Alice e la follia di un mondo assurdamente meraviglioso

Alice e la follia di un mondo assurdamente meraviglioso

GRANDI CLASSICI

Alice e la follia di un mondo assurdamente meraviglioso

Ambientazione onirica per questo grande classico della letteratura del 1865. Lewis Carroll ci lascia entrare nel paese delle meraviglie della sua Alice e non possiamo fare altro che rimanere catturati dalla meravigliosa assurdità di luoghi e personaggi che incontriamo pagina dopo pagina. La morale? Scoprila in questo articolo.

13 NOVEMBRE 2022

GRANDI CLASSICI

Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll. Ecco la mia recensione.

Qualche giorno fa sono passata davanti a una vetrina allestita con delle gigantografie di carte da gioco, così nella mia mente non ho potuto far altro che immaginare la Regina di cuori di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll.

Così ho acquistato una nuova edizione di questo libro da aggiungere alla mia biblioteca, ma stavolta ho scelto una versione illustrata: una BUR Deluxe, che ora fa la sua bella figura vicino alla comunque bella edizione Feltrinelli, che in questo articolo riporto e che di fatto è stata la prima che ho letto.

Così come tanti di noi, anche io ho avuto il mio primo approccio con Alice nel paese delle meraviglie grazie al mondo Disney. Quando invece ho letto il libro per la prima volta per me è stato un piacere trovare una certa similitudine, tra le immagini consolidate nella mia mente a forza di guardare questo film d’animazione e il capolavoro di Lewis Carroll.

Davvero un piacere.

Mi ritrovo a scrivere questo articolo dopo aver letto per la seconda volta questo libro. E anche in questo caso, come ultimamente è stato con la rilettura de: Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde, ho colto sfumature che erano passate inosservate durante la mia prima lettura.

Il punto su cui è stato per me interessante soffermarmi, oltre quello dell’onirico che diventa il mondo in cui mi sono “trasferita” per il tempo che ho impiegato a rileggere Alice nel paese delle meraviglie, è proprio sulla sua protagonista: Alice stessa.

Probabilmente questa riflessione non sarebbe mai potuta nascere nella mia mente, quando ho letto questo libro la prima volta che avevo 16 anni; ma alcuni libri si leggono proprio per questo: per comprenderli meglio e offrire loro il nostro vissuto affinché nuove riflessioni e interpretazioni emergano.

Scoprire Alice, nel paese delle meraviglie

Quasi per caso, Alice nel paese delle meraviglie è nato…

…per far piacere a una bambina che amavo…

Magari (immagino) le sembianze stesse dell’Alice che conosciamo noi, vengono proprio da questa bambina cara al cuore di Carroll che all’epoca doveva ancora crescere, ed evidentemente ne aveva voglia non come i bambini sperduti del Peter Pan di James Matthew Barrie.

Alice nonostante visivamente sia rappresentata come una “bambolina” con tanto di calze bianche (come le mie nelle foto), scarpe di vernice, vestito di tulle e boccoli biondi, non è affatto il personaggio passivo che si potrebbe immaginare. Che questa bambina non ha un carattere facile lo intendiamo bene già dalle prime pagine, e questo ovviamente prosegue per l’ intero racconto. Alice risulta infatti una “ragazzina viziata” eppure c’è il lei il germe di una forza d’animo che non si conoscerà appieno all’interno di Alice nel paese delle meraviglie, bensì in Alice attraverso lo specchio.

Ho scritto poc’anzi che Alice non è un personaggio passivo, infatti non manca di far sentire la sua voce quando lo ritiene più opportuno. Tipicamente diventa una eroina nel senso letterario del termine, che si schiera per difendere chi non è in grado di farlo da solo, incurante di quelle che saranno le conseguenze, prima di tutti per se stessa.

Non sono tutti boccoli dorati quelli che luccicano, infatti in alcune occasioni il personaggio di Alice risulta realmente “fastidioso” che acceleriamo nella lettura per passare alla scena successiva. Il suo atteggiamento riesce a oscillare dal totalmente disinteressato al saccente, quasi assorbisse il comportamento generale che ritroviamo in molti degli altri personaggi e del “paese delle meraviglie. 

Si pensi al Cappellaio matto, al Brucaliffo, ai fiori, allo Stregatto e ovviamente alla Regina di cuori e al Re; dunque in tal senso è congruo riscontrare questi tratti anche nel personaggio di Alice.

