L’erotismo di Pablo Neruda ricordandomi un incontro d’amore mi ha commossa

L’erotismo di Pablo Neruda ricordandomi un incontro d’amore mi ha commossa

Recensione di Poesie erotiche di Pablo Neruda

POESIA

L’erotismo di Pablo Neruda ricordandomi un incontro d’amore mi ha commossa

Pablo Neruda non ci racconta ne’ di amore romantico, ne’ di amore carnale ma ci parla di connessione intima tra uomo e donna cui unico appagamento è nell’abbeverarsi alla fonte dell’altro. Poesie cariche di immagini per un’atto che va vissuto nella maniera più penetrante possibile e con il più alto livello di consapevolezza del dono reciproco che ci si sta facendo.

11 FEBBRAIO 2023 – TORINO

POESIA

Poesie erotiche di Pablo Neruda. La mia recensione.

Ho comprato Poesie erotiche di Pablo Neruda assolutamente per caso. Mi trovavo a Novara durante un sabato di Febbraio; ero andata per trascorrere una giornata via da Torino e non avevo pianificato l’itinerario, quindi ho iniziato a girare per la città.

Lasciandomi guidare da quella particolare attrattiva che ogni luogo nuovo origina in noi, ho incontrato viste bellissime della Basilica di San Gaudenzio e della città che certamente non avrei visto se avessi seguito un itinerario prestabilito. Dopo aver visto il castello di Novara ed essermi fermata a bere una cioccolata calda al caffè Plaza, dove ho letto Guardami: sono nuda di Antonia Pozzi, ho proseguito la mia passeggiata fino a ritrovarmi davanti alla libreria Lazzarelli.

Radice della mia sete errante (…)

 

“VII”

Libreria Lazzarelli

Questa libreria è una delle più belle mai viste finora e che certamente rimarrà nei primi posti tra tutte quelle che ancora vedrò nella vita. Sono entrata chiedendo degli Haiku giapponesi che avevo scoperto casualmente (ancora una volta) alla libreria Sorbonne di Nizza dove appunto avevo comprato il mio primo libro sugli Haiku.

Me ne sono stati indicati due ma non avevano le immagini e invece io ne cercavo alcuni con delle illustrazioni, dei disegni o riferimenti  comunque grafici come nel caso del mio primo acquistato in Francia con raffigurazioni giapponesi e testo in francese (celebre l’Onda di Hokusai che poi ho avuto modo di vedere dal vivo per la prima volta in una mostra a Torino) o come il secondo acquistato online proveniente da una selezione del The British Museum e quindi in lingua inglese. Meravigliosi entrambi.

Continuo la mia permanenza in quel paradiso davvero fatto di carta perché ogni centimetro di parete, su fino al soffitto è sfruttato per stipare volumi. Chiedo dove posso trovare la sezione poesia e mi viene risposto che era esattamente lì dove erano riposti i libri sugli Haiku che mi erano stati mostrati. La sezione era molto impolverata e di fatto era in uno degli angoli più angustie della libreria, nonostante fosse tutta angustamente piena di libri. É stato bello vedere infatti che per. prendermi il secondo libro che ho comprato Fattore & di Chiara Franchi, la commessa della libreria ha dovuto servirsi di una scala davvero molto alta meritando ovviamente uno dei miei famosi scatti fotografici.

Una donna beata dopo aver fatto l’amore

Ad ogni modo nella tranquillità di quel sabato pomeriggio, continuo a curiosare nella sezione poesia rimanendo piacevolmente sorpresa del fatto che vi erano una serie di edizioni che non avevo mai visto e editori che non mi era ancora capitato di incontrare. Così nel mio cercare, trovo certamente delle novità ma nulla verso il quale mi sentissi attratta: mentalmente incuriosita e stimolata.

Prima di proseguire premetto che nelle ultime settimane ho scritto davvero tantissimo, differentemente dal solito molte poesie. É certamente questo il motivo principe per il quale la mia attenzione era orientata verso questo genere. Quand’ecco che che il mio sguardo incontra una bellissima raffigurazione di una donna nuda, supina ritratta sinteticamente in un atteggiamento estremamente rilassato. Quell’atteggiamento beato che una donna assume dopo aver condiviso il suo corpo con un uomo.

Si trattava di Poesie erotiche di Pablo Neruda. Non mi era mai capitato di valutare la lettura di questo autore eppure quel giorno, quel 11 febbraio 2023, ho scelto di acquistare questo libro complice anche la sua brevità, testo a fronte in lingua originale compreso. Volevo infatti finire di leggere Guardami: sono nuda di Antonia pozzi in un caffè, prima di prendere il treno di rientro e quindi avere a disposizione un altro libro per accompagnarmi nel viaggio da Novara a Torino. Ecco quindi che insieme a Fattore & di Chiara Franchi deposito presso la cassa Poesie erotiche di Pablo Neruda, quindi prendo l’ascensore per il piano superiore di questa meravigliosa libreria che davvero dà la sensazione di ascendere ad un livello di conoscenza del sé superiore. Davvero un’esperienza, da fare! E che sono davvero felice di aver potuto sperimentare soprattutto perché in maniera totalmente inaspettata. Di nuovo mi trovo ad essere d’accordo con chi mi disse che “I regali più belli sono quelli che si ricevono senza averli chiesti (aggiungo) ma che si rivelano essere esattamente ciò che volevamo”.

Tra caffè, cioccolata, rock e poesia

Al piano superiore non trovo titoli adatti a quella giornata ma comunque molto interessanti, quindi scendo nuovamente al piano inferiore ma soltanto dopo aver scattato alcune foto in quel luogo magico. Pago i miei due libri e proseguo la mia giornata a Novara, quindi concludo la lettura di Antonia Pozzi sedendomi a bere due tazze di caffè filtro e mangiare nel mentre cioccolatini (ironicamente torinesi) nel caffè Umberto I.

In questo piccolo caffè ho trovato un luogo davvero molto accogliente, bella anche la musica rock in sottofondo (ma che c’entra il rock con la poesia? Tutto!) in cui sono stata grata di essermi in battuta e che felicemente ho legato ad una lettura che, come ho scritto in un altro articolo è stata per me davvero una lettura/esercizio di stile molto apprezzata.

Amore carnale: si fa e se ne scrive ciascuno a suo modo

Ammiro quindi la Cattedrale di Novara in cui inaspettatamente cedo ad un lungo momento di raccoglimento spirituale, scatto foto a ciò che vedo, a ciò che mi piace, che per qualche motivo cattura la mia attenzione e vedo finalmente la Basilica di San Gaudenzio con la torre sorella della Mole Antonelliana, poiché figlie entrambe dello stesso padre: l’Antonelli. L’avevo vista la prima volta dal “vivo” per pochi istanti, illuminata di rosso mentre tornavo da una domenica trascorsa in un luogo in cui non sapevo se sarei mai stata, e me ne sono innamorata. L’amore guida sempre: come mi ha guidata quella domenica, in un nulla dove c’era tutto, mi ha guidata in questo sabato urbano.

Tipicamente, in questi viaggi brevi, lascio che la giornata fluisca senza acquistare il biglietto di rientro insieme a quello dell’andata. Solo quando mi sento effettivamente pronta a rincasare, quando mi sento che ho assorbito quello che potevo e ho lasciato qualcosa di me in quel luogo che ora mi appartiene e al quale ora appartengo, scelgo il prossimo treno su cui salire. Percepita questa sensazione “conclusiva” acquisto il biglietto, saluto i ragazzi del posto, scatto le foto ai quadri dei grandi del jazz appese alle pareti (gli ossimori della vita: jazz alle pareti e musica rock in cassa…ma ci piace così) e mi incammino per la stazione, ammirando da nuovi punti di vista la cupola di San Gaudenzio. 

La prima cosa che faccio quando prendo posto sul treno è iniziare la lettura di questo scrittore, Pablo Neruda, di cui davvero onestamente non avevo mai provato attrattiva. Ripeto che nelle settimane precedenti a questa lettura mi è capitato di scrivere davvero tanto, anche poesie erotiche, e dunque è stato un piacevolissimo incontro il trovare un modo così diverso dal mio di descrivere una delle una delle esperienze più belle che l’uomo possa fare in condivisione con una donna: l’amore carnale.

Parole che gocciano e assetano

Neruda non scrive di sentimenti all’interno delle sue poesie erotiche, ma non fa mistero della sorprendente emotività che immancabilmente è connessa a quest’atto così intimo che unisce uomo e donna, tanto in quello stesso momento quanto nel loro futuro, poiché indelebile è la memoria anche tattile di alcune unioni.

Pablo Neruda scrive dell’atto fisico in una maniera estremamente evocativa. Potesse bastare la parola direi semplicemente bella!

Mi ricevi

come la vela il vento.

Ti ricevo
come il solco la semina.

“IX”

Non descrive mai infatti apertamente alcuno degli atti che definiscono il rapporto sessuale, eppure le sue parole si intridono e gocciano di tutti i fluidi, gli odori e i sapori che il fare l’amore origina. Parole che fanno piangere gli occhi e che fanno venire sete!

Sete di te, sete di te (…)

Sete di te che nella notte mi morde come un cane.

Gli occhi hanno sete, per questo ci sono i toui occhi.

La bocca ha sete, per questo ci sono i tuoi baci.

L’anima è accesa da queste braci che ti amano.

Il corpo incendio vivo che deve bruciare il tuo corpo.

Di sete. Sete infinita. Sete che cerca la tua sete. In essa si annienta come l’acqua nel fuoco.

“XI”

Letto tutto d’un fiato, mi è stato impossibile staccare gli occhi anche solo per un minuto, poiché la sua capacità di dare enfasi all’esperienza tattile sopra ogni altra, ha riportato alla mia mente una delle unioni più belle della mia vita.

Come avevo già fatto durante tutto il giorno con Guardami: sono nuda di Antonia Pozzi, ho arricchito e modificato alcune poesie legando quelle immagini in maniera indissolubile a ciò che io in prima persona, avevo provato condividendo l’unione dei corpi e dei sensi tra uomo e donna. Quel desiderio dolce e violento che affonda nella carne e nei pensieri, come una radice che vuoi lasciare che cresca dentro di te; che anzi sei grat* di poter nutrire anche se ora la fame ti divora!

Sete di te che mi incalza nelle notti affamate.

(…)

Ebbra di sete, folle di sete. sete di selva in siccità.

(…) sete di radici avide.

“XI”

L’emotività dell’amore carnale 

Pablo Neruda in Poesie erotiche non fa accenno all’amore romantico, e nemmeno fa cenno ad una donna in particolare se non esattamente alla donna che desidera, che diventa sua schiava e del quale diventa schiavo.

Schiava mia, tienimi. Amami. Schiava mia.

“X”

Eppure nonostante sia l’amore carnale al centro di questa raccolta di poesie, scritta all’età di diciannove anni e pubblicata dieci anni dopo nel 1933 (quando appunto l’autore aveva oramai 29 anni), ci è impossibile non sentire la profonda connessione emotiva, che si può sperimentare quando si fa l’amore con chi lo fa in un modo simile al nostro o al nostro complementare.

Con chi fa l’amore con noi appagandoci e al contempo facendoci sentire ancor più affamati.

Come chiunque si sottometta per sua scelta o per troppo desiderio all’altra persona, anche l’autore invoca e prega la sua donna auspicando che lei faccia lo stesso a sua volta, per appagare il piacere di entrambi nella maniera più completa di cui si possa essere capaci.

Riempiti di me.

Desiderami, prosciugami, versami, immolami.

Chiedimi. Raccoglimi, contienimi, nascondimi.

Liberami da me. Voglio uscire dalla mia anima.

Baciami,

mordimi,

incendiami,

che io vengo sulla terra solo per per il naufragio dei miei occhi di maschio

nell’acqua infinita i tuoi occhi di femmina!

“IX”

Lettere e numeri

Letto in un momento particolarmente consapevole della mia vita, come essere umano e come donna, ho potuto rendermi ancora più conto di quanto rispetto ci sia da parte di Pablo Neruda verso l’unione carnale ed emotiva tra uomo e donna.

La capacità di esprimere il sia il piacer dell’unione che il dolore che si prova nel distaccarsi dalla persona che si desidera, prima ancora di amarla, semmai la si amerà nel senso vero del termine, nonostante l’autore stesso invochi:

Amami. Amami. Amami

“III”

…che io leggo come un “tienimi a te, tienimi con te, ti tengo con me”. Esprimendo il bisogno di calore umano nella sua più pura delle manifestazioni.

Il dubbio di chi ricorda l’amore condiviso

Pablo Neruda ci fa vivere il dubbio atroce e martellante, che si crea nella mente di chi ha incontrato carnalmente un’altra persona e si chiede cosa l’altra persona abbia provato, cosa l’altra persona ricordi di quel momento. Ma sopra tutto ciò che più desidera è conoscere il modo in cui quell’atto intimo è stato vissuto e percepito anche dall’altra parte, poiché in noi è stato totale.

Dimmelo, mi sentisti

arrampicarmi verso la tua forma attraverso tutti i silenzi,

e tutte le parole?

“IV”

Il dubbio si alterna ai ricordi che sono così vividi da sentirli in bocca, da sentirne il sapore e la rotondità della forma che ci riempie non solo la bocca ma anche i pensieri. L’unico modo che abbiamo per provare un po’ di lucidità è di mordere l’acino d’uva, schiacciarlo con le dita per farne uscire tutto il succo. Aneliamo che ci sia data questa possibilità che sapremmo cogliere come appunto si fa con un grappolo d’uva matura.

(…) ed esce dalla tua anima rotta sotto le mie dita come il succo del vino dal centro dell’uva.

IV poesia

Una lucidità inversa è quella che ci dona l’incontro carnale eppure la verità del vino ci rende liberi, e seppur barcolliamo perché insieme a Bacco come una menade abbiamo ballato, le nostre membra e il nostro cuore sono paghi e quieti mentre con le mani ancora accarezziamo le labbra che ancora appiccicano del succo d’uva.

Io sono colui che conserva sulle labbra il sapore degli acini.

Ebbro, il mio cuore, sotto Dio, barcolla

“V”

Mi piace molto il parallelismo tra la divinità Bacco e quindi il vino che bagna ogni pagina di questa raccolta di poesie, e l’atto sessuale.

L’ebrezza (nota) generata dal vino è palesemente espressa, ma l’autore non si sofferma sugli effetti dati dal bere del vino ma piuttosto dall’atto di raccogliere l’uva e quindi il suo succo. L’enfasi è infatti rivolta all’aspetto nutritivo del condividere esperienza carnale con una donna che in quel tempo è pienamente presente insieme a noi.

La donna quindi non è sicuramente per Pablo Neruda, nell’impeto della sua cultura e dei suoi diciannove anni, un angelo biondo da venerare mantenendo le distanze. É invece un animale quasi selvatico verso il quale siamo irrefrenabilmente attratti. Eppure nonostante questa donna sia in qualche modo selvatica nella piena consapevolezza di sé, e dell’effetto che produce sull’uomo, questo (ed è una delle qualità che meglio definisce un uomo in grado di cogliere dal vero il fiore di una donna) non lo autorizza ad essere crudo nei suoi gesti. Anzi, la forza della donna crea l’occasione nell’uomo per essere gentile e grato di quanto sta ricevendo; il che a sua volta lo rende capace di vivere con lei una travolgente passionalità che ne rafforza la mascolinità.

Le gambe pigre.

Le ginocchia. Le spalle. La chioma di ali nere che volano attorno.

I ragni scuri del pube in riposo.

“VII”

Nell’atto fisico emotivamente condiviso ci si rafforza entrambi come individui. Ci si “coglie” con le mani reciprocamente in ogni luogo dei nostri corpi, senza invadere poiché il desiderio tattile è condiviso. La donna di Pablo Neruda, è una creatura che desideriamo toccare, che desidera essere toccata in un atto estatico per entrambi. In un atto liberatorio per entrambi.

Ecco quindi che nella sua VI poesia l’autore scrive:

Lascia che le mie dita corrano

per i sentieri del tuo corpo.

(…)

É la carne che grida con le sue lingue ardenti!

È l’incendio!

E sei qui, donna, come un tronco intatto

adesso che vola tutta la mia vita ridotta in cenere

verso il tuo corpo pieno, come la notte, ti astri!

(…)

lasciami libere le mani e il cuore lasciami libero!

“VI”

Una delle descrizioni più belle che Pablo Neruda cita in una delle sue poesie erotiche è il senso di vita inteso come movimento fluido e armonico che si sperimenta nell’unione carnale. Una unione avvolgente dove entrambi si sentono accolti, entrambi sono liberi di esprimersi esattamente per come quel momento chiede loro di essere vissuto: un momento che indipendentemente dalla durata dove entrambi danno e ricevono doni e piacere.

Neruda non fa mai riferimento alla durata temporale dell’incontro erotico tra uomo e donna, non lo definisce mai, eppure il suo modo di scrivere la scelta delle sue parole evoca tempistiche dilatate e soprattutto ripetute, ancora e ancora. Mai una volta uguale all’altra, e pure sempre vissuti in uno stato di presenza fisica e quasi ancor di più mentale ed emotiva, poiché mai null’altro che non sia l’altro, è presente nella mente di ciascuno dei due amanti.

Acqua viva che gocciola il suo lamento tra le mie dita. Ed esplodesti tra le mie braccia come nel fiore il frutto.

“VII”

La supplica di chi desidera ardentemente è quella di non avere mai limiti ne’ imposizioni. Tutto deve fluire come l’acqua che scorre sia quieta che impetuosa, comunque liberamente fluire. Questo è ciò che cercano gli amanti: il letto d’un fiume nel quale riversare le proprie acque. / E lì giacere.

Voglio non avere limiti (…) di radici, di ali.

“VIII”

Un libro dunque, una raccolta di poesie erotiche, il primo libro che ho letto di Pablo Neruda che ora e di cui ora le pagine sono piene di parole versi che nascono dal mio vissuto personale,.leggere queste pagine, soprattutto in questo momento della mia vita come donna e come scrittrice, e di un tempismo conferma il tempismo che ciascun libro ha avuto nella mia vita.

Critica

Se dovessi trovare una critica, posso solo dire che ho sentito un po’ la mancanza dell’aspetto auditivo del rapporto sessuale. É una componente che viene poco curata dall’autore, non perché non la si immagini ma perché in questo non veniamo imboccati con stimoli evocativi.

Anche l’aspetto temporale è lasciato libero di assumere la connotazione che meglio ci consente di appagarci. Ma questo probabilmente nasce proprio dal fatto che quando due amanti si avvolgono e si saziano affondando l’uno nell’altra con i corpi e con le sensazioni, il tempo vive in un’altra dimensione. Quella di chi prova l’estasi di abbeverarsi alla pura fonte dell’amore che può essere carnale o romantico, ma resta sempre tale perché condiviso. 

 

Info bibliografiche

 

Titolo originale: El hondero entusiasta (portoghese)

Titolo: Poesie erotiche

Autore: Pablo Neruda

Prima edizione: 1933

Prima edizione italiana: 1998

La mia edizione: XIII edizione – Dicembre 2021

Editore italiano: Tascabili Guanda Poesia

Genere: Poesia

Numero di pagine: 70

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Gillo Dorfles e l’arte come strumento pedagogico

Gillo Dorfles e l’arte come strumento pedagogico

Recensione dell'Abbecedario di Gillo Dorfles del 2021

ARTERAGAZZI

Gillo Dorfles e l’arte come strumento pedagogico

42 disegni che danno vita alle lettere dell’alfabeto e ai numeri. Nell’ Abbecedario di Gillo Dorfles l’arte e il disegno diventano strumenti pedagogici per eccellenza.

Da emulare alla prima occasione.

9 DICEMBRE 2022 – TORINO

ARTERAGAZZI

Abbecedario di Gillo Dorfles

Una raccolta di 42 disegni realizzati dallo stesso Gillo Dorfles per i suoi due nipoti Piero e Giorgetta, all’epoca in cui stavano ancora imparando a leggere e scrivere. In occasione dell’uscita dell’abbecedario di Gillo Dorfles è stata realizzata a Milano una mostra in cui sono stati esposti questi disegni che realizzati su carta carbone hanno rivisto la luce dopo essere stati chiusi in una cartellina per 70 anni.

Le lettere dell’alfabeto e i numeri si fanno  grande gioco di scoperta e fantasia nelle mani del maestro del pensiero estetico.

Educare con l’arte

Così si apre la prefazione scritta da Piero e Giorgetta Dorfles nel Marzo del 2021. I due nipoti del celebre l’artista e critico d’arte da cui hanno avuto il privilegio di essere accompagnati nella loro crescita culturale, rimarcano l’importanza di questo testo oramai desueto come può esserlo ai giorni nostri l’abbecedario. Eppure immediatamente dopo averlo sfogliato, iniziamo a pensare che forse ancora oggi è tanto importante così come lo era per lo stesso Pinocchio quando deve andare a scuola e protesta:

“Mi manca il più e il meglio“.

“Cioè?“, chiede perplesso Geppetto.

“Mi manca l’abbecedario“.

Geppetto per comprarglielo è costretto a vendere la sua vecchia casacca di fustagno “tutta toppe e rimedi” e rientra in maniche di camicia; fuori nevica. Pinocchio capisce, lo copre di baci e corre verso il paese. Strada facendo, tra sé, dice:

“Oggi alla scuola voglio subito imparare a leggere, domani poi imparerò a scrivere e domani l’altro imparerò a fare i numeri”.

Abc…e tutte le lettere ma anche i numeri

42 disegni per 42 parole e non parole qualsiasi che si possono trovare in un qualsiasi abbecedario scolastico. Ma parole che scatenino curiosità che sono onomatopeiche e persino il simbolo del punto interrogativo che per gli amanti della musica, come del resto lo sono i bambini, trova “personificazione” in un basso. Ed è forse proprio il punto interrogativo che ci fa riflettere, perché seppur sembra una stonatura alla fine esprime il concetto finale che è quello di insegnare ai bambini ad interrogarsi su tutto ciò che li circonda.

Ma quei disegni raccolti in questo abbecedario, sono molto di più: un gioco tra nonno e nipoti perché spesso capitava che lo stesso Dorfles li chiamasse nel suo studio per completare un disegno che aveva iniziato, magari anche semplicemente per colorarlo e ovviamente per chiedere a Giorgetta di scrivere in “bella grafia” la parola che il disegno di quella speciale lettera rappresentava.

Probabilmente l’aspetto pedagogico più importante che si possa sperimentare, dopo aver preso tra le mani un riferimento educativo di questo tipo, è quello di provare a nostra volta il gioco delle parole che diventano arte per imparare anche il legame: quello che si crea tra una lingua e chi la impara.

Ed è questo uno dei legami più significativi perché alla fine quello che pronunciamo, le parole che abbiamo nella nostra mente e che facciamo uscire dalla nostra bocca per comunicare con gli altri, dicono tutto di noi! E quindi proporre la comprensione linguistica ad un livello così profondo e in un’età così determinante, è certamente un regalo importante e significativo che possiamo fare ai bambini con cui ci apprestiamo a fare questo gioco.

Il disegno come pretesto pedagogico 

Qui lo dico e qui mi impegno a farlo: qualora avessi modo di fare un disegno assieme ad un qualche bambino certamente farò il gioco dell’abbecedario di Gillo Dorfles. Farò con lui, con lei o con loro il gioco di dare una forma ad una lettera (che per un bambino è ancora semplicemente un suono), alternando quelli che sono termini più semplici, rispetto a quelli che possono richiedere una spiegazione che inizia ad essere più articolata. In agguato ci sarà il gioco dei perché di Gianni Rodari e magari si arriverà anche ad unire a qualche disegno poche righe di testo, scritte insieme, che possano esplicitare maggiormente la sensazione che si è provata mentre si faceva quel disegno. Un approfondimento riguardo la scelta dei colori caldi piuttosto che freddi, dei pastelli piuttosto che dei pennarelli o perché no, la scelta fra tempere o acquerelli.

L’arte non si colleziona…è pop

Gillo Dorfles è una figura in ambito artistico a me particolarmente cara, poiché ho studiato la storia dell’arte sui suoi “Itinerari nell’arte“ e imparato che l’arte è tangibile. Il suo modo di raccontarla ti fa nascere dentro il desiderio di fruirla, di impararla, di conoscerla e apprezzarla al di là della smania del collezionismo (mai acquisterà infatti opere d’arte, eppure sempre avrà nel corso della sua vita relazioni di stima e amicizia con artisti importanti).

Un’arte tangibile è quella che ci propone Dorfles, un’arte concreta quasi pop di massa per dirla alla maniera di Andy Warhol.

Questa è la grande potenza che ha trasmesso Gillo Dorfles a chiunque in un modo o nell’altro lo abbia incontrato. Entrare nell’arte e lasciare che l’arte entri dentro di te in ogni sua forma, fosse anche semplicemente un disegno realizzato per amore dei propri nipoti con l’obiettivo di offrire loro una conoscenza che potesse appartenergli davvero.

Disegno per conoscere, conosco perché disegno

Nei miei studi storico-artistici e architettonici, quello che mi è sempre stato trasmesso e insegnato da questo o quell’altro docente, era che per conoscere qualcosa bisognava disegnarlo perché se sapevi disegnarlo significava che lo avevi compreso.

Ecco, mi ritengo una privilegiata in questo senso perché penso che Gillo Dorfles approverebbe assolutamente questo grandissimo insegnamento che ho ricevuto e che tutt’oggi applico.

Lettere e numeri

A: aah
B: buongustaio – Babao
C: camaleonte
D: dente – doccia
E: eleganza
F: freddo
G: gorgo
H: ha ha
J: Innocente
K: – 
L: lampreda
M: macaco
N: naso
O: ombelico
P: pettine
Q: –
R: rodomonte
S: serpe
T: tau
U: ugola
V: valzer
W: walhalla – wally
X: xeres
Y: y greco
Z: zebra
?: basso

1: ometto proboscidone
2: cigno
3: luna
4: vigile
5: generale
6: foca
7: piripillo trombettiere
8: pancione
9: faccione
10: Gli sposi

Info bibliografiche

Titolo originale: Abbecedario (Italiano)

Titolo: Abbecedario

Autore: Gillo Dorfles

Prima edizione italiana: Marzo 2021

La mia edizione: Prima edizione – Marzo 2021

Editore italiano: Bombiani

Genere: Per ragazzi

Numero di pagine: 86

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Non fare come Pinocchio: vai dritt* per la tua strada

Non fare come Pinocchio: vai dritt* per la tua strada

Recensione Pinocchio di Carlo Collodi

GRANDI CLASSICIROMANZOFANTASTICORAGAZZI

Non fare come Pinocchio: vai dritt* per la tua strada

 

Pinocchio, il grande capolavoro di Carlo Collodi narra la storia di un burattino che sognando di diventare un bambino vero, ci insegna ad andare dritti per la nostra strada senza lasciarci distrarre da persone ed eventi che possiamo incontrare lungo il nostro cammino.

8 DICEMBRE 2022 – TORINO

GRANDI CLASSICIROMANZOFANTASTICORAGAZZI

Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi

Se in tutti questi anni non ci sei ancora arrivat* te lo dico io: il nome Pinocchio non viene dal nulla ma dal materiale di cui questo burattino è fatto!

…frutto del pino, il pinolo, ossia il “pinocchio”, come si diceva appunto nella Toscana dell’Ottocento

Il burattino nato dalla fantasia di Carlo Collodi, pseudonimo di Carlo Lorenzini e plasmato dalle mani di Mastro Geppetto nasce proprio da un ciocco di pino. Certo non tutti i ciocchi di legno riescono a prendere vita iniziando a muovere gli occhi e a correre ovunque come capita nei primi capitoli del grande classico di Collodi, ma a volte seppur nella fantasia succede, e abbiamo davvero di cui impararne.

Tu sei quello che mi ha insegnato la strada.

Declinazione pedagogica con premio conclusivo

Leggo questo libro per la prima volta all’età di 33 anni, nell’inverno del 2022 a Torino e la famosa morale che c’è in ogni libro per ragazzi (?) questa volta diventa una morale per gli adulti. Sì per tutti quegli adulti un po’ persi, come se fossero bambini sperduti dell’Isola che non c’è del Peter Pan di James Matthew Barrie (1911) o non sapessero più che consigli seguire, nemmeno quelli che ci si danno da soli, come capita all’Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll (1865).

Disgraziatamente, nella vita dei burattini c’è sempre un ma, che sciupa ogni cosa.

Leggere questo libro da adulti, lascia indubbiamente molto di più di quanto accada leggendolo da ragazzini. La questione è semplice: prendere la decisione giusta non è mai facile, e non è piacevole perché comporta delle rinunce: comporta l’abbandonare la nostra zona di comfort e le nostre idee che fino a quel momento abbiamo sostenuto e difeso a spada tratta.

Ma una decisione, una saggia decisione! va sempre presa e poi portata avanti. Non ci sono Gatti e Volpi (il Gatto e la Volpe), Lucignoli vari (Lucignolo), monete sonanti (Campo de’ Miracoli), spettacoli affascinanti (Mangiafuoco), personaggi ammalianti (Ometto) o ghiottonerie (Paese dei Balocchi) che tengano, quando davvero abbiamo chiaro il nostro percorso, il nostro “why” per dirla usando un termine che appartiene alla crescita personale.

 

Ve lo dirò io, miei cari e piccoli lettori.

Le nostre bugie hanno il naso lungo come Pinocchio o le gambe corte?

Pinocchio almeno nei primi trentaquattro capitoli (su trentasei!) non aveva chiaro il perché effettivamente dovesse agire in maniera retta. Ma quando poi lo ha trovato (il suo di perché) ciò che è stato in grado di portargli nella vita e in quella delle persone a lui care, ha di gran lunga superato le aspettative più floride.

[Da tenere a mente per il futuro ;-)]

Perché quando i ragazzi, di cattivi diventano buoni, hanno la virtù di far prendere un aspetto nuovo e sorridente anche all’interno delle loro famiglie.

Quante volte abbiamo sentito la frase minacciosa da parte di un adulto verso un bambino (magari eravamo proprio noi quel bambino…) “Non dire le bugie altrimenti ti cresce il naso come Pinocchio“? Probabilmente tante ma il vero significato probabilmente non eravamo in grado di coglierlo. Avere il naso lungo significa aver detto così tante bugie da arrivare ad allontanare le persone che ci sono vicine e questo Pinocchio lo impara davvero a carissimo prezzo.

Vero è che esiste anche una seconda tipologia di bugie: quelle con le gambe corte, ossia quelle che vengono scoperte dopo poco tempo.

I ragazzi fanno presto a promettere, ma più delle volte fanno tardi a mantenere.

Anzi ad onor del vero esiste anche una terza tipologia di bugie: quelle che raccontiamo noi stessi quando ci fingiamo migliori di quello che siamo, quando non facciamo realmente i conti con noi stessi e con quelli che sono i nostri reali obiettivi di vita. Quest’ultima è a mio avviso è la tipologia più pericolosa e alla fine lo stesso Pinocchio si scontra con questa verità e ne comprenderà il significato.

Quando però ci rendiamo conto dei reali effetti che le nostre azioni/bugie causano a noi e agli altri, il nostro Grillo parlante interiore ci bussa sulla spalla, ci tira le orecchie (per fortuna senza staccarcele come invece fa l’Omino con uno degli asinelli) e ci aiuta a tornare sulla retta via.

Mi sono dovuto persuadere che per mettere insieme onestamente i pochi soldi bisogna saperseli guadagnare o col lavoro delle proprie mani o coll’ingegno della propria testa.

La leva della paura come pretesto pedagogico

Per chiunque faccia marketing che la paura sia una potente leva è cosa nota. Ma è anche un potente “strumento” pedagogico e Carlo Collodi con il suo Pinocchio ne fa decisamente largo uso.

Tale paura trova concretezza massima nella trasformazione in somari, momento in cui si acquisisce contezza del fatto che le conseguenze sono oramai irreversibili e si prova un senso di paura profonda per le sorti della propria stessa vita. 

Che ne sarà di me,

Che ne sarà di me,

Che ne sarà di me.

Come sappiamo nel caso di Pinocchio in tal senso l’epilogo sarà addolcito dall’intervento della Fata turchina, che diviene per Pinocchio una vera e propria figura materna quasi a voler evidenziare da parte di Collodi l’importanza di figure cardini nella crescita di un bambino e parlando di un libro di fine ‘800 chiaramente queste figure sono il padre e la madre.

Sorte diversa spetta invece a coloro che “abbandonati” a loro stessi (Lucignolo) devono convivere con la loro mala sorte, alla quale hanno spianato la strada. Eppure sul finire la capacità di parola che Lucignolo ha mantenuto vuole forse essere un messaggio di speranza che ci fa pensare che anche quando tutto sembra perduto, alla fine non lo è mai davvero.

…e il senso di colpa di Pinocchio

Insomma Pinocchio alla fine impara che la scelta migliore è quella di andare sempre dritti per la propria strada, lasciando al loro posto quello che ci attrae vanamente durante il nostro percorso ed andare dritti (il più possibile) alla nostra meta.

Che questa sia la casa paterna, quella della Fata dai capelli turchini o (per essere più concreti) un obiettivo di vita, la strada giusta è quella che percorriamo rimanendo concentrati su ciò che volevamo sin dall’inizio del nostro viaggio.

Il vero premio non sarà certo raccogliere migliaia di monete d’oro dopo averne sotterrate quattro! Ma piangere di gioia quando si arriva dopo un lungo viaggio, dove davvero stavamo andando o si raggiunge chi stavamo cercando anche se questo ci porta nello stomaco di un Pesce-Cane (no, non è una balena).

E come viene insegnato tutto questo da Carlo Collodi? Usando una seconda leva: quella del senso di colpa.

Non ci avevi mai fatto caso eh?! Eppure è proprio lì:

  • quando fa sentire in colpa Pinocchio perché suo padre patisce il freddo per aver venduto la sua unica casacca;
  • quando non vuole dispiacere alla Fata Turchina a causa delle sue scorribande quando rincasa alla sera;
  • quando legge (pur non sapendo leggere) che quest’ultima è morta di dolore per causa sua;
  • quando scopre che suo padre si è avventurato in mare per cercarlo;
  • etc..

Alla fine però questa terapia d’urto funziona e Pinocchio vede tutte le sue scorribande perdonate e dopo una serie di dimostrazioni che attestino il suo reale cambiamento diventa un bambino vero.

Bravo Pinocchio! In grazia al tuo buon cuore, io ti perdono tutte le monellerie che hai fatto fino a oggi.

Pinocchio alla fine muore

No alla fine del libro di Collodi Pinocchio non muore; nella versione definitiva Pinocchio vivrà felice con suo padre Mastro Geppetto.

La scena dell’impiccagione ad opera degli “Assassini” ossia il Gatto e la Volpe viene comunque descritta nel XV capitolo, ma ridurrà il nostro Pinocchio semplicemente in fin di vita.

L’importanza di questo capitolo rimane comunque cardine e a te lettore lascio la curiosità di scoprire il perché.

(Pinocchio è uno di quei) simboli quali non è più possibile rinunciare con nemmeno immaginare che possano non esistere più.

Personaggi e luoghi

  • Maestro ciliegia, mastr’Antonio
  • Geppetto, Polendina
  • Pinocchio
  • Grillo-parlante
  • Paese dei Barbagianni
  • Il Gatto e la Volpe
  • Osteria del Gambero Rosso
  • Quercia grande
  • Bambina dai capelli turchini, fata turchina,
  • grosso Falco
  • Can-barbone
  • Medoro
  • Corvo
  • Civetta
  • Picchi
  • Città “Acchiappa-citrulli”
  • Campo dei miracoli
  • Pappagallo
  • Il Giudice gorilla
  • Giandarmi Can-mastini
  • Giovane imperatore della città acchiappa-citrulli
  • grosso Serpente
  • la Lucciola
  • Melampo
  • grosso Colombo
  • Delfino
  • Pesce-cane
  • Il paese delle Api industriose
  • Compagni di scuola di Pinocchio
  • Eugenio: ragazzo che viene colpito dal libro Trattato di aritmetica
  • i Pesci
  • grosso Granchio
  • due carabinieri
  • Alidoro: can mastino dei carabinieri
  • pescatore: vive in una grotta
  • la Lumaca
  • Romeo soprannominato Lucignolo
  • Paese dei Balocchi
  • Omino
  • bella Marmottina 
  • Tonno
  • l’ortolano Giangio

Info bibliografiche

Titolo originale: Le avventure di Pinocchio (Italiano)

Titolo: Le avventure di Pinocchio

Autore: Carlo Collodi

Prima edizione italiana: Febbraio 1883

La mia edizione: Prima edizione – Ottobre 2022

Editore italiano: Giunti

Genere: Per ragazzi, Romanzo, Fantasy, Grandi classici, 

Numero di pagine: 206

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Alice e la follia di un mondo assurdamente meraviglioso

Alice e la follia di un mondo assurdamente meraviglioso

Recensione di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll del 1865

GRANDI CLASSICIROMANZO – FANTASTICORAGAZZI

Alice e la follia di un mondo assurdamente meraviglioso

Ambientazione onirica per questo grande classico della letteratura del 1865. Lewis Carroll ci lascia entrare nel paese delle meraviglie della sua Alice e non possiamo fare altro che rimanere catturati dalla meravigliosa assurdità di luoghi e personaggi che incontriamo pagina dopo pagina. La morale? Scoprila in questo articolo.

13 NOVEMBRE 2022 – TORINO

GRANDI CLASSICIROMANZOFANTASTICORAGAZZI

Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll. Ecco la mia recensione.

Qualche giorno fa sono passata davanti a una vetrina allestita con delle gigantografie di carte da gioco, così nella mia mente non ho potuto far altro che immaginare la Regina di cuori di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll.

Così ho acquistato una nuova edizione di questo libro da aggiungere alla mia biblioteca, ma stavolta ho scelto una versione illustrata: una BUR Deluxe, che ora fa la sua bella figura vicino alla comunque bella edizione Feltrinelli, che in questo articolo riporto e che di fatto è stata la prima che ho letto.

Così come tanti di noi, anche io ho avuto il mio primo approccio con Alice nel paese delle meraviglie grazie al mondo Disney. Quando invece ho letto il libro per la prima volta per me è stato un piacere trovare una certa similitudine, tra le immagini consolidate nella mia mente a forza di guardare questo film d’animazione e il capolavoro di Lewis Carroll.

Davvero un piacere.

Mi ritrovo a scrivere questo articolo dopo aver letto per la seconda volta questo libro. E anche in questo caso, come ultimamente è stato con la rilettura de: Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde, ho colto sfumature che erano passate inosservate durante la mia prima lettura.

Il punto su cui è stato per me interessante soffermarmi, oltre quello dell’onirico che diventa il mondo in cui mi sono “trasferita” per il tempo che ho impiegato a rileggere Alice nel paese delle meraviglie, è proprio sulla sua protagonista: Alice stessa.

Probabilmente questa riflessione non sarebbe mai potuta nascere nella mia mente, quando ho letto questo libro la prima volta che avevo 16 anni; ma alcuni libri si leggono proprio per questo: per comprenderli meglio e offrire loro il nostro vissuto affinché nuove riflessioni e interpretazioni emergano.

Scoprire Alice, nel paese delle meraviglie

Quasi per caso, Alice nel paese delle meraviglie è nato…

…per far piacere a una bambina che amavo…

Magari (immagino) le sembianze stesse dell’Alice che conosciamo noi, vengono proprio da questa bambina cara al cuore di Carroll che all’epoca doveva ancora crescere, ed evidentemente ne aveva voglia non come i bambini sperduti del Peter Pan di James Matthew Barrie.

Alice nonostante visivamente sia rappresentata come una “bambolina” con tanto di calze bianche (come le mie nelle foto), scarpe di vernice, vestito di tulle e boccoli biondi, non è affatto il personaggio passivo che si potrebbe immaginare. Che questa bambina non ha un carattere facile lo intendiamo bene già dalle prime pagine, e questo ovviamente prosegue per l’ intero racconto. Alice risulta infatti una “ragazzina viziata” eppure c’è il lei il germe di una forza d’animo che non si conoscerà appieno all’interno di Alice nel paese delle meraviglie, bensì in Alice attraverso lo specchio.

Ho scritto poc’anzi che Alice non è un personaggio passivo, infatti non manca di far sentire la sua voce quando lo ritiene più opportuno. Tipicamente diventa una eroina nel senso letterario del termine, che si schiera per difendere chi non è in grado di farlo da solo, incurante di quelle che saranno le conseguenze, prima di tutti per se stessa.

Non sono tutti boccoli dorati quelli che luccicano, infatti in alcune occasioni il personaggio di Alice risulta realmente “fastidioso” che acceleriamo nella lettura per passare alla scena successiva. Il suo atteggiamento riesce a oscillare dal totalmente disinteressato al saccente, quasi assorbisse il comportamento generale che ritroviamo in molti degli altri personaggi e del “paese delle meraviglie. 

Si pensi al Cappellaio matto, al Brucaliffo, ai fiori, allo Stregatto e ovviamente alla Regina di cuori e al Re; dunque in tal senso è congruo riscontrare questi tratti anche nel personaggio di Alice.

Eppure in Alice, queste occasioni comportamentali risultano tipiche di un’età acerba e che vengono perfettamente controbilanciate dalla propensione per un comportamento corretto nei confronti degli altri, nonostante questo le costi non poca fatica considerato sia il suo modo di fare sia il contesto “meraviglioso” nel quale è inserita.

Non è certamente un caso se una delle frasi più celebri è proprio:

Io mi so dare ottimi consigli ma poi seguirli mai non so.

Alice cresce e noi con lei

Voglio ritornare sul fatto che davvero il personaggio di Alice è molto interessante anche all’occhio adulto (questa mia seconda rilettura la faccio a 33 anni) in quanto abbiamo il piacere di scoprire alla fine due personaggi in uno. C’è infatti la Alice dell’inizio libro e c’è la Alice delle ultime pagine, che matura e accetta di diventare adulta anche grazie all’eccesso di “follia” dal quale lei per prima ne era assolutamente attratta.

Tutto questo semplicemente per insegnarci che saremo sempre immersi in un mondo folle (più o meno a seconda dei casi) eppure se noi abbiamo dei punti fermi, delle regole, comunque sapremo cavarcela.

E per certi versi non si può fare altro che volgere il pensiero anche al Pinocchio di Carlo Collodi.

Morale

Ogni cosa ha la sua morale, basta trovarla.

Probabilmente per un libro che esprime tutta l’ammirazione dell’autore per James Joyce e per le sue “parole-baule“, per sintetizzare la morale la scelta migliore è proprio quello di utilizzare parole che lo stesso Carroll mette in bocca al Re nel suo “paese delle meraviglie”:

Inizia dall’inizio e vai avanti finché non arrivi alla fine: poi, fermati.

Un invito pertanto ad avanzare nella propria esistenza indipendentemente da tutto, probabilmente persino indipendentemente dalla strada scelta, poiché ce n’è e se sempre che ne sarà una gran moltitudine (di scelte). Dunque l’importante è esplorare, rischiare di cadere in un buco con la garanzia che certamente si arriverà in luoghi meravigliosi. E se ci troviamo in un periodo grigio della nostra vita, avendo la passione per la lettura, abbiamo la possibilità di immergersi nel colorato, assurdo e atemporale mondo di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll.

Info bibliografiche

Titolo originale: Alice’s adventures in wonderland (inglese)

Titolo: Alice nel paese delle meraviglie

Autore: Lewis Carroll

Prima pubblicazione: Novembre 1865

Prima pubblicazione in Italia: 1872

La mia edizione: X edizione Febbraio 2008 // 2022

Editore italiano: Feltrinelli Editore // Rizzoli Editore

Collana: I classici – Universale economica Feltrinelli // BUR Deluxe 

Genere: Grandi classici, Romanzo, Fantasy

Numero di pagine: 189 // 222 (illustrazioni incluse)

Preceduto da: Le avventure di Alice sottoterra – 1864 (stampato nel 1886)

Seguito da: Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò (1871)

 

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Esplorare la dualità con il Dr. Jekyll e Mr. Hyde

Esplorare la dualità con il Dr. Jekyll e Mr. Hyde

Recensione de: Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson

GRANDI CLASSICINOVELLAFANTASTICOHORROR & GOTICO

Esplorare la dualità con il Dr. Jekyll e Mr. Hyde

In questo grande classico troviamo il concetto di dualità dell’essere umano fortemente estremizzato e anzi portato al limite ultimo, quello da cui non si è più in grado di fare ritorno. Ciò nonostante la dualità nell’essere umano non è fatta solo di bene e male, ma di equilibri tra le parti.

13 NOVEMBRE 2022 – TORINO

GRANDI CLASSICINOVELLAFANTASTICOHORROR & GOTICO

Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde Di Robert Louis Stevenson: ecco la mia recensione

Altro viaggio, altro libro.

Oramai direi che è diventata quasi una abitudine leggere più spesso quando sono fuori casa, che non lo sono. Forse perché il viaggio è un momento di introspezione (tra le altre cose) e la lettura ci si abbina davvero molto bene.

E accadde a me come accade a tanta parte dei miei simili, di scegliere la parte migliore e di non avere la forza necessaria a tenerla in vita.

Nel caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson, ho avuto modo di rileggerlo una seconda volta quando l’ho portato con me in Liguria dove sono andata per passare un weekend al mare (estate 2022). Quello è stato un week-end abbastanza improvvisato dunque l’unico bagaglio era un piccolo zaino, va da sé la necessità di portare con me un piccolo libro scelto rapidamente al mattino prima di andare in stazione.

E sono occasioni come questa che mi confermano il fatto che il libro che ci capita tra le mani, nuovo o “vecchio” che sia, lo fa sempre al momento giusto, come le persone del resto. E anche in in questo caso con il dottor Jekyll e Mr. Hyde di Robert Stevenson ho percepito la stessa ironica puntualità, mai casuale.

Lo strano caso del Dr.Jekyll e Mr.Hyde: la mia seconda volta

 

In questa recensione ti parlo della mia seconda lettura di questo libro e nel raccontartelo sono partita dall’ironia di come l’ho riletto proseguendo con il momento in cui, a livello personale, ho esplorato nuove dualità presenti nella mia vita e quindi nella mia persona.

Gli esseri umani, così come noi li incontriamo, sono un miscuglio di bene e di male.

Infatti la dualità presente nei personaggi del Dottor Jekyll e del Signor Hyde, non è poi così distante dalla dualità che regna in ciascuno di noi, semplicemente in questo caso il tutto viene estremizzato e reso gotico riuscendo a far emergere (allo stesso modo di come emerge Mr. Hyde), un aspetto che appartiene a ciascuno di noi e che tuttavia celiamo.

In questo caso tuttavia non mi sono soffermata tanto sulla differenza tra bene e male, quanto piuttosto sul concetto stesso di dualità.

Trama de Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde

La storia la conosciamo un po’ tutti, in fondo si parla di un romanzo famigerato!

Sintetizzando estremamente ci troviamo di fronte ad un medico, il Dr. Jekyll, che a seguito di numerosi esperimenti riesce a trovare la “drugs” giusta che gli consente di liberare la sua parte malvagia e priva di freni. Una sorta di “sturm und drang” personale.

Chiaramente non possiamo sapere se nella genesi di questo romanzo, è nata prima l’idea della “pozione” o della figura del “dottore”, eppure entrambi questi elementi conferiscono autorevolezza ad una trama altrimenti troppo assurda per essere accettata dalla mente razionale del lettore.

La tentazione di fare ciò che è proibito, proprio perché è proibito, è la più grande delle tentazioni.

Sospensione dell’incredulità….

Vero è vero che il lettore si impegna a sospendere la sua incredulità quando si approccia ad una determinata tipologia di romanzo, eppure in quest’occasione si è quasi naturalmente protesi a credere ad ogni singola evento descritto da Stevenson.

Significativa è la scelta di introdurre la pozione all’interno della narrazione, solo nelle ultime pagine del libro! Ciò nonostante non se ne sente assolutamente la mancanza fino a quel momento, poiché ogni singola pagina è dotata di eccellente credibilità.

C’è decisamente un motivo se ancora oggi lo leggiamo, ne parliamo e ne scriviamo e lo portiamo con noi quando facciamo un week-end di svago da qualche parte.

…e metodo scientifico

In lingua originale inglese la pozione è indicata con il termine drug che tra le varie interpretazioni del termine significa sia droga quanto farmaco. Ecco l’elemento scientifico! Non ci viene proposta una pozione venuta dal nulla, ma il frutto di una serie di esperimenti coscienziosi messi a punto non solo da un medico, ma da uno dei dottori più rispettati di tutta Londra.

Scoprii che certi agenti chimici avevano il potere di scuotere e soffiare via questo rivestimento di carne, come il vento fa volare le tende di un padiglione.

Tirare in ballo il metodo scientifico è una scelta narrativa, un escamotage, che consente al lettore di accedere naturalmente al patto di sospensione dell’incredulità poiché tutto sembra al lettore, come già detto, plausibile sin dalle prime pagine.

Così come era già accaduto in Frankenstein (1817), altro grande romanzo gotico, il tratto apparentemente soprannaturale trova immediata spiegazione in elementi che richiamano alla scienza e che quindi fanno leva sulla replicabilità del risultato, poiché questo non nasce dal caso.

Se il racconto di Mary Shelley (1817) può essere considerato l’avvento della fantascienza almeno dal punto di vista letterario, Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson prosegue con fierezza sulle stesse orme.

Empatia: un ponte sull’assurdo

Altro elemento che rende estremamente autentica la percezione di questo romanzo gotico è l’aspetto umano esplicitato nella preoccupazione dei cari amici di Mr. Hyde: Gabriel John Utterson, un avvocato, Richard Enfield, amico e cugino di Utterson e Hastie Lanyon, dottore e stretto amico di Utterson e Jekyll.

Questi infatti sin dalle prime pagine ci incuriosiscono dapprima con i loro racconti, proseguendo poi nel confessarsi l’un l’altro l’enorme preoccupazione nei riguardi del comune amico.

Anche il rapporto di empatia con i personaggi, consente al lettore di costruire un ponte sull’assurdità “razionale” degli eventi che Stevenson ci propone. Quasi si arrivasse ad aver “timore” che vivendo a Londra e aggirandosi per Cavendish Square si potesse incappare nella figura del Signor Hyde.

Ho imparato che l’uomo deve sopportare per sempre il peso e il destino della sua vita: quando tentiamo di disfarcene, essi ci ritornano addosso con nuova e più terribile violenza.

La stessa dualità del ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde

Anche leggendo le pagine de Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde (1890)  ritroviamo come già ne Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson (1886) una trasposizione letteraria del concetto di dualità dell’essere umano.

Da un lato abbiamo infatti la parte che mostriamo con orgoglio al mondo esterno, quella che consente agli altri di avere una buona opinione di noi e forse anche di noi stessi. In questo senso pensiamo anche alla bellezza del Signor Dorian Gray.

Dall’altro lato c’è invece la parte “censurata“ che è quindi bene nascondere affinché non contamini tutti i nostri sforzi, volti ad essere percepiti nel migliore dei modi, nel contesto sociale nel quale siamo inseriti e vogliamo rimanere.

Probabilmente la grande differenza tra questi due romanzi è che mente il Dorian Gray di Oscar Wildeintrappola il suo lato maligno” all’interno di un suo ritratto; il Dr. Jekyll di Stevenson concede libertà al suo AlterEgo: il Signor Hyde, addirittura intenzionalmente.

Tuttavia un punto di incontro tra questi due romanzi è assolutamente presente: la curiosità portata all’estremo, la volontà di esplorare il proprio lato oscuro anche se questo diventa brutale, crudele e maligno oltre ogni limite.

Volendo essere più attuali troviamo che Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson, un po’ come ci spiega Chiara Franchi in Fattore & altro non è se non l’invito a voler accogliere tutte le parti che ci compongono, senza tagliare fuori nulla anzi cercando in questa dicotomia un equilibrio che ci definirà poi nel nostro essere completi.

Lo strano caso…di come è stato salvato dalle fiamme

Come sappiamo accadrà per la Lolita di Nabokov (1955), anche per Lo strano caso del dottor Jekyll e di Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson, ci troviamo di fronte ad un romanzo di fama mondiale salvato dalle fiamme.

Mentre nel caso di Lolita fu Nabokov stesso a dare alle fiamme il manoscritto, salvato poi dalla moglie; in questo caso (da una delle versioni tramandateci) fu invece la stessa moglie di Stevenson a dar fuoco al manoscritto, costringendo quindi il marito a riscrivere tutto nella versione che conosciamo oggi.

Mio marito ha scritto una vera schifezza, è un racconto senza senso. Fortunatamente lo ha dimenticato e io lo brucerò dopo avertelo mostrato.

– FANNY VAN DE GRIFT

Genesi del romanzo

Ancora ad oggi non si è raggiunta una versione univoca rispetto a quella che è la genesi de Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde. Ciò che è ben noto però è che la storia sia nata nel periodo in cui lo scrittore, al culmine della sua fama per aver scritto L’Isola del tesoro (1883) viene colpito da tubercolosi. Le continue emorragie e il dolore fisico lo portarono a chiedere al suo medico dei farmaci che potessero alleviare i suoi disturbi, così iniziò ad assumere ergotina negli effetti molto simile alla cocaina.

E se da un lato questi rimedi alleggerivano la sua condizione, dall’altro gli causavano una serie di allucinazioni, le quali però gli consentirono di creare questo capolavoro che ora abbiamo tra le mani.

Tra le poche informazioni certe di cui disponiamo e che Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde ebbe due versioni: la prima che andò le fiamme (non si sa bene se fu lo stesso Stevenson a darlo alle fiamme o se fu la moglie che sconcertata bozze del manoscritto scelse in tal senso), mentre la seconda prese vita nell’arco di sei giorni ed è quella che ad oggi possiamo leggere.

Che un invalido nelle condizioni di salute di mio marito fosse stato in grado di mettere su carta sessantamila parole in sei giorni sembrava veramente incredibile.

– FANNY VAN DE GRIFT

Il Dr. Jekyll e Mr Hyde: perché leggerlo

Nonostante sia stato pubblicato nel 1886 questo romanzo risulta attuale in maniera sconcertante.

Come già detto è molto breve (106 pagine nella mia edizione Feltrinelli, 144 nell’edizione illustrata BUR Deluxe), eppure è avvincente come se fosse un thriller di Dan Brown (Il codice da Vinci del 2003 – oppure Angeli e Demoni del 2000, nel mio ordine di lettura).

Io stessa ho scelto di interrompere la lettura nei momenti di climax, perché altrimenti davvero lo avrei finito troppo velocemente, poiché gli occhi correvano veloci sulle pagine affamati di scoprire cosa succederà nella prossima scena.

Le trasposizioni letterarie e cinematografiche sono innumerevoli, tuttavia la vera essenza la si può scoprire solo leggendo la versione originale e perché no?! (se si conosce la lingua) proprio quella inglese che, seppur appartenente ad un genere totalmente diverso, anche in Alice nel paese delle meraviglie di Carroll, dà grandi soddisfazioni.

Oltre all’enorme capacità di coinvolgere il lettore di Stevenson che ci fa pensare al Melville di Boby Dick, troviamo certamente una morale profonda e sintetica.

La curiosità nel superare certi limiti è indubbiamente una tentazione, eppure prima di addentrarsi in profondità in luoghi sconosciuti ci si dovrebbe chiedere prima se ne vale la pena poiché la possibilità di percorrere la medesima strada al contrario non è garantita (vedi nuovamente Alice), e nel caso, certamente non facile.

P.s. Forse in linea con questo libro anche io ho riscritto questo articolo due volte: il primo scritto tutto d’un fiato si è perso chissà dove con mio grande dispiacere, perché mi piaceva molto il risultato. Dunque come per il romanzo di cui tratta questo articolo, anche dal mio lato propongo una seconda stesura. Spero davvero che sia esaustiva e coinvolgente al punto di farti leggere questo capolavoro letterario, un grande classico che merita di stare in qualsiasi bliblioteca privata e non.

Buona lettura.

Info bibliografiche

Titolo originale: Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde (inglese)

Titolo: Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde

Autore: Rober Louise Stevenson

Prima pubblicazione: 1886

Prima pubblicazione in Italia: 1905

La mia edizione: XII edizione Settembre 2005 // 2022

Editore italiano: Feltrinelli Editore // Rizzoli Editore

Collana: I classici – Universale economica Feltrinelli // BUR Deluxe

Genere: Grandi classici, Romanzo, Fantasy, Horror, Gotico, Fantascienza

Numero di pagine: 111 (postfazione inclusa) // 222 (illustrazioni incluse)

Preceduto da: Il principe Otto – 1885

Seguito da: Il ragazzo rapito – 1886

 

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Le favole per Esopo? Un pretesto per insegnarci l’ “essere” umani

Le favole per Esopo? Un pretesto per insegnarci l’ “essere” umani

Il classico greco Favole di Esopo nell'edizione BUR Deluxe

GRANDI CLASSICINOVELLAFANTASTICORAGAZZI

Le favole per Esopo? Un pretesto per insegnarci l’ “essere” umani

Talmente tanto radicato nella nostra cultura che in maniera consapevole o meno tutti noi conosciamo le favole più emblematiche di Esopo. Perché leggerlo? Ci aiuta a trovare la morale in ogni situazione

13 NOVEMBRE 2022 – TORINO

GRANDI CLASSICINOVELLAFANTASTICORAGAZZI

Le favole di Esopo. Ecco la mia recensione

Quale fra tutte le 358 è la tua preferita? Perché?

Le favole di Esopo sono uno di quei libri che in qualche modo tutti quanti abbiamo già letto. Sì perché sono talmente tanto presenti nella cultura popolare da millenni, che abbiamo assorbito senza neanche accorgercene la loro saggezza.pensiamo infatti alla storia della cicale della formica, facciamo battute sulla gallina dalle uova d’oro pensiamo alla tartaruga e la lepre, eppure è così facendo i ripercorriamo quelle che sono le morali che di volta in volta possiamo applicare alla nostra vita quotidiana.

Questo libro nell’edizione BUR Deluxe l’ho comprato in occasione del del mio primo Salone del libro torinese, era il 17 ottobre 2021. Di questa stessa edizione avevo già comprato Le Mille e una notte e nel corso del tempo ho continuato a comprare anche i libri che avevo già letto, come ad esempio Alice nel paese delle meraviglie o Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde, proprio in funzione del piacere di aggiungere alla mia collezione questa edizione di pregio. 

La volpe e l’uva – 32

Una volpe affamata vide dei grappoli d’uva che prendevano da un pergolato e tentò di afferrarli. Ma non ci riuscì. “Robaccia acerba!” Disse allora fra sé e sé, e se ne andò. Così, anche fra gli uomini, ciechi, non riuscendo, per incapacità, a raggiungere il suo intento, ne dà la colpa alle circostanze.

Il giovane prodigio e la rondine


[…] La favola mostra che tutto quello che si fa fuori tempo è pericoloso.

Favole da leggere alla sera

Esopo fu uno scrittore vissuto nell’antica Grecia (VII-VI secolo a.C.), così non ci sorprende la sua grande saggezza.

Certamente le favole di Esopo non sono un libro da leggere tutto d’un fiato, la pena sarebbe la noia, e indubbiamente questo non renderebbe giustizia alla capolavoro e pietra miliare che questo testo rappresenta oramai da millenni.

La volpe che non aveva mai visto un leone – 42

[…] La favola mostra che l’abitudine rende tollerabili anche le cose spaventose.

Personalmente ho l’abitudine di leggere alla sera dei racconti brevi o delle poesie, dunque in alcune occasioni ho sostituito queste letture con le favole di Esopo. Questo mi ha dato modo di assimilarle e di comprenderle dando loro il giusto tempo.

Le favole di Esopo non sono favole lunghe sono invece molto brevi, forse per questo molto adatte ad essere trasmesse oralmente. Azzardo che proprio questa loro caratteristica è stata la causa a contribuito alla loro diffusione nel corso del tempo.

Tuttavia se da un lato il loro essere brevi e concise è indubbiamente un punto di forza, dall’altro troviamo che questo possa, nel momento in cui le leggiamo e non ascoltiamo, ad essere disattenti perdendosi quindi alcuni passaggi importanti.ammetto infatti che più di una favola è stata da me riletta proprio perché il mio occhio correva veloce sul testo.

Il bifolco ed Eracle – 72

[…] Muoviti prima, e dopo prega!
Se no, preghi per niente.

Per Esopo siamo esseri umani o animali?

Sebbene ad oggi quando ci parlano di favole ci viene da portare la mente nella mente si crea si creano immagini di personaggi umani, nel caso delle favole di Esopo troviamo invece animali con doti, difetti e virtù che incarnano intensamente l’essere (verbo) umano.

Questi infatti sono invidiosi e saggi, avidi o coraggiosi, ipocriti o astuti sempre pronti a trovare stratagemmi per avere un tornaconto sull’altro. In generale la visione dell’essere umano di Esopo non è particolarmente lusinghiero, eppure e forse proprio il leggere ciò che l’essere umano ciò che siamo in grado di farci l’un l’altro, chi è in grado di farci desistere dal farlo o comunque riconoscere il momento in cui siamo per compiere un determinato una determinata azione.

E alcune di queste favole ci fanno sorridere, altri a riflettere, altre non le capiamo affatto, eppure in molte di queste ciascuno di noi può riconoscere tratti di se stesso e delle persone che ci circondano o che abbiamo incontrato nel corso della nostra vita. Nell’edizione Borra dell’Ax i disegni sono ovviamente meravigliosi, e credo sia positivo leggere un testo del genere in versione illustrata soprattutto se lo si legge in età adulta come ho fatto io, aldilà delle occasioni scolastiche in cui certamente mi sono imbattuta.

E le favole di Esopo sono un testo indubbiamente pedagogico e formativo e quindi formativo, adatto davvero ad un pubblico di tutte le età e pure credo che l’età migliore le età migliori per portarsi a questo testo siano al di sotto degli otto anni e nella fascia di età 30 40.

Questo perché in età acerba ce la curiosità la permeabilità che consente la corretta interiorizzazione dei delle morali che Esopo si propone. Mentre in un’età più matura possiamo effettivamente rendersi conto se con le nostre azioni ci stiamo portando fuori strada o comunque lo abbiamo fatto in passato, questo ci consente una autocritica edificante seppur fatta in maniera leggera.

Il naufrago – 53

[…] Noi pure, dunque oltre a pregare gli dei, dobbiamo provvedere personalmente fatti nostri.

Il gracchio e la volpe – 160

Un granchio affamato sarà posato su un fico e, trovati dei piccoli fichi ancora acerbi, aspettava che diventassero grossi e maturi.la volpe che lo vedeva continuamente la fermo, quando ne seppe il motivo, gli disse: “Caro mio, se ti attacchi alla speranza, sbagli di grosso la speranza è un pastore che ti porta a spasso, ma la pancia non te la riempie“.

I viandanti e la sterpaglia – 258

[…] che erano degli sciocchi ad aspettare quello che non c’era. […]

Favole da leggere alla sera

Mentre leggevo le ultime pagine mi è venuto in mente un esercizio che mi che spero di poter fare insieme ad un ad una giovane mente. La quasi totalità delle favole divide la morale dal corpo della favola stessa e, alcuni di queste tuttavia non hanno questo tipo di impostazione dunque lasciano al lettore la possibilità di scriverla nella propria mente. Dunque sarebbe molto bello molto interessante fare appunto questo esercizio di scrittura assieme ad una giovane giovane mente in modo tale da consentirgli di consentirgli quello sforzo mentale tale da rendere ancora più efficace l’assorbire una determinata informazione e da parte nostra di scoprire avere il piacere di scoprire come un bambino o una bambina interpretano una determinata favola di quelle di Esopo.

Forse mi è venuto in mente questo tipo di esercizio proprio perché, seppure in forma diversa, è quello che faccio con ogni libro scrivendo su questo mio blog.

Il carbonaio e il lavandaio – 56

La favola mostra che non si possono mettere insieme le cose che fanno a pugni tra di loro.

L’asino e il mulo che portavano un carico uguale – 272

[…] Anche noi, per giudicare la condizione di ciascuno, non dobbiamo guardare come comincia, ma come va a finire.

Addirittura in una realtà familiare, sarebbe davvero molto bello avere addirittura un quaderno separato scritto a mano ovviamente), dove si riportano di volta in volta le morali quanto meno delle favole più significative. Questo quaderno potrà il corso degli anni essere ripreso in mano e quindi usato come promemoria affinché nella nostra mente rimanga sempre vivo il ricordo delle morali che abbiamo appreso.

E tra le altre non so bene come mai ci ho pensato solo da metà libro in poi, di provare ad individuare degli animali che sentivo più familiari per il modo in cui affrontavano le loro disavventure. Anche questo può essere un esercizio interessante a qualunque età.

Ovviamente su 358 favole si rischia di dimenticarne qualcuno eppure ritengo che gli animali più interessanti sono il:

  • Cinghiale della favola 328: il cinghiale, il cavallo il cacciatore vai a capo
  • La scrofa favola 329: la scrofa e la cagna che si insultavano a vicenda
  • La gru favola 333 the il pavone e la gru
  • Il leone favola 338: l’arciere il leone

Eppure con onesta dico che tutte le morali in queste quattro favole sono già presenti in tante altre, perché davvero le morali sono spesso molto simili tra di loro questo esplicita ancora di più il fatto che nonostante l’essere umano possa affrontare variegate situazioni alla fine il risultato e quindi l’insegnamento resta il medesimo.

Le rane del pantano – 68

La favola mostra che non bisogna mai avventurarsi imprudentemente in un’impresa.

Info bibliografiche


Titolo originale:  Aἰσώπου μῦθοι (greco antico)

Titolo:  Favole

Autore: Esopo

Prima pubblicazione: VI secolo

Prima pubblicazione in Italia: XV secolo

La mia edizione: giugno 2020

Editore italiano: Rizzoli

Collana: BUR Deluxe

Genere: Novella, favola

Numero di pagine: 235 (illustrazioni incluse)

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