ascoltavo una storia di uno Chef e della sua compagna. Non si erano uniti in matrimonio per scelta. Lui sempre in giro per lavoro e lei sempre a casa ad occuparsi di tutto, ristorante compreso, quando lui era via.

Due vite apparentemente inconciliabili, eppure fu proprio la dichiarazione di Lei a sorprendermi, perché disse qualcosa che ricordo così: “Grandi assenze e grandi presenze, questo è il segreto del nostro amore”.

E non è forse un buon modo di amare questo? Non lo è forse ancora di più al giorno d’oggi?

Io trovo che sia buon modo per perpetuare la bellezza di un amore condiviso che non si basa su una presenza fisica, che comunque è presente nel giusto ritmo e nella giusta dose, ma che affonda le sue più sane radici in una connessione emotiva, fatta di un futuro che sempre comprende entrambi.

Un ritmo il loro che è singolare tanto nel suo essere “alternativo”, tanto nel suo non avere la pretesa di funzionare per altri se non “esclusivamente” per questi due esseri umani.

Certo le distanze sono complesse da superare, ma se in questo tempo ci si desse la possibilità di crescere come individui al di là della coppia?

Non sarebbe questo stesso un grande dono che si porta nella coppia stessa, che poi nella presenza fisica può appagarsi di due individui solidi e che nella loro consistenza di singoli comunque si scelgono?

Il connubio: assenza e presenza di fatto rappresenta una dualità e non sono forse proprio le dualità, che ci fanno scegliere consapevolmente l’altr*, perché appunto siamo disposti ad accogliere entrambi i lati della medaglia con pari amore?

L’accoglienza del passato per seminare il futuro

Il tuo corpo è un campo minato:

nasconde gli amori, i pericoli passati.

Il ventre piatto non m’illude:

dovrei essere un artificiere

per arrivare incolume al piacere

[pag 25]

E se l’accoglienza della dualità significasse ulteriormente, avere la capacità di saper vivere ancor più pienamente il presente, vedendolo come un prodotto di un passato, solo in parte condiviso, ed un futuro che esiste proprio in funzione dello scegliersi reciprocamente e quotidianamente?

Certo potrebbe non esserci un “formale contratto” a suggellare l’impegno, eppure ci sarebbe qualcosa di più importante: la scelta consapevole e quotidiana, generata dall’accoglienza totale dell’altro e di noi stessi.

A quel punto sapremo accettare di abbandonare la pretesa di possedere eternamente un’altra persona come un dato di fatto, e invece impegnarsi affinché questo eterno si concretizzi giorno dopo giorno.

In fondo non ha mai senso trattenere a noi ciò e chi non vuole appartenerci, poiché semplicemente sarebbe un martirio auto inflitto che logora ancora di più ciò che è sofferente a causa dell’abbandono.

Chi ci dice addio

sparisce dietro le montagne.

E a poco serve alzarci

in piedi sul nostro cuore

per vederlo ancora.

[pag 76]

Piuttosto accogliamoci reciprocamente e amiamoci nella nostra essenza duale e sempre poliedrica, riscoprendo delicatezze sopite.

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

L’amore e le sue occasioni

Ci hanno insegnato, che l’amore “giusto” è quello che ha la pretesa di superare l’ “eternità caduca della vita dei nostri corpi. Ci hanno insegnato che fai la fatica all’inizio e tanto basta per il futuro. Io invece credo che questo risultato sia possibile, solo quando si è entrambi disposti a costruirlo dandogli concretezza in ogni giorno della propria vita condivisa, accogliendo le peculiarità della vita dell’altro come occasione per costruire una vita condivisa unica e meravigliosa.

Invece noi cosa facciamo?! Sovraccarichiamo l’amore di oneri che non gli appartengono, con il risultato che i nostri corpi continuano la loro vita e l’amore, che nella sua solidità e stabilità sempre merita di poter essere leggero, ci abbandona.

Così in bilico tra il tuffarsi in un nuovo amore, sperando che “stavolta” sia quello “giusto” e l’idea di abbandonarlo per sempre (perché capita a tutti che con il finire di un amore anche un pezzetto di cervello decida di abbandonarci, almeno per un po’), iniziamo a fare pensieri assurdi come: “io non amerò più”, “l’amore non fa per me”, “non sono capace di amare”, “con l’amore io basta!”.

Ecco che si è fatto largo un amore vuoto: l’amore occasionale, quello che non lascia nulla se non, nel migliore dei casi, un tiepido appagamento della carne. Insomma finiamo con il rinunciare all’amore, anzi all’Amore, perché ci ostiniamo – nonostante le batoste – a voler delegare a questo sentimento il compito di toglierci di dosso i nostri pesi.

E se ci amassimo davvero? E se anche per una sola notte ci amassimo davvero, cosa ci sarebbe di male?

E soprattutto cosa sminuirebbe l’intensità di ciò che si è provato e condiviso? Non di certo il tempo! Poiché la dimensione temporale, ha l’unico ruolo di mettere ancora più “fame” non di certo quello di sminuire l’intensità di un incontro.

In fondo è nella nostra stessa natura di esseri umani amare profondamente anche nel semplice lasso di tempo di un’occasione fortuita, con una persona incontrata per caso, e con la quale si sceglie di unirsi indipendentemente dal tempo, in un Amore completo perché totalmente sazio di emozioni e carnalità.

Penso che sia una delle forme di amore più puro quella in cui corpo ed emozioni si uniscono, prive di qualsiasi peso ulteriore legato al passato o al futuro.

“In questo momento semplicemente io e te esistiamo.

In questo luogo io e te ci amiamo.”

Ci amiamo si, anche se siamo due perfetti sconosciuti che non sanno nulla dell’altr*, ma che non solo accolgono questo momento senza paure o comunque affrontandole, ma ancora di più, è questo un incontro che lascia ad entrambi qualcosa di sorprendentemente inatteso: la consapevolezza di essersi arricchiti reciprocamente come esseri umani.

Ma non è che dal sesso

ci ricavi molti

se non hai il corpo

che sa farsi da parte

e diventare altro.

Chi ti abbraccia

deve sentire l’aria del primo mattino,

deve avere

gli alberi di Aprile

dentro gli occhi,

il grano di Giugno

sulla schiena.

Povera cosa il sesso

senza un buon uso

delle stelle, senza avere

confidenza con la morte.

[pag 76]

Amore a primo incontro

Che male c’è, mi chiedo? Che male c’è ad amarsi subito e completamente?

A vedere subito un proseguo e al contempo accogliere anche la possibilità che questo non ci sarà forse mai?

Non ci vuole poi molto a riconoscersi e ad iniziare ad appartenere all’altro.

Imbavagliato,

a testa china,

io sono l’ostaggio

mentre lei cammina

[pag 90]

Ed è proprio quando tutto è così chiaro e condiviso, che non sentiamo la frenesia del tutto e subito, che non forziamo nulla ma semplicemente accogliamo il benefico flusso. Ci hanno insegnato che l’amore “brucia” ma l’Amore è acqua non è fuoco, perché ci culla, guida, è sia quieto che impetuoso, coltiva, nutre e ancor più significativo, continua a fluire costantemente e permette di portare anche i fardelli più pesanti con leggerezza, non perché glielo imponiamo ma perché è nella sua natura rendere leggera ogni cosa.

Sembra contraddittorio rispetto a quanto detto prima eppure è così, dobbiamo dare all’amore la possibilità di alleggerirci ma non possiamo imporglielo.

A pensarci è un cambio totale che ribalta completamente tutto ciò in cui abbiamo sempre creduto sull’amore.

Lo faremo lentamente,

con intervalli profondi.

Ti porterò l’intero fiume

coi suoi tronchi.

[pag 25]

La variabile del tempo

Franco Arminio rivaluta quindi quello che è l’amore liberato dalle corde temporali, non perché condanni le unioni longeve, anzi queste sue riflessioni ci aiutino a coglierne ancora di più la rara bellezza. Semplicemente accoglie l’empiricità del fatto che di Amore ne esistono anche altre forme alle quali la società da un lato non ci ha abituati, dall’altro ha condannato come scariche a livello valoriale, applicando su queste una lettera scarlatta semplicemente perché nella frenesia della catalogazione di massa, come si possono contemplare tutte le forme di puro Amore che possono nascere fra due esseri umani?

Ho riflettuto a fondo su questo. Un po’ perché ne ho avuto il tempo nei miei primi due giorni braidesi, un po’ perché in questa esplorazione mentale sono stata aiutata da quelle che sono state le evoluzioni inattese che, nell’arco di poche ore, mi hanno donato tanta vita.

Così sono giunta a questa conclusione, che non ha la pretesa – anche in questo caso – di essere eterna, semplicemente di essere la più pura e semplice verità a cui ad oggi sono giunta.

L’amore è amore, che lo si condivida per una vita intera oppure per il tempo di una notte. E puoi essere cert* che è stato Amore quando ti accorgi che ha lasciato qualcosa di buono in entrambi, perché lo si è autenticamente condiviso.

Non è più amore quello che dura dieci anni, rispetto a quello che dura una manciata di ore. Semplicemente nel primo ci si da reciprocamente la possibilità di esplorarne tutte le sfaccettature, avendo il coraggio anche di accogliere quelle che potenzialmente non ci piaceranno, perché troppo è il desiderio di avere quelle che invece desideriamo come l’aria.

Nel secondo caso uno dei due, decide che seppur riconoscendo la forza e la bellezza di quell’incontro, non è dispost* ad accogliere entrambi i lati della medaglia. 

Che gran peccato penso io, quando capita questo.

Eppure sarebbe stato ancora più uno spreco, negarsi anche il breve tempo che ci ha uniti.

Invidio

chi c’è nella tua stanza

e può ascoltare la tua voce:

una tazza, una matita,

una pianta.

[pag 30]

Accogliere il dominio e la sottomissione dell’amore

Una cosa è certa: l’amore richiede cuori impavidi, cuori da leone che come cavalieri devoti, si sottomettono (e qui prendo in prestito un’immagine di Carroll) alla loro Regina di cuori.

Sottomettersi all’altro reciprocamente, ancor più se avviene in contemporanea, è una delle esperienze più mistiche che io abbia sperimentato e che in generale ciascuno di noi potrà sperimentare nella sua vita.

Amore è unione, e unione è pura preghiera ma non in termini religiosi, piuttosto spirituali. Due corpi, due menti e tutte le emozioni che ne derivano, induco entrambi ad affidarsi completamente all’altro, con una fiducia che semplicemente si accoglie come tale, senza interrogarsi sul perché in maniera così naturale, accogliamo l’altro e ci lasciamo accogliere da esso.

Darsi a qualcuno è possibile

solo se sappiamo che l’amore

è una preghiera.

[pag 76]

Rimanendo sul puro piano emotivo, lasciarsi dominare significa avere profonda consapevolezza che l’altr* pur essendo nella condizione di ferirci sceglie e sempre sceglierà di farci del bene, perché accoglie il suo “nuovo” ruolo: colui/colei che trova appagamento nel prendersi cura di noi, così come noi vogliamo fare lo stesso a nostra volta, continuando nel mentre a far crescere le nostre singolarità di individui in armonia con l’altro.

Non è anche questa capacità di accogliere la dualità che si crea in un incontro fra due persone.

Prendendo in prestito il titolo stesso di questa raccolta di poesie d’amore, affermo che quando ci succede, tocchiamo l’infinito senza farci caso.

Non l’amore che ferisce ma la sua assenza

Insomma a conti fatti c’è effettivamente la possibilità di farsi del male ad un certo punto, ma è questo un motivo sufficiente per rinunciare anche alla bellezza di un Amore pienamente vissuto?

Penso di no, nonostante tutte le ferite ricevute, penso che si debba continuare ad accogliere l’Amore.

É certo che l’amore nella sua assenza, sia ciò che più di ogni altra cosa è in grado di romperci. Ma è proprio quando c’è stato tanto amore, che questo ha la capacità di farci brillare – se gliene diamo l’occasione – anche dopo il suo averci lasciati, perché per sua definizione l’Amore lascia qualcosa di bello e tutto illumina.

Se mi ferisci

mi dai

ciò che mi aspetto

dalla vita,

io sono cresciuto

in braccio

a una ferita.

Spezzami in due,

il buono

è la luce che nasce

quando ci spacchiamo.

[pag 42]

Accogliere l’amore

Tutto parte sempre da un incontro casuale, un incontro qualsiasi, inaspettato, imprevisto, completamente fuori da qualsiasi previsione in quel determinato luogo e in quello specifico momento. Eppure capita! Capita che due persone si incontrino, capita che si diano reciprocamente la possibilità di amarsi e capita che abbiano la capacità di costruirsi un bel pezzo di vita insieme e di rimanere pienamente se stessi. Quindi ad esempio una casa rimarrà una casa, come anche un campo aratro resterà tale, parimenti un pozzo e una fontana, eppure nell’unione con l’altro ciascuno di loro troverà l’ “uso” migliore delle proprie singole qualità, nell’unione con l’altr*.

L’amore è quando due persone

fanno una contrada.

Una è casa e l’altro è campo arato,

uno è pozzo e l’altra fontana,

una è la finestra e l’altro cane

che attraversa la strada.

[pag 110]

E come può esserci paura nell’essere la migliore versione di se stessi, anche, grazie a quella persona che sin dal primo incontro ci ha mostrato, nella naturalezza della non intenzione, tutto questo?

Semplicemente ama quindi, ampliando il concetto di “occasionale” che la società ci ha imposto, perché in realtà occasionale significa sia cogliere l’ “occasione”, sia crearne di nuove per essere autenticamente felici, condividendo la propria vita, trovando il proprio ritmo fatto di perfetto equilibrio tra distanze e presenze.

Sinossi

“Io non so che cosa sia l’amore. So cosa sono le intimità provvisorie. Non pensate a godimenti fuggitivi, a divagazioni non matrimoniali. Solo una visione vecchia di noi stessi e degli altri ci può far pensare all’amore come una cosa che prima non c’è e poi scompare e poi finisce. A me sembra che ci sono parti di noi che sono sempre in amore e altre che sono in fuga, sepolte e irraggiungibili. Ogni incontro bello, ogni intimità attinge un giacimento mitico e poetico del quale dobbiamo smettere di aver paura. L’amore è una dimensione intimamente locale, si svolge sempre in un luogo ed è inedito ogni suo gesto. Il luogo dell’amore è il corpo. Corpo che diventa foglia, albero, paesaggio. Corpo che fa ombra e fa luce, corpo assoluto e cordiale, per un’ora o per mezzo secolo. Riconoscere questa specificità dell’amore è la forma di resistenza alla globalizzazione delle emozioni, alla dispersione dell’intensità. Il corpo amoroso ci richiama alla vita da vicino, al suo sapore locale, preciso.”

Le poesie di Franco Erminio sono il resoconto quieto e febbrile di un cammino umanissimo e pure percorso dall’anelito a qualcosa di più grande. La parola poetica diventa rivelazione di una scintilla divina tra le nostre mani e canta un amore che forse non ci salva, ma senza il quale saremo soli in balia del tempo che scorre.

Info bibliografiche

Titolo originale: L’infinito senza farci caso (italiano)

Autore: Franco Arminio

Prima pubblicazione: Ottobre 2019

Prima pubblicazione in Italia: Ottobre 2019

La mia edizione: I edizione Ottobre 2019

Editore italiano: Giunti – Bompiani

Collana: –

Genere: Poesie

Numero di pagine: 122

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Gillo Dorfles e l’arte come strumento pedagogico

Gillo Dorfles e l’arte come strumento pedagogico

Recensione dell'Abbecedario di Gillo Dorfles del 2021

ARTERAGAZZI

Gillo Dorfles e l’arte come strumento pedagogico

42 disegni che danno vita alle lettere dell’alfabeto e ai numeri. Nell’ Abbecedario di Gillo Dorfles l’arte e il disegno diventano strumenti pedagogici per eccellenza.

Da emulare alla prima occasione.

9 DICEMBRE 2022 – TORINO

ARTERAGAZZI

Abbecedario di Gillo Dorfles

Una raccolta di 42 disegni realizzati dallo stesso Gillo Dorfles per i suoi due nipoti Piero e Giorgetta, all’epoca in cui stavano ancora imparando a leggere e scrivere. In occasione dell’uscita dell’abbecedario di Gillo Dorfles è stata realizzata a Milano una mostra in cui sono stati esposti questi disegni che realizzati su carta carbone hanno rivisto la luce dopo essere stati chiusi in una cartellina per 70 anni.

Le lettere dell’alfabeto e i numeri si fanno  grande gioco di scoperta e fantasia nelle mani del maestro del pensiero estetico.

Educare con l’arte

Così si apre la prefazione scritta da Piero e Giorgetta Dorfles nel Marzo del 2021. I due nipoti del celebre l’artista e critico d’arte da cui hanno avuto il privilegio di essere accompagnati nella loro crescita culturale, rimarcano l’importanza di questo testo oramai desueto come può esserlo ai giorni nostri l’abbecedario. Eppure immediatamente dopo averlo sfogliato, iniziamo a pensare che forse ancora oggi è tanto importante così come lo era per lo stesso Pinocchio quando deve andare a scuola e protesta:

“Mi manca il più e il meglio“.

“Cioè?“, chiede perplesso Geppetto.

“Mi manca l’abbecedario“.

Geppetto per comprarglielo è costretto a vendere la sua vecchia casacca di fustagno “tutta toppe e rimedi” e rientra in maniche di camicia; fuori nevica. Pinocchio capisce, lo copre di baci e corre verso il paese. Strada facendo, tra sé, dice:

“Oggi alla scuola voglio subito imparare a leggere, domani poi imparerò a scrivere e domani l’altro imparerò a fare i numeri”.

Abc…e tutte le lettere ma anche i numeri

42 disegni per 42 parole e non parole qualsiasi che si possono trovare in un qualsiasi abbecedario scolastico. Ma parole che scatenino curiosità che sono onomatopeiche e persino il simbolo del punto interrogativo che per gli amanti della musica, come del resto lo sono i bambini, trova “personificazione” in un basso. Ed è forse proprio il punto interrogativo che ci fa riflettere, perché seppur sembra una stonatura alla fine esprime il concetto finale che è quello di insegnare ai bambini ad interrogarsi su tutto ciò che li circonda.

Ma quei disegni raccolti in questo abbecedario, sono molto di più: un gioco tra nonno e nipoti perché spesso capitava che lo stesso Dorfles li chiamasse nel suo studio per completare un disegno che aveva iniziato, magari anche semplicemente per colorarlo e ovviamente per chiedere a Giorgetta di scrivere in “bella grafia” la parola che il disegno di quella speciale lettera rappresentava.

Probabilmente l’aspetto pedagogico più importante che si possa sperimentare, dopo aver preso tra le mani un riferimento educativo di questo tipo, è quello di provare a nostra volta il gioco delle parole che diventano arte per imparare anche il legame: quello che si crea tra una lingua e chi la impara.

Ed è questo uno dei legami più significativi perché alla fine quello che pronunciamo, le parole che abbiamo nella nostra mente e che facciamo uscire dalla nostra bocca per comunicare con gli altri, dicono tutto di noi! E quindi proporre la comprensione linguistica ad un livello così profondo e in un’età così determinante, è certamente un regalo importante e significativo che possiamo fare ai bambini con cui ci apprestiamo a fare questo gioco.

Il disegno come pretesto pedagogico 

Qui lo dico e qui mi impegno a farlo: qualora avessi modo di fare un disegno assieme ad un qualche bambino certamente farò il gioco dell’abbecedario di Gillo Dorfles. Farò con lui, con lei o con loro il gioco di dare una forma ad una lettera (che per un bambino è ancora semplicemente un suono), alternando quelli che sono termini più semplici, rispetto a quelli che possono richiedere una spiegazione che inizia ad essere più articolata. In agguato ci sarà il gioco dei perché di Gianni Rodari e magari si arriverà anche ad unire a qualche disegno poche righe di testo, scritte insieme, che possano esplicitare maggiormente la sensazione che si è provata mentre si faceva quel disegno. Un approfondimento riguardo la scelta dei colori caldi piuttosto che freddi, dei pastelli piuttosto che dei pennarelli o perché no, la scelta fra tempere o acquerelli.

L’arte non si colleziona…è pop

Gillo Dorfles è una figura in ambito artistico a me particolarmente cara, poiché ho studiato la storia dell’arte sui suoi “Itinerari nell’arte“ e imparato che l’arte è tangibile. Il suo modo di raccontarla ti fa nascere dentro il desiderio di fruirla, di impararla, di conoscerla e apprezzarla al di là della smania del collezionismo (mai acquisterà infatti opere d’arte, eppure sempre avrà nel corso della sua vita relazioni di stima e amicizia con artisti importanti).

Un’arte tangibile è quella che ci propone Dorfles, un’arte concreta quasi pop di massa per dirla alla maniera di Andy Warhol.

Questa è la grande potenza che ha trasmesso Gillo Dorfles a chiunque in un modo o nell’altro lo abbia incontrato. Entrare nell’arte e lasciare che l’arte entri dentro di te in ogni sua forma, fosse anche semplicemente un disegno realizzato per amore dei propri nipoti con l’obiettivo di offrire loro una conoscenza che potesse appartenergli davvero.

Disegno per conoscere, conosco perché disegno

Nei miei studi storico-artistici e architettonici, quello che mi è sempre stato trasmesso e insegnato da questo o quell’altro docente, era che per conoscere qualcosa bisognava disegnarlo perché se sapevi disegnarlo significava che lo avevi compreso.

Ecco, mi ritengo una privilegiata in questo senso perché penso che Gillo Dorfles approverebbe assolutamente questo grandissimo insegnamento che ho ricevuto e che tutt’oggi applico.

Lettere e numeri

A: aah
B: buongustaio – Babao
C: camaleonte
D: dente – doccia
E: eleganza
F: freddo
G: gorgo
H: ha ha
J: Innocente
K: – 
L: lampreda
M: macaco
N: naso
O: ombelico
P: pettine
Q: –
R: rodomonte
S: serpe
T: tau
U: ugola
V: valzer
W: walhalla – wally
X: xeres
Y: y greco
Z: zebra
?: basso

1: ometto proboscidone
2: cigno
3: luna
4: vigile
5: generale
6: foca
7: piripillo trombettiere
8: pancione
9: faccione
10: Gli sposi

Info bibliografiche

Titolo originale: Abbecedario (Italiano)

Titolo: Abbecedario

Autore: Gillo Dorfles

Prima edizione italiana: Marzo 2021

La mia edizione: Prima edizione – Marzo 2021

Editore italiano: Bombiani

Genere: Per ragazzi

Numero di pagine: 86

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Tra le ore che diventano giorni si intreccia la storia di quattro donne

Tra le ore che diventano giorni si intreccia la storia di quattro donne

ROMANZO

Tra le ore che diventano giorni si intreccia la storia di quattro donne.

La profonda connessione che c’è tra le donne è ciò che celebra Le ore di Michael Cunningham.

9 AGOSTO 2021 – ROMA

ROMANZO

Le ore di Michael Cunnigham. Ecco la mia recensione.

Alla prima lettura non avevo decisamente compreso il senso di Le ore di Michael Cunningham; in realtà (differentemente da come di solito mi capita), non ricordo la sensazione che ho provato quando l’ho acquistato, e nemmeno il perché io l’abbia scelto. Probabilmente credo fosse proprio per il mio volere leggere il libro di un autore che non conoscevo; infatti Le ore è il primo romanzo di Michael Cunningham che leggo.

Il titolo ovviamente suggerisce un tema importante che è appunto quello del tempo, del suo scorrere più o meno lento, del suo concederci di fare o non fare determinate esperienze, o di vivere esattamente quelle emozioni che solo la sua abbondanza o assenza, è in grado di farci provare.

Le ore, e per estensione il tempo fatto anche di istanti (si pensi alla scena della finestra e di Richard), costituiscono ovviamente un nodo significativo nelle vicende che Cunningham intesse e ci narra. 

Viene da chiedersi se sia il tempo a governarci, o se siamo noi a governare lui, chiudendolo in un orologio da taschino; come era costume all’epoca di Virginia Wolf, che muore suicida nel 1941.

Nemmeno io in un primo momento avevo capito la reale connessione che c’era tra le tre donne, le tre protagoniste di Le ore di Michael Cunningham, e onestamente non mi era affatto chiaro il perché uno scrittore scrivesse di una “storia nella storia”(neanche stessimo guardando Inception, film che tra l’altro amo profondamente!), eppure lo fa, e ci riesce conquistando prestigiosi riconoscimenti come:

  • Premio Pulitzer 1999 per la letteratura
  • il Pen/Faulkner Award
  • il Premio Grinzane Cavour 2000 per la narrativa straniera.

L’autore prende a soggetto proprio Virginia Wolf, “ritratta” mentre scrive il suo celebre romanzo: la Signora Dalloway. Ed è proprio quello stesso romanzo che Laura Brown porta con se nel giorno in cui decide di evadere della sua vita, chiudendosi in una stanza d’hotel con un libro, quel libro. E che per ironia (letteraria) è esattamente il nomignolo che viene scelto per Clarissa Vaughan dal suo caro Richard. Il tutto si intreccia alla perfezione, dando quasi l’impressione che nella realtà i fatti possano effettivamente essersi svolti in questa maniera, e che così potranno ripetersi uguali a se stessi, in maniera ciclica, negli anni a venire.

E c’è anche lei,, Clarissa non più la signora Dalloway: non c’è più nessuno a chiamarla così…
E a un’altra ora davanti a sé.“venga, signora Brown,“ dice. “È tutto pronto.“

Con queste parole Cunningham sceglie di sottolineare nell’ultima frase di Le ore, quella che è la ciclicità del tempo, quello che è il chiudersi di un cerchio che è arrivato al suo giro conclusivo con la morte di Richard e che, forse ha un nuovo inizio, in un rapporto che fino al capitolo conclusivo non era stato introdotto: quello tra la donna che ha amato Richard e quella che lo ha messo al mondo. Così che oltre ad essere unite dalla “fantasia” di Richie, ora forse lo sono anche perché le loro! di vite effettivamente sono affini.

 

Naturalmente, no: lei vuole essere amata.

Laura e Clarissa sono sí due donne diverse e con età diverse, eppure entrambe hanno provato (l’una) e provano (l’altra), quella che è l’insoddisfazione di una vita vissuta in maniera ordinaria, essendo private entrambe del loro vero amore, dell’amore verso se stesse e verso la vita in generale.

Ecco, la vita, questo è davvero l’argomento verso il quale Michael Cunningham ci invita a rivolgere il nostro pensiero. La vita con tutto ciò che la rende tale!

La vita che scorre mentre rinunciamo alla nostra natura, per assecondare lo stereotipo che ci impone di essere in un determinato modo (Laura che in realtà ama _————), la vita alla quale rinunciamo in maniera estrema perché non la vogliamo più (Virginia che sceglie di suicidarsi), la vita dalla quale vogliamo fuggire perché priva di emozioni degne di essere vissute (Clarissa che preferisce ricordare un passato che poteva essere e non è mai stato).

Ha tre anni più di lui (c’è qualcosa di vagamente indecoroso in questa differenza, qualcosa di vagamente imbarazzante).

Di questo leggiamo: di pezzi di vita di queste tre donne che vivono in momenti diversi, in età diverse, in luoghi diversi, in realtà diverse. Eppure tutte e tre hanno l’animo tormentato, perché non c’è alcun amore travolgente che si impossessa del loro cuore, donando, a ciascuna di loro, la vita che tanto desiderano.

“Ti amo” è abbastanza facile. “Ti amo” è diventato quasi ordinario.

É questo anche un tema significativo in cui ci imbattiamo, l’amore; tanto nella sua assenza o freddezza (Laura e il marito; Clarissa e Sally), quanto nel non essere corrisposto (Richard & Clarissa), quanto ancora nella sua manifestazione infelice o superficiale tra persone dello stesso sesso (Richard e i suoi amori tra cui Louis; Laura e la sua vicina di casa; Julia e Mary; Louis e Hunter).

Oppure ancora l’amore incerto di una madre verso il figlio e di un figlio verso la madre…

Mamma ti amo

…e l’amore che non sboccia (Clarissa e Louis), a dispetto della volontà di unirsi anche in quella maniera.

E mentre l’amore unisce, la sua assenza crea distacco e voglia di evadere, di andare altrove, di fuggire. Ed ecco che incontriamo un altro tema: quello della fuga.

Lo incontriamo quando Virginia si uccide (seppur nel romanzo non è descritto l’evento il lettore ne è comunque consapevole), quando va in stazione per fuggire da Charleston. E ancora quando Laura prende una stanza in hotel per fuggire dal suo quotidiano (ci resta infatti per poche ore, in compagnia del libro della Wolf), o quando Clarissa fantastica su quella che avrebbe potuto essere la sua vita se… E ovviamente il gesto estremo e teatrale di Richard che sceglie di volare via, da quella che era la prigione della sua malattia, del suo corpo, della sua casa, della sua vita e persino della sua stessa arte.

(…) e che se ne andasse vi sarebbe felice, o più che felice. Sarebbe se  stessa.

La morale che colgo in questo intreccio di tormenti, a prescindere che l’autore volesse comunicarcene una, è questa: che la vita è una, che la vita va vissuta esattamente come vogliamo e con chi vogliamo, e al massimo dell’intensità di eventi, esperienze ed emozioni che siamo in grado di custodire in noi mantenendo quell’equilibrio che abbiamo costruito mattone dopo mattone per tutta la nostra vita. 

Odia trascorrere le sue ore buone a fare qualsiasi altra cosa che non sia scrivere.

Fatto questo, è sano tanto guardare al passato sia con affetto che con nostalgia, ma il nostro obiettivo più grande è la concretizzazione di un futuro che al massimo può superare le nostre aspettative, ma mai esserne al di sotto.

E per tutto ciò che la vita ci riserva, che non era in programma e che mai avremmo immaginato ci capitasse, accogliamolo e facciamo anche di questo, qualcosa di straordinario, così che nel complesso l’intera nostra esistenza possa essere unica, soddisfacente e che in tutte “le ore” e gli istanti che la compongono noi possiamo effettivamente esserne grati e felici, consapevoli che meglio di come abbiamo fatto possono farlo solo i nostri successori, ai quali lasciamo la nostra eredità, affinché usino al meglio il loro tempo e facciano errori diversi da quelli che abbiamo (forse) fatto noi.

Non rimpiangerà le possibilità che ha perduto, i suoi talenti inesplorati.

E comunque amiamo la città, il mattino; più di ogni altra cosa speriamo  di averne ancora. Solo il cielo sa perché lo amiamo tanto.

Personaggi

  • Virginia Woolf: autrice del libro e raccontata nei momenti più feroci della depressione che la portò a togliersi la vita
  • Laura Brown: casalinga e una madre di famiglia che nell’America degli anni cinquanta, anche grazie al libro della Woolf, troverà il coraggio di cambiare vita
  • Clarissa Vaughan:  un’intellettuale newyorkese che dai tempi del college vive col nomignolo di Mrs. Dalloway per le sue somiglianze col personaggio creato da Virginia Woolf
  • Oliver: marito di Clarissa
  • Sally: compagna di Clarissa
  • Walter Hardy: lavora per Oliver
  • Virginia:
  • Quentin: figlio di Virginia
  • Angelica: figlia di Virginia
  • Leonard: marito di Virginia
  • Nelly: domestica di Virginia
  • Vanessa: sorella di Virginia
Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

Info bibliografiche

Titolo originale: The hours

Autore: Michael Cunningham

Prima pubblicazione: 1998

Prima pubblicazione in Italia: 1999

La mia edizione: Ottobre 2001

Editore italiano: Bompiani

Collana: Tascabili

Genere: Romanzo

Numero di pagine: 166

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L’equilibrio è un’arte che si pratica

L’equilibrio è un’arte che si pratica

Copertina del libro “L’arte dell’equilibrio” di Osho del 2003

GROWTH, MIND & BODY, SELF HELP

L’equilibrio è un’arte che si pratica

L’arte dell’equilibrio è una raccolta postuma di quello che era il pensiero di Osho, uno dei più importanti, tra i maestri spirituali indiani. Anche se il volume è piccolo, ne consiglio una lettura lenta e sentita come se si stessero ricevendo dei consigli da chi sappiamo ci dirà “cose” per il nostro bene.

3 GENNAIO 2021 – ROMA

GROWTH, MIND & BODY, SELF HELP

L’arte dell’equilibrio di Osho. Ecco la mia recensione.

L’arte dell’equilibrio è una raccolta postuma di quello che era il pensiero di Osho, uno dei più importanti, tra i maestri spirituali indiani.

Nel momento in cui Osho decise che la sua vita non era nell’insegnamento accademico (era infatti professore di Filosofia e quindi rettore universitario), diede vita a una “comunità spirituale” che ancora oggi, a Puna in India, séguita ad essere un punto di riferimento mondiale.

La morte del Maestro di Realtà avvenuta nel 1990, non poteva infatti porre fine alla missione della vita di quest’uomo, che ha saputo diffondere ad un così grande numero di persone, l’amore per la vita.

Io sono qui per sedurti all’amore per la vita.

Il lavoro di Osho, fu principalmente dedicato al risveglio della consapevolezza. Nel momento infatti in cui l’uomo e la donna acquisiscono consapevolezza, hanno trovato ciò che cercavano,

Quando un uomo ha trovato la consapevolezza dentro di sé, ha trovato la chiave dell’assoluto.

e il libro L’arte dell’equilibrio rende perfettamente fede a questa sua missione, essendo intriso di realtà.

Oggi ho assistito a un fenomeno stupendo e te lo voglio raccontare.

Una delle nozioni che ci rimangono dopo aver letto L’arte dell’equilibrio di Osho, è che il corpo e la mente sono un tutt’uno

L’uomo è un tutto (…) dovrebbe essere considerato come un organismo preso nella sua totalità e integrità.

ed è solo la nostra diseducazione moderna a questa realtà, ad essere la causa di tutti i momenti in cui perdiamo la rotta o compiamo scelte che non sono in linea con la nostra essenza .

Fa’ ciò che la tua natura ti dice di fare, fa’ ciò che le tue qualità intrinseche ti portano a realizzare (…) comincerai ad andare nella direzione giusta, senza neppure pensare.

Avere consapevolezza di se stessi, significa mettersi nella condizione di avere rispetto non solo della propria persona, ma anche degli altri e del mondo che ci circonda.

Solo una persona consapevole può avere rispetto per altri esseri umani.

Ciascuno di noi riceve un imprinting iniziale, figlio del contesto in cui nasce e che parrebbe instradarci, verso ciò che la società, le tradizioni familiari, la cultura “ritengono” essere meglio per noi. Ma se percorressimo la strada che ci è stata “prescritta” allora compiremmo il più grande torto che una persona possa farsi: negare la propria natura.

Contro la natura non potrai mai essere sano, non potrai mai essere integro.

In questo processo di rivelazione e conoscenza del “se”, la meditazione è certamente la strada migliore da percorrere, perché in essa possiamo ascoltarci davvero e sentire il sussurro del nostro cuore e della nostra anima,

(…) devi guardare dentro di te, vedere dove sei.

avendo così la possibilità di capire chi noi siamo, quali sono davvero i nostri desideri e cosa ci rende profondamente felici.

Permetti alla vita di accadere.

Un invito quindi a fare della nostra felicità l’unico vero metro di giudizio,

Io sono un edonista, e la felicità è l’unico criterio che l’uomo possiede per valutare.

con cui vale la pena misurare la propria vita, e se le scelte che compiamo in ogni istante sono davvero quelle giuste per noi; se sono quelle che effettivamente cooperano alla nostra personale realizzazione ed espressione.

Sii sempre originale.

Anche il sesso, inteso come tantrico, in questo processo di accoglienza della propria individualità, ha un ruolo fondamentale. Nell’unione con un’altra persona possiamo raggiungere l’estasi, il momento in cui usciamo dal nostro corpo e semplicemente esistiamo come entità.

Per alcuni istanti il tempo si arresta e la mente non funziona. Per alcuni istanti non sai chi sei. In questo caso si tratta di un orgasmo totale [ed è meraviglioso].

È necessario abbandonare tutti i freni inibitori, tutti i preconcetti che culturalmente fanno leva sui nostri sensi di colpa, allontanandoci dalla libera condivisione di noi stessi.

Liberati di tutte le tue inibizioni.

Anche lo “sbaglio” viene duramente considerato, eppure commettere errori ci rafforza e coopera alla manifestazione della giusta via,

Fate tutti gli errori possibili, ricordate solo di non ripetere mai lo stesso errore. In questo modo crescerete.

alla manifestazione della capacità di scelta, consentendoci di riconoscere il nostro autentico percorso.

Se ti imbattessi subito nella porta giusta, non saresti in grado di riconoscere che è quella sbagliata.

L’estasi può e dovrebbe essere un’attitudine, qualcosa che si manifesta in ogni cosa che siamo. Purtroppo in ogni nostra azione è la mente quella che prevale, quella che ci indica cosa fare e cosa non fare.

L’estasi è la più grande rivoluzione possibile.

La grande rivoluzione è infatti non nel fare, ma nell’essere ciò che facciamo, mettendo noi stessi in questa o in quella cosa, e sperimentando quindi in ogni momento l’interezza, l’immersione profonda in noi stessi; perché la verità risiede nel fatto che è il nostro essere ad agire e a trovare espressione in quello che facciamo, al pari di un artista.

Essere uniti a qualcosa, fluire con qualsiasi cosa la vita porti, esserne totalmente coinvolti, scorrere così totalmente da non esistere più, da perdersi completamente…in questo caso ecco la beatitudine.

Il movimento dei corpi come forma d’arte e di piacere

Mi viene in mente l’action painting, dalla quale sono sempre stata particolarmente affascinata. Ebbene, in quel momento l’artista non è solo strumento che crea la sua arte, ma è intrinsecamente l’arte! Esprime chi è nella sua più pura essenza, trasferendosi direttamente nell’opera, senza avere alcuna inibizione mentale o sociale, che avrebbero immancabilmente castrato una magnifica espressione della propria individualità.

Se corri, diventa il correre, non il corridore.

Fare scelte che siano “per noi”, è ben diverso dall’essere egoisti (come invece ci viene puntualmente ricordato), è anzi la massima manifestazione di altruismo, poiché esprimendoci possiamo non solo unirci ad altri (nelle molto maniere possibili), ma anche offrire al mondo la nostra verità, colma di piacere e gioia profonda.

Quando cominci a decidere per te stesso, in te sorge una grande acutezza.

In altre parole amandoci e rispettandoci, accettiamo la supremazia dell’equilibrio, e la sua manifestazione è un dono tanto per noi, tanto per tutto quanto ci circonda.

L’uomo sboccia soltanto quando vive in modo totale.

Probabilmente il contenuto di questo libro avrebbe potuto essere scritto in maniera più organica; si percepisce infatti la sua natura di raccolta e dunque in alcune occasioni si ripete quanto detto, o si nota un’assenza di continuità. Ciò nonostante è una lettura che è un brodo caldo per l’anima, e che ci dà l’impressione che il suo messaggio arrivi direttamente dove deve, senza neanche passare per il cervello.

Il tuo corpo è energia, la tua mente è energia, la tua anima è energia (…) Se queste tre energie funzionano in armonia, tu sei sano e integro. (…) con queste tre energie creerai un cosmo (…) e quando funzionano all’unisono, accade il quarto stato.

Appena si iniziano a leggere le pagine de L’arte dell’equilibrio, la sua realtà rivelata inizia a fare il suo lavoro, e agisce aumentando appunto la nostra consapevolezza e di conseguenza l’accettazione di chi siamo davvero.

L’estasi per eccellenza [è] l’accettazione.

E’ imprescindibile in tal senso il ripristino del nostro equilibrato stato di natura, che non deve essere cercato ma ricordato, perché ha sempre fatto parte di noi,

Tu sei nato estatico.

e per far ciò dobbiamo riabituarci ad agire in maniera cosciente, con intenzione

Fate ogni passo in piena consapevolezza.

Questo punto è a mio avviso particolarmente interessante in quanto ci mostra una diversa angolazione: nella maggior parte dei casi ci imbattiamo in testi e/o personaggi che ci muovono alla fiducia, quindi al credere per così dire.

La consapevolezza è l’inizio della trasformazione.

La consapevolezza è invece conoscenza profonda di noi stessi e del mondo che viviamo, e questa è forse la lezione più importante che possiamo trarre leggendo L’arte dell’equilibrio di Osho.

La verità è intelligenza totale.

Info bibliografiche

Titolo originale: Body Mind Balancing by Osho

Autore: Osho

Prima pubblicazione: 2003

Prima pubblicazione in Italia: 2004

La mia edizione: IV edizione Bompiani Giugno 2009

Editore italiano: Bompiani

Collana: –

Genere: Auto aiuto, Mente e corpo

Numero di pagine: 243

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Capitoli

Capitolo uno – L’intelligenza del corpo

Connessioni corpo mente

Capitolo due – Decodificare i condizionamenti negativi nei confronti della vita

Perché scegliamo di essere infelici

Due stili di vita

Il corpo ti è amico

Il fantasma del dovere

Non restare aggrappato all’infelicità

Sii consapevole della beatitudine

Una sinfonia di gioia

Capitolo tre – Le condizioni di sfondo per stare bene

Prendi contatto con il tuo corpo

Sii vero con te stesso

Rilassati nella vita così come viene

Da’ spazio alla saggezza del corpo

Una risata ti dà integrità

Capitolo quattro – Sintomi e soluzioni

Consapevolezza primaria del corpo e delle tensioni

Sentirsi sconnessi dal corpo

Tensione e rilassamento

Tensione nello stomaco

Rigidità e mancanza di flessibilità

Dolore alle spalle e al collo

Consapevolezza del piacere e del dolore

Sensazioni negative rispetto al corpo

Un problema di donne: bella o brutta?

Frigidità

Impotenza

Consapevolezza della sfera emotiva e dei passaggi della vita

Sentire il corpo dall’interno

Provare alti e bassi

Invecchiamento

Il sonno e la consapevolezza

Difficoltà ad addormentarsi

Insonnia

Consapevolezza del proprio risveglio

Risvegliare i sensi

Rigidità nella parte bassa del corpo

Malattie legate allo stress

Ipocondria: un eccesso di consapevolezza del corpo

Capitolo cinque – I poteri di guarigione della meditazione

Gli effetti delle meditazioni attive di Osho

L’arte di lasciarsi andare

Meditare ogni giorno

Rilassato e a tuo agio

Capitolo sei – Le porte della consapevolezza

Il centro e la circonferenza

L’armonia di corpo mente e anima

Dalla meta alla celebrazione

Ricorda colui che dimora in te

Capitolo sette – Parlare alla mente e al corpo

Come utilizzare il CD allegato

Preparazione alla meditazione

 

Citazioni di Osho

La mente è la parte interna del corpo, il corpo è la parte esterna della mente.

 

Ha[i] di fronte una sfida: accettala e godine!

 

Lascia che sia la felicità l’elemento su cui fondare una scelta.

 

I tuoi pensieri sono come frutti. Le tue meditazioni sono come fiori.

 

Dal fango nasce il loto.

 

Coerenza, ritmo, armonia!

 

La mente è la parte interna del corpo, il corpo è la parte esterna della mente.

 

La salute è una sensazione di benessere: tutto il tuo corpo funziona alla perfezione senza disturbi, senti un sottile benessere, avverti di essere un tutt’uno in sintonia con l’esistenza.

 

(…) ma la vita consiste di piccole cose.

 

Rispetta te stesso, rispetta la tua voce interiore e seguila.

 

Oggi ho assistito a un fenomeno stupendo e te lo voglio raccontare.

 

La vita va avanti rapidamente: è dinamica, non è statica, è un Gange.

 

É giusto tutto ciò che è in sintonia con l’esistenza.

 

Vado dove mi porta il vento.

 

Siate una luce a voi stessi.

 

Quando userete la vostra consapevolezza? Quando?

 

Prendi in mano le redini della tua vita. Tu devi decidere per te stesso.

 

Quando cominci a decidere per te stesso, in te sorge una grande acutezza.

 

La verità accade agli individui.

 

Sii un individuo (…) accetta tutte le sfide in modo che possano affinarti, e far brillare la tua intelligenza.

 

(…) devi preparare in te lo spazio adatto perché possa accadere.

 

Gioisci di essere come sei!

 

Tu sei nato estatico!

 

Causa ed effetto sono connessi.

 

La cosa più semplice nell’intera esistenza è essere se stessi.

 

La beatitudine è un lusso, il più grande dei lussi.

 

Diventa sempre più consapevole del piacere, della gioia, di ciò che è positivo.

 

Lascia spazio alla vita, fidati della vita (…) e l’energia inizierà a scorrere in tutte le parti in cui finora le è stato impedito fluire.

 

Tu devi diventare più fluido.

 

Lascia che il tuo parlare sia appassionato.

 

La vita dovrebbe essere passione, passione vibrante, pulsante, energia straripante.

 

Non sei obbligato a fare alcunché, ma qualsiasi cosa ti senti di fare, falla realmente.

 

Ascolta il tuo corpo!

 

Resta presente.

 

La vita è un’espansione dell’energia.

 

Ogni volta che esiste un conflitto tra la mente e il tuo corpo, sappi che in pratica il corpo ha sempre ragione, ben più della mente, poiché è naturale, mentre la mente è un fenomeno sociale.

 

Gli hindu hanno definito il cuore “il sole del corpo”.

 

Sii vero con te stesso.

 

Ascolta ciò che tu vorresti essere (…) chiudi semplicemente gli occhi, e ascolta la tua voce interiore. La meditazione non è altro che questo: ascoltare la tua voce interiore.

 

Ricorda: se non sei in grado di piangere e lacrimare con totalità, non potrai mai neppure ridere, poiché quella è l’altra polarità.

 

Sii vero, non importa a quale prezzo. (…) resta sempre nel presente, poiché ogni falsità è frutto del passato o del futuro.

 

Essere qui e ora significa essere autentici.

 

Il corpo, la mente, il cuore.

 

Il rilassamento può trasformarti e farti toccare vette sublimi, e si tratta di una tecnica semplicissima.

 

Il fiume scorre verso l’oceano spontaneamente.

 

Tutto ciò che ti rende un’unità organica ti fa bene.

 

Il corpo e la mente operano all’unisono.

 

Solo un mutamento totale è un cambiamento reale.

 

Quando la mente è sana, è silenziosa.

 

Nel momento in cui sei radicato nel corpo, tutto diventa possibile.

 

Riporta in vita la tua infanzia! E ti sentirai rinascere.

 

Il rilassamento totale è il momento in cui si diventa un buddha.

 

Ogni esperienza non sia stata vissuta, ti rimarrà appiccicata addosso, persisterà: “Finiscimi! Vivimi! Completami!”

 

Ogni cosa deve essere fatta nel giusto ordine.

 

L’essere umano possiede un’incredibile energia, e più ne fa uso, più ne ha.

 

Accetta dunque la tua natura (…) devi essere ciò che sei: quella è la tua gioia.

 

È fondamentale che tu comprenda che tipo di persona sei.

 

È amato (…) è necessario.

 

Il corpo corrisponde sempre a ciò che viene concepito.

 

Innamorati di te stesso.

 

Ricorda: devi ricercare e trovare la bellezza reale. E ciò che è reale è eterno.

 

Ciò che è momentaneo non è altro che uno spreco di tempo.

 

[mentre fai l’amore] muoviti priva di controllo.

 

L’uomo è un edificio su tre livelli: il primo è l’animale, il secondo e l’umano, il terzo è il divino.

 

Assapora, assorbi in te ogni fragranza di quell’atto.

 

Il sesso dovrebbe essere un semplice stare insieme, un semplice dissolversi l’uno nell’altra.

 

Perditi quindi nell’oscurità della valle, godine la frescura e la pace: è così che ti guadagni un picco.

 

Il Tantra dice che l’orgasmo valle è superiore ai picchi orgasmici.

 

Devi lasciar accadere le cose.

 

Se (…) vengono toccate le radici, il cambiamento durerà per sempre.

 

Senti di più… sii sensuale.

 

Essere autentici significa non essere mai contro ciò che sta accadendo di per sé.

 

La persona autentica è qualsiasi cosa sia nel momento.

 

Stabilire degli orari permette al corpo di entrare in uno schema e rispettarlo.

 

Sfrutta sempre le opportunità che incontri per qualcosa di buono. Sii creativo con qualsiasi cosa.

 

E’ un momento bellissimo!

 

Goditi la situazione!

 

L’energia in eccesso nella tua testa si equilibrerà meglio nel corpo.

 

Fa’ qualsiasi cosa non richieda un gran pensare, un uso eccessivo dell’intelletto e divertiti…piano piano la testa si alleggerirà.

 

Diffondere l’energia a tutti i sensi non è contro la testa; è a suo favore.

 

Essere sensuali vuol dire essere aperti: le tue porte sono aperte e tu sei pronto a pulsare con l’esistenza.

 

La persona sensuale è liquida, scorre, è fluida. Con ogni esperienza, diventa quell’esperienza.

 

Essere sensuali vuol dire essere disponibili ai misteri della vita.

 

Se non iniziate a respirare dalla pianta dei piedi, non siete miei discepoli.

 

LAO TZU

Il confine del tuo essere corrisponde al confine del tuo respiro.

 

Quando stai facendo qualcosa molto lentamente, ne diventi profondamente consapevole.

 

Riuscirai a fare molto di più, una volta che avrai acquisito il tuo giusto ritmo.

 

Tutto fluirà meglio.

 

Tu sarai in grado di fare molto di più.

 

Ascolta sempre il tuo corpo: sussurra

 

Inizia a vivere!

 

Devi essere distrutto (…) solo così può nascere qualcosa di nuovo.

 

Persevera!

 

Se riesci a trovare un uomo che abbia la stessa innocenza e il rilassamento di un bambino, hai trovato un saggio.

 

Religione è conoscere ciò che è eterno dentro di te.

 

Libero dal senso di colpa, libero da qualsiasi inibizione, l’amore ti darà un’incredibile esperienza di abbandono.

 

Devi guardare nella tua vita, e vedere dove puoi trovare qualche esperienza naturale di abbandono.

 

Trasforma il lavoro in un’esperienza creativa.

 

La meditazione (…) è consapevolezza.

 

La meditazione è qualcosa al di là della mente, o al di sotto della mente, ma non è mai all’interno della mente stessa.

 

La concentrazione è uno sforzo della mente: porta al culmine le qualità della mente.

 

Ciò che è facile è la cosa giusta!

 

Il corpo è la parte più esterna di noi, la consapevolezza quella più interna, e il respiro è il ponte che li unisce.

 

Dovrai scendere un po’ più in profondità. Devi chiudere gli occhi e osservare dentro di te.

 

Tu hai la risposta dentro di te.

 

La consapevolezza è conoscere se stessi.

 

A volte puoi ingannare anche te stesso (…)  ma questo comportamento non può appagarti, non può darti alcuna realizzazione.

 

Lo sforzo stesso di raggiungere la felicità è assurdo. Infatti la felicità è presente, non può essere raggiunta; per realizzarla non si deve fare nulla, se non permetterle semplicemente di manifestarsi.

 

Rilassati, e quella beatitudine ti appaga; rilassati, e si riversa in te; rilassati, e ti travolge.

 

La tensione si ha quando si insegue qualcosa, il rilassamento affiora quando permetti qualcosa, gli lasci spazio.

 

La vita non può essere conquistata, perché la parte non potrà mai conquistare il Tutto. Sarebbe come se una piccola goccia d’acqua cercasse di conquistare l’oceano. Certo, la piccola goccia d’acqua può cadere nell’oceano e diventare l’oceano stesso, ma non lo può conquistare. Eppure, cadendo nell’oceano, scivolando in quella vastità, in un certo senso lo conquista.

 

Chi ha paura di morire avrà anche paura di vivere.

 

L’uomo consapevole vive nel corpo, lo ama, lo celebra, ma non è il proprio corpo.

 

Gli alberi sono radicati nel terreno (…) non vanno da nessuna parte…eppure la vita li raggiunge.

 

Sei tu che crei un’infinità di ostacoli, e il tuo più grande è questo tuo inseguire qualcosa.

 

La materia è energia.

 

La materia è molto più simile a un pensiero, che a una cosa.

 

La consapevolezza è energia allo stato puro.

 

Turiya è il quarto stato di energia, conoscerlo significa conoscere Dio.

 

Quando le mani sono unite l’elettricità corporea comincia a muoversi in un cerchio.

 

La consapevolezza richiede un impegno costante, la volontà di esplorare il proprio essere.

 

La consapevolezza è un imperatore.

 

Il rilassamento è una condizione in cui la tua energia è semplicemente presente, è lì con te!

 

Godi questo istante.

 

Tu devi solo celebrare, ti sei già realizzato…questo è rilassamento: energia immotivata.

 

Agisci senza motivazioni, per il puro straripare della tua energia.

 

Condividi, dona perché possiedi.

 

La parola estasi significa stare fuori. Stare fuori dal proprio corpo, sapere di essere separati.

 

 

 

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E tu te lo ricordi che sei stato un bambino curioso del mondo? Se lo sei ancora meglio!

E tu te lo ricordi che sei stato un bambino curioso del mondo? Se lo sei ancora meglio!

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E tu te lo ricordi che sei stato un bambino curioso del mondo? Se lo sei ancora meglio!

Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry venne pubblicato nel 1943 e da allora viene letto dai bambini e da quegli adulti che si ricordano, che una volta lo sono stati.

4 DICEMBRE 2020 – ROMA

RACCONTORAGAZZIGROWTH, MIND & BODY, SELF HELP

Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry. Ecco la mia recensione.

La prima volta che lessi Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry non lo capii davvero. Mi parve anzi una lettura obbligata e sopravvalutata.

La verità è che all’epoca ero troppo acerba per comprenderlo, e non avevo un “altro adulto” al mio fianco a tentare di spiegarmi qualcosa, che con il mio metro di allora probabilmente non avrei comunque capito.

Era il Maggio del 2014.

Nel 2020, anno in cui decido di riprendere in mano vecchie letture, approcciandomi a queste come fosse la prima volta, mi ritrovo a comprenderne il significato profondo, quello che ha reso Il piccolo principe, uno dei bambini (libri) più famosi al mondo, la cui storia viene letta dagli adulti e spiegata dai bambini.

Tutti i grandi sono stati bambini una volta.

(Ma pochi di essi se ne ricordano).

Il bambino biondo, protagonista di questo racconto breve è, nella mia chiave di lettura (perché ad oggi non ho avuto il piacere di confrontarmi ne’ con adulti ne’ con bambini, su questa lettura), non il bambino che c’è in ciascuno di noi, quanto piuttosto una lente, un consigliere, che ci permette di vedere la realtà di quella che è la nostra vita, la sua essenza nel momento in cui la priviamo delle sovrastrutture.

Ecco appunto cosa rappresentano l’elefante dentro un boa,

“E’ un cappello”.

Mi abbassavo al suo livello

e la pecora che dorme dentro la sua scatola…

Questa è soltanto la sua casetta. La pecora che volevi sta dentro.

… non tutto infatti può essere visto con gli occhi!

Quando uno vuole una pecora è la prova che esiste.

L’astronomo turco invece rappresenta la mancanza assoluta di fede, la necessità di conoscere esclusivamente attraverso prove empiriche, che vengono opportunamente catalogate con serie di lettere e numeri, riducendo ogni esperienza a un “punto” su una lista, ben etichettato e schematizzato.

Ecco perché un pianeta come quello del piccolo principe non avrebbe mai potuto chiamarsi “Il pianeta del piccolo principe” ma è stato chiamato asteroide B612.

Però fate una prova: voi, quale tra i due “nomi”, vi ricordate davvero?

Ovviamente solo un bambino può far dono ad un adulto di una lente così potente nella sua semplicità, perché appunto gli adulti, noi adulti

  • siamo troppo impegnati a dettare regole (Re),
  • a vantarci dei nostri risultati o presunti tali (Vanitoso),
  • a girarci dall’altra parte di fronte alle cose davvero importanti (Ubriacone),
  • a contare e quantificare cose che non sono nate per essere contate (Uomo d’affari),

perché credeva che contandole gli sarebbero appartenute

  • a fare e rifare qualcosa, incapaci di adeguare quel qualcosa alla nuova vita che stiamo vivendo (Lampionaio),
  • ad avere troppa paura per vivere davvero (Geografo).

La stessa Rosa, rappresenta non solo l’amore (con tutte le sue imperfezioni), quanto piuttosto la casa, l’appartenenza, la cura.

Soprattutto la capacità di tutto questo di essere totalizzante, quasi ingombrante nella vita di ciascuno di noi. Tant’è che a volte siamo spinti ad allontanarci, a intraprendere un viaggio che possa mostrarci altro, 

Io credo che egli approfittò,

per venirsene via,

di una migrazione di uccelli selvatici.

dandoci in questo modo la possibilità di renderci conto, che tutto ciò di cui abbiamo bisogno, è di prenderci cura l’uno dell’altro in maniera vicendevole, dimostrandoci amore.

L’essenziale è invisibile agli occhi.

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

Tutto il resto, in effetti, è utile solo nel momento in cui ci consente di assolvere a quest’unico vero compito. 

Un mondo meraviglioso,

fatto di poche cose ma tutte importanti.

Ecco che il piccolo principe ha bisogno solo di acqua per innaffiare il suo fiore, una campana e un paravento per proteggerlo e garantirgli un futuro, una spazzola per spazzare i camini di tutti i suoi vulcani, una pala per estirpare i pericolosi baobab, e la forza unita alla costanza per fare tutto questo. Ma soprattutto la presenza e la pazienza.

Bisogna essere molto pazienti.

La stessa volpe glielo insegnerà: la cosa più importante non è essere costantemente gli uni insieme agli altri, ma esserci nel momento in cui si è detto che ci saremmo stati!

Questo crea fiducia, legame e certezza che l’atro ci sarà per noi e noi per l’altro, perché saranno le azioni e non le parole, ad aver costruito e consolidato questa unione.

Le parole sono una fonte di malintesi.

In questo modo ci addomesticheremo e scopriremo che la stessa attesa, il tempo che ci tiene separati, in realtà ci unisce e ci rende consapevoli della fugacità del tempo e quindi ancora più capaci di apprezzare il dono di ogni singolo istante.

Scoprirò il prezzo della felicità!

Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai

a che ora prepararmi il cuore…ci vogliono i riti.

E ancor ci insegna che ogni giorno, ogni momento può speciale, se noi gli diamo questa possibilità.

“Che cos’è un rito?”

É quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni,

un’ora dalle altre ore.

Sulla Terra, soprattutto quando si diventa adulti, non è facile essere costanti, e questo il lampionaio ce lo insegna bene. 

Ma c’è un’altra qualità che il biondo bambino di sei anni ci insegna a suo modo, ed è la caparbietà. Quella dote che ci consente di ottenere ciò che vogliamo, e che è per noi irrinunciabile; anzi, quasi propedeutico alla nostra stessa capacità di continuare a vivere.

Il piccolo principe non rinunciava mai a una domanda che aveva fatta.

Certo è, che c’è sempre un giusto prezzo da pagare, qualcosa da dare o da accettare in cambio di qualcosa di davvero speciale, un sacrificio per cui vale la pena.

Devo pur sopportare qualche bruco se voglio conoscere le farfalle.

Così come è altrettanto importante essere ragionevoli e chiedere, tanto a noi stessi quanto agli altri, soltanto ciò che è in nostro (o in loro) potere raggiungere,

Se ordinassi a un generale di trasformarsi in un uccello marino,

e se il generale non ubbidisse, non sarebbe

colpa del generale. Sarebbe colpa mia.

perché non si può ottenere l’impossibile, a meno che non sia possibile. 

Esatto. Bisogna esigere da ciascuno quello che ciascuno può dare.

(…)

L’autorità riposa prima di tutto sulla ragione.

(…)

Ho diritto a esigere l’ubbidienza perché i miei ordini sono ragionevoli.

Ma se tutto questo sembra in un qualche modo fattibile, e alla portata di tutti, c’è qualcosa che è ad appannaggio di pochi: la saggezza. Quella capacità di giudicare bene ed equamente non soltanto gli altri ma anche, e soprattutto, se stessi.

“Giudicherai te stesso”, gli rispose il re. “É la cosa più difficile. É molto più difficile giudicare se stessi che gli altri. Se riesci a giudicarti bene è segno che sei veramente un saggio”

Ed è chiaro che solo dopo un’onesta valutazione possiamo ammirare qualcosa o qualcuno, ma soprattutto ciò che dobbiamo assolutamente, che ciascuno di noi dovrebbe fare, è ammirare se stesso, poiché solo questo sentimento può darci la misura di che genere di persone siamo, con noi stessi e con gli altri.

Ti ammiro, ma tu che te ne fai?

Probabilmente così come giudicare se stessi è la cosa più difficile, anche ammirare se stessi richiede il medesimo sforzo e impegno, poiché per guardare gli altri possiamo volgere lo sguardo altrove, se ciò che stiamo osservando non ci piace. 

Ma tutt’altra faccenda è quando guardiamo noi stessi, poiché se quello che vediamo riflesso nello specchio non ci piace, allora l’unica cosa che si può fare è impegnarci a cambiare la nostra essenza così da apprezzarne, ammirarne quindi, il riflesso.

Chiunque sia in grado di fare questo, è una persona di grande valore.

E per farci capire l’importanza di affrontare ciò che la vita ci mette davanti, ci imbattiamo nella figura dell’ubriacone il quale piuttosto che affrontare i propri errori, preferisce girarsi dall’altra parte (annebbiarsi la vista bevendo), per non vedere i propri errori o la propria incapacità.

Per dimenticare che ho vergogna 

Siamo costantemente messi davanti a una scelta di qualche genere ed in questo caso la scelta è il cambiamento: continuare ad agire come si è sempre fatto (bottiglie vuote) o cambiare, e quindi ottenere qualcosa di diverso (bottiglie piene)? 

Ma come ci insegna il piccolo principe, non è cosa per tutti.

Molto interessante, e soprattutto attuale è la figura dell’uomo d’affari.

Sono un uomo serio, io, non mi diverto con delle frottole.

Si potrebbe pensare che l’uomo d’affari sia avido, ebbene lo è! Tuttavia la sua caratteristica preponderante è l’egoismo, la sua volontà di possedere qualcosa, per la sua unica soddisfazione, anche a costo di privare chiunque altro di quel qualcosa, pur non avendone diritto alcuno. 

Possedere l’impossibile è un ossimoro talmente palese, che solo qualcuno di davvero “accecato” non se ne renderebbe conto. Ma cosa aspettarsi da una persona che è cieca anche di fronte alle sue stesse esigenze,

(…) non sono stato disturbato che tre volte.

La prima volta (…) da una melolonta

(…)

la seconda da una crisi di reumatismi.

Non mi muovo mai (…) La terza volta…eccolo!

e che vive i propri bisogni fisiologici come il camminare, il sorridersi l’un l’altro, il relazionarsi…come una distrazione, qualcosa da cui fuggire?!

E poi, viene da chiedersi a cosa serve possedere qualcosa che non ha bisogno delle nostre cure, o verso la/e quale/i non abbiamo intenzione di offrirgliele?

Per fortuna il piccolo principe è diverso, Lui si occupa di ciò che possiede!

Difficile scegliere quale sia l’insegnamento più importante che troviamo ne Il piccolo principe, o quale sia il personaggio/simbolo che ciascuno di noi preferisce.

Eppure due sono quelli che da adulto insegnerei ad un bambino, e corrispondono alla figura del lampionaio e del serpente (e chissà, che con l’occasione, si scongiuri anche una delle paure più diffuse tra gli adulti).

Il lampionaio ci insegna da un lato la costanza e dall’altro la capacità di modellare le nostre azioni, in base ai cambiamenti che si manifestano nella nostra vita. Ma l’insegnamento più importante, è l’amore per ciò che fa ogni giorno, 

E’ una bellissima occupazione, ed è veramente utile, perché è bella

[e il mondo ha un enorme bisogno di bellezza]

e il lampionaio, quello che fa, lo fa davvero tante volte, dato che il sole tramontava ben

millequattrocentoquaranta (volte) nelle ventiquattro ore!

e soprattutto la capacità di rendere ciò che si fa, utile anche ad altri oltre che a noi stessi, poiché se così facessimo tutti, ciascuno si occuperebbe dell’altro e avremmo tutti ciò di cui abbiamo bisogno e vogliamo, costruendo e vivendo un mondo davvero felice e sazio di qualunque cosa, 

Forse perché si occupa di altro che non di se stesso.

nella giusta misura.

(…) i grandi (…) si immaginano di occupare molto posto.

Si vedono importanti come dei baobab.

La “lezione” del serpente non sta invece nella sua velenosa pericolosità, nonostante ciò corrisponda a realtà, quanto piuttosto nell’imparare a non giudicare mai dalle apparenze

(sono) sottile come un dito (…) Ma sono più potente di un dito di un re.

…e a ben pensarci, noi adulti stiamo (leggendo e capendo questo racconto, in bilico tra l’autobiografico e il fantastico) prendendo lezioni di vita da un biondo principe bambino di sei anni, che vive su un asteroide con tre vulcani (di cui uno spento, “ma non si sa mai..”) e una rosa!

E poi c’è una domanda davvero importante che il piccolo principe fa al serpente

“Ma perché parli sempre per enigmi?”

“Li risolvo tutti”

E quale premio migliore se non quello di tornare a casa, dopo avere trovato risposta a importanti domande, aver fatto nuove scoperte e conquiste? 

Gli uomini? (…) non hanno radici e questo li imbarazza molto.

Casa è ciò che quando manca, (e un soldato in missione, quale fu Antoine de Saint-Exupéry, lo sa bene) manca davvero. Ma che quando c’è, ci ripaga di ogni sforzo fatto, premiandoci (anche) con un tramonto, o più d’uno.

In fondo sarebbe davvero meraviglioso poter vedere ben quarantatré tramonti in un solo giorno,

Un giorno ho visto il sole tramontare quarantatré volte!

e per noi che abitiamo sul pianeta Terra, il settimo che il piccolo principe visita, e dove incontra tra gli altri anche il pilota, deve essere un’esperienza simile a quella di guardare il cielo quando c’è l’aurora boreale.

Asteroidi visitati

  • 325: il primo asteroide, il Re vestito di porpora e d’ermellino
  • 326: il secondo asteroide, il Vanitoso
  • 327: il terzo asteroide, l’Ubriacone
  • 328: il quarto asteroide, l’Uomo d’affari
  • 329: il quinto asteroide, il Lampionaio
  • 330: il sesto asteroide, il Geografo
  • Terra: il settimo pianeta

Personaggi &…

  • Il piccolo principe
  • Il pilota
  • La rosa
  • il Re vestito di porpora e d’ermellino
  • il Vanitoso
  • l’Uomo d’affari
  • il Lampionaio
  • il Geografo
  • La volpe
  • Il serpente

Info bibliografiche

Titolo originale:  Le Petit Prince

Autore: Antoine de Saint-Exupéry

Prima pubblicazione: 1943

Prima pubblicazione in Italia: 1949

La mia edizione: 2007

Editore italiano: Bompiani

Collana: –

Genere: Racconto, Ragazzi

Numero di pagine: 122

Preceduto da: Pilota di guerra

Seguito da: Lettera a un ostaggio

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