Eppure in Alice, queste occasioni comportamentali risultano tipiche di un’età acerba e che vengono perfettamente controbilanciate dalla propensione per un comportamento corretto nei confronti degli altri, nonostante questo le costi non poca fatica considerato sia il suo modo di fare sia il contesto “meraviglioso” nel quale è inserita.

Non è certamente un caso se una delle frasi più celebri è proprio:

Io mi so dare ottimi consigli ma poi seguirli mai non so.

Alice cresce e noi con lei

Voglio ritornare sul fatto che davvero il personaggio di Alice è molto interessante anche all’occhio adulto (questa mia seconda rilettura la faccio a 33 anni) in quanto abbiamo il piacere di scoprire alla fine due personaggi in uno. C’è infatti la Alice dell’inizio libro e c’è la Alice delle ultime pagine, che matura e accetta di diventare adulta anche grazie all’eccesso di “follia” dal quale lei per prima ne era assolutamente attratta.

Tutto questo semplicemente per insegnarci che saremo sempre immersi in un mondo folle (più o meno a seconda dei casi) eppure se noi abbiamo dei punti fermi, delle regole, comunque sapremo cavarcela.

E per certi versi non si può fare altro che volgere il pensiero anche al Pinocchio di Carlo Collodi.

Morale

Ogni cosa ha la sua morale, basta trovarla.

Probabilmente per un libro che esprime tutta l’ammirazione dell’autore per James Joyce e per le sue “parole-baule“, per sintetizzare la morale la scelta migliore è proprio quello di utilizzare parole che lo stesso Carroll mette in bocca al Re nel suo “paese delle meraviglie”:

Inizia dall’inizio e vai avanti finché non arrivi alla fine: poi, fermati.

Un invito pertanto ad avanzare nella propria esistenza indipendentemente da tutto, probabilmente persino indipendentemente dalla strada scelta, poiché ce n’è e se sempre che ne sarà una gran moltitudine (di scelte). Dunque l’importante è esplorare, rischiare di cadere in un buco con la garanzia che certamente si arriverà in luoghi meravigliosi. E se ci troviamo in un periodo grigio della nostra vita, avendo la passione per la lettura, abbiamo la possibilità di immergersi nel colorato, assurdo e atemporale mondo di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll.

Info bibliografiche

Titolo originale: Alice’s adventures in wonderland (inglese)

Titolo: Alice nel paese delle meraviglie

Autore: Lewis Carroll

Prima pubblicazione: Novembre 1865

Prima pubblicazione in Italia: 1872

La mia edizione: X edizione Febbraio 2008 // 2022

Editore italiano: Feltrinelli Editore // Rizzoli Editore

Collana: I classici – Universale economica Feltrinelli // BUR Deluxe 

Genere: Grandi classici, Romanzo, Fantasy

Numero di pagine: 189 // 222 (illustrazioni incluse)

Preceduto da: Le avventure di Alice sottoterra – 1864 (stampato nel 1886)

Seguito da: Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò (1871)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Esplorare la dualità con il Dr. Jekyll e Mr. Hyde

Esplorare la dualità con il Dr. Jekyll e Mr. Hyde

GRANDI CLASSICI

Esplorare la dualità con il Dr. Jekyll e Mr. Hyde

In questo grande classico troviamo il concetto di dualità dell’essere umano fortemente estremizzato e anzi portato al limite ultimo, quello da cui non si è più in grado di fare ritorno. Ciò nonostante la dualità nell’essere umano non è fatta solo di bene e male, ma di equilibri tra le parti.

13 NOVEMBRE 2022

GRANDI CLASSICI

Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde Di Robert Louis Stevenson: ecco la mia recensione

Altro viaggio, altro libro.

Oramai direi che è diventata quasi una abitudine leggere più spesso quando sono fuori casa, che non lo sono. Forse perché il viaggio è un momento di introspezione (tra le altre cose) e la lettura ci si abbina davvero molto bene.

E accadde a me come accade a tanta parte dei miei simili, di scegliere la parte migliore e di non avere la forza necessaria a tenerla in vita.

Nel caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson, ho avuto modo di rileggerlo una seconda volta quando l’ho portato con me in Liguria dove sono andata per passare un weekend al mare (estate 2022). Quello è stato un week-end abbastanza improvvisato dunque l’unico bagaglio era un piccolo zaino, va da sé la necessità di portare con me un piccolo libro scelto rapidamente al mattino prima di andare in stazione.

E sono occasioni come questa che mi confermano il fatto che il libro che ci capita tra le mani, nuovo o “vecchio” che sia, lo fa sempre al momento giusto, come le persone del resto. E anche in in questo caso con il dottor Jekyll e Mr. Hyde di Robert Stevenson ho percepito la stessa ironica puntualità, mai casuale.

Lo strano caso del Dr.Jekyll e Mr.Hyde: la mia seconda volta

 

In questa recensione ti parlo della mia seconda lettura di questo libro e nel raccontartelo sono partita dall’ironia di come l’ho riletto proseguendo con il momento in cui, a livello personale, ho esplorato nuove dualità presenti nella mia vita e quindi nella mia persona.

Gli esseri umani, così come noi li incontriamo, sono un miscuglio di bene e di male.

Infatti la dualità presente nei personaggi del Dottor Jekyll e del Signor Hyde, non è poi così distante dalla dualità che regna in ciascuno di noi, semplicemente in questo caso il tutto viene estremizzato e reso gotico riuscendo a far emergere (allo stesso modo di come emerge Mr. Hyde), un aspetto che appartiene a ciascuno di noi e che tuttavia celiamo.

In questo caso tuttavia non mi sono soffermata tanto sulla differenza tra bene e male, quanto piuttosto sul concetto stesso di dualità.

Trama de Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde

La storia la conosciamo un po’ tutti, in fondo si parla di un romanzo famigerato!

Sintetizzando estremamente ci troviamo di fronte ad un medico, il Dr. Jekyll, che a seguito di numerosi esperimenti riesce a trovare la “drugs” giusta che gli consente di liberare la sua parte malvagia e priva di freni. Una sorta di “sturm und drang” personale.

Chiaramente non possiamo sapere se nella genesi di questo romanzo, è nata prima l’idea della “pozione” o della figura del “dottore”, eppure entrambi questi elementi conferiscono autorevolezza ad una trama altrimenti troppo assurda per essere accettata dalla mente razionale del lettore.

La tentazione di fare ciò che è proibito, proprio perché è proibito, è la più grande delle tentazioni.

Sospensione dell’incredulità….

Vero è vero che il lettore si impegna a sospendere la sua incredulità quando si approccia ad una determinata tipologia di romanzo, eppure in quest’occasione si è quasi naturalmente protesi a credere ad ogni singola evento descritto da Stevenson.

Significativa è la scelta di introdurre la pozione all’interno della narrazione, solo nelle ultime pagine del libro! Ciò nonostante non se ne sente assolutamente la mancanza fino a quel momento, poiché ogni singola pagina è dotata di eccellente credibilità.

C’è decisamente un motivo se ancora oggi lo leggiamo, ne parliamo e ne scriviamo e lo portiamo con noi quando facciamo un week-end di svago da qualche parte.

…e metodo scientifico

In lingua originale inglese la pozione è indicata con il termine drug che tra le varie interpretazioni del termine significa sia droga quanto farmaco. Ecco l’elemento scientifico! Non ci viene proposta una pozione venuta dal nulla, ma il frutto di una serie di esperimenti coscienziosi messi a punto non solo da un medico, ma da uno dei dottori più rispettati di tutta Londra.

Scoprii che certi agenti chimici avevano il potere di scuotere e soffiare via questo rivestimento di carne, come il vento fa volare le tende di un padiglione.

Tirare in ballo il metodo scientifico è una scelta narrativa, un escamotage, che consente al lettore di accedere naturalmente al patto di sospensione dell’incredulità poiché tutto sembra al lettore, come già detto, plausibile sin dalle prime pagine.

Così come era già accaduto in Frankenstein (1817), altro grande romanzo gotico, il tratto apparentemente soprannaturale trova immediata spiegazione in elementi che richiamano alla scienza e che quindi fanno leva sulla replicabilità del risultato, poiché questo non nasce dal caso.

Se il racconto di Mary Shelley (1817) può essere considerato l’avvento della fantascienza almeno dal punto di vista letterario, Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson prosegue con fierezza sulle stesse orme.

Empatia: un ponte sull’assurdo

Altro elemento che rende estremamente autentica la percezione di questo romanzo gotico è l’aspetto umano esplicitato nella preoccupazione dei cari amici di Mr. Hyde: Gabriel John Utterson, un avvocato, Richard Enfield, amico e cugino di Utterson e Hastie Lanyon, dottore e stretto amico di Utterson e Jekyll.

Questi infatti sin dalle prime pagine ci incuriosiscono dapprima con i loro racconti, proseguendo poi nel confessarsi l’un l’altro l’enorme preoccupazione nei riguardi del comune amico.

Anche il rapporto di empatia con i personaggi, consente al lettore di costruire un ponte sull’assurdità “razionale” degli eventi che Stevenson ci propone. Quasi si arrivasse ad aver “timore” che vivendo a Londra e aggirandosi per Cavendish Square si potesse incappare nella figura del Signor Hyde.

Ho imparato che l’uomo deve sopportare per sempre il peso e il destino della sua vita: quando tentiamo di disfarcene, essi ci ritornano addosso con nuova e più terribile violenza.

La stessa dualità del ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde

Anche leggendo le pagine de Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde (1890)  ritroviamo come già ne Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson (1886) una trasposizione letteraria del concetto di dualità dell’essere umano.

Da un lato abbiamo infatti la parte che mostriamo con orgoglio al mondo esterno, quella che consente agli altri di avere una buona opinione di noi e forse anche di noi stessi. In questo senso pensiamo anche alla bellezza del Signor Dorian Gray.

Dall’altro lato c’è invece la parte “censurata“ che è quindi bene nascondere affinché non contamini tutti i nostri sforzi, volti ad essere percepiti nel migliore dei modi, nel contesto sociale nel quale siamo inseriti e vogliamo rimanere.

Probabilmente la grande differenza tra questi due romanzi è che mente il Dorian Gray di Oscar Wildeintrappola il suo lato maligno” all’interno di un suo ritratto; il Dr. Jekyll di Stevenson concede libertà al suo AlterEgo: il Signor Hyde, addirittura intenzionalmente.

Tuttavia un punto di incontro tra questi due romanzi è assolutamente presente: la curiosità portata all’estremo, la volontà di esplorare il proprio lato oscuro anche se questo diventa brutale, crudele e maligno oltre ogni limite.

Volendo essere più attuali troviamo che Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson, un po’ come ci spiega Chiara Franchi in Fattore & altro non è se non l’invito a voler accogliere tutte le parti che ci compongono, senza tagliare fuori nulla anzi cercando in questa dicotomia un equilibrio che ci definirà poi nel nostro essere completi.

Lo strano caso…di come è stato salvato dalle fiamme

Come sappiamo accadrà per la Lolita di Nabokov (1955), anche per Lo strano caso del dottor Jekyll e di Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson, ci troviamo di fronte ad un romanzo di fama mondiale salvato dalle fiamme.

Mentre nel caso di Lolita fu Nabokov stesso a dare alle fiamme il manoscritto, salvato poi dalla moglie; in questo caso (da una delle versioni tramandateci) fu invece la stessa moglie di Stevenson a dar fuoco al manoscritto, costringendo quindi il marito a riscrivere tutto nella versione che conosciamo oggi.

Mio marito ha scritto una vera schifezza, è un racconto senza senso. Fortunatamente lo ha dimenticato e io lo brucerò dopo avertelo mostrato.

– FANNY VAN DE GRIFT

Genesi del romanzo

Ancora ad oggi non si è raggiunta una versione univoca rispetto a quella che è la genesi de Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde. Ciò che è ben noto però è che la storia sia nata nel periodo in cui lo scrittore, al culmine della sua fama per aver scritto L’Isola del tesoro (1883) viene colpito da tubercolosi. Le continue emorragie e il dolore fisico lo portarono a chiedere al suo medico dei farmaci che potessero alleviare i suoi disturbi, così iniziò ad assumere ergotina negli effetti molto simile alla cocaina.

E se da un lato questi rimedi alleggerivano la sua condizione, dall’altro gli causavano una serie di allucinazioni, le quali però gli consentirono di creare questo capolavoro che ora abbiamo tra le mani.

Tra le poche informazioni certe di cui disponiamo e che Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde ebbe due versioni: la prima che andò le fiamme (non si sa bene se fu lo stesso Stevenson a darlo alle fiamme o se fu la moglie che sconcertata bozze del manoscritto scelse in tal senso), mentre la seconda prese vita nell’arco di sei giorni ed è quella che ad oggi possiamo leggere.

Che un invalido nelle condizioni di salute di mio marito fosse stato in grado di mettere su carta sessantamila parole in sei giorni sembrava veramente incredibile.

– FANNY VAN DE GRIFT

Il Dr. Jekyll e Mr Hyde: perché leggerlo

Nonostante sia stato pubblicato nel 1886 questo romanzo risulta attuale in maniera sconcertante.

Come già detto è molto breve (106 pagine nella mia edizione Feltrinelli, 144 nell’edizione illustrata BUR Deluxe), eppure è avvincente come se fosse un thriller di Dan Brown (Il codice da Vinci del 2003 – oppure Angeli e Demoni del 2000, nel mio ordine di lettura).

Io stessa ho scelto di interrompere la lettura nei momenti di climax, perché altrimenti davvero lo avrei finito troppo velocemente, poiché gli occhi correvano veloci sulle pagine affamati di scoprire cosa succederà nella prossima scena.

Le trasposizioni letterarie e cinematografiche sono innumerevoli, tuttavia la vera essenza la si può scoprire solo leggendo la versione originale e perché no?! (se si conosce la lingua) proprio quella inglese che, seppur appartenente ad un genere totalmente diverso, anche in Alice nel paese delle meraviglie di Carroll, dà grandi soddisfazioni.

Oltre all’enorme capacità di coinvolgere il lettore di Stevenson che ci fa pensare al Melville di Boby Dick, troviamo certamente una morale profonda e sintetica.

La curiosità nel superare certi limiti è indubbiamente una tentazione, eppure prima di addentrarsi in profondità in luoghi sconosciuti ci si dovrebbe chiedere prima se ne vale la pena poiché la possibilità di percorrere la medesima strada al contrario non è garantita (vedi nuovamente Alice), e nel caso, certamente non facile.

P.s. Forse in linea con questo libro anche io ho riscritto questo articolo due volte: il primo scritto tutto d’un fiato si è perso chissà dove con mio grande dispiacere, perché mi piaceva molto il risultato. Dunque come per il romanzo di cui tratta questo articolo, anche dal mio lato propongo una seconda stesura. Spero davvero che sia esaustiva e coinvolgente al punto di farti leggere questo capolavoro letterario, un grande classico che merita di stare in qualsiasi bliblioteca privata e non.

Buona lettura.

Info bibliografiche

Titolo originale: Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde (inglese)

Titolo: Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde

Autore: Rober Louise Stevenson

Prima pubblicazione: 1886

Prima pubblicazione in Italia: 1905

La mia edizione: XII edizione Settembre 2005 // 2022

Editore italiano: Feltrinelli Editore // Rizzoli Editore

Collana: I classici – Universale economica Feltrinelli // BUR Deluxe

Genere: Grandi classici, Romanzo, Fantasy, Horror, Gotico, Fantascienza

Numero di pagine: 111 (postfazione inclusa) // 222 (illustrazioni incluse)

Preceduto da: Il principe Otto – 1885

Seguito da: Il ragazzo rapito – 1886

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le favole per Esopo? Un pretesto per insegnarci l’ “essere” umani

Le favole per Esopo? Un pretesto per insegnarci l’ “essere” umani

CLASSICI GRECI

Le favole per Esopo? Un pretesto per insegnarci l’ “essere” umani

Talmente tanto radicato nella nostra cultura che in maniera consapevole o meno tutti noi conosciamo le favole più emblematiche di Esopo. Perché leggerlo? Ci aiuta a trovare la morale in ogni situazione

13 NOVEMBRE 2022

CLASSICI GRECI

Le favole di Esopo. Ecco la mia recensione

Quale fra tutte le 358 è la tua preferita? Perché?

Le favole di Esopo sono uno di quei libri che in qualche modo tutti quanti abbiamo già letto. Sì perché sono talmente tanto presenti nella cultura popolare da millenni, che abbiamo assorbito senza neanche accorgercene la loro saggezza.pensiamo infatti alla storia della cicale della formica, facciamo battute sulla gallina dalle uova d’oro pensiamo alla tartaruga e la lepre, eppure è così facendo i ripercorriamo quelle che sono le morali che di volta in volta possiamo applicare alla nostra vita quotidiana.

Questo libro nell’edizione BUR Deluxe l’ho comprato in occasione del del mio primo Salone del libro torinese, era il 17 ottobre 2021. Di questa stessa edizione avevo già comprato Le Mille e una notte e nel corso del tempo ho continuato a comprare anche i libri che avevo già letto, come ad esempio Alice nel paese delle meraviglie o Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde, proprio in funzione del piacere di aggiungere alla mia collezione questa edizione di pregio. 

La volpe e l’uva – 32

Una volpe affamata vide dei grappoli d’uva che prendevano da un pergolato e tentò di afferrarli. Ma non ci riuscì. “Robaccia acerba!” Disse allora fra sé e sé, e se ne andò. Così, anche fra gli uomini, ciechi, non riuscendo, per incapacità, a raggiungere il suo intento, ne dà la colpa alle circostanze.

Il giovane prodigio e la rondine

[…] La favola mostra che tutto quello che si fa fuori tempo è pericoloso.

Favole da leggere alla sera

Esopo fu uno scrittore vissuto nell’antica Grecia (VII-VI secolo a.C.), così non ci sorprende la sua grande saggezza.

Certamente le favole di Esopo non sono un libro da leggere tutto d’un fiato, la pena sarebbe la noia, e indubbiamente questo non renderebbe giustizia alla capolavoro e pietra miliare che questo testo rappresenta oramai da millenni.

La volpe che non aveva mai visto un leone – 42

[…] La favola mostra che l’abitudine rende tollerabili anche le cose spaventose.

Personalmente ho l’abitudine di leggere alla sera dei racconti brevi o delle poesie, dunque in alcune occasioni ho sostituito queste letture con le favole di Esopo. Questo mi ha dato modo di assimilarle e di comprenderle dando loro il giusto tempo.

Le favole di Esopo non sono favole lunghe sono invece molto brevi, forse per questo molto adatte ad essere trasmesse oralmente. Azzardo che proprio questa loro caratteristica è stata la causa a contribuito alla loro diffusione nel corso del tempo.

Tuttavia se da un lato il loro essere brevi e concise è indubbiamente un punto di forza, dall’altro troviamo che questo possa, nel momento in cui le leggiamo e non ascoltiamo, ad essere disattenti perdendosi quindi alcuni passaggi importanti.ammetto infatti che più di una favola è stata da me riletta proprio perché il mio occhio correva veloce sul testo.

Il bifolco ed Eracle – 72

[…] Muoviti prima, e dopo prega!
Se no, preghi per niente.

Per Esopo siamo esseri umani o animali?

Sebbene ad oggi quando ci parlano di favole ci viene da portare la mente nella mente si crea si creano immagini di personaggi umani, nel caso delle favole di Esopo troviamo invece animali con doti, difetti e virtù che incarnano intensamente l’essere (verbo) umano.

Questi infatti sono invidiosi e saggi, avidi o coraggiosi, ipocriti o astuti sempre pronti a trovare stratagemmi per avere un tornaconto sull’altro. In generale la visione dell’essere umano di Esopo non è particolarmente lusinghiero, eppure e forse proprio il leggere ciò che l’essere umano ciò che siamo in grado di farci l’un l’altro, chi è in grado di farci desistere dal farlo o comunque riconoscere il momento in cui siamo per compiere un determinato una determinata azione.

E alcune di queste favole ci fanno sorridere, altri a riflettere, altre non le capiamo affatto, eppure in molte di queste ciascuno di noi può riconoscere tratti di se stesso e delle persone che ci circondano o che abbiamo incontrato nel corso della nostra vita. Nell’edizione Borra dell’Ax i disegni sono ovviamente meravigliosi, e credo sia positivo leggere un testo del genere in versione illustrata soprattutto se lo si legge in età adulta come ho fatto io, aldilà delle occasioni scolastiche in cui certamente mi sono imbattuta.

E le favole di Esopo sono un testo indubbiamente pedagogico e formativo e quindi formativo, adatto davvero ad un pubblico di tutte le età e pure credo che l’età migliore le età migliori per portarsi a questo testo siano al di sotto degli otto anni e nella fascia di età 30 40.

Questo perché in età acerba ce la curiosità la permeabilità che consente la corretta interiorizzazione dei delle morali che Esopo si propone. Mentre in un’età più matura possiamo effettivamente rendersi conto se con le nostre azioni ci stiamo portando fuori strada o comunque lo abbiamo fatto in passato, questo ci consente una autocritica edificante seppur fatta in maniera leggera.

Il naufrago – 53 […] Noi pure, dunque oltre a pregare gli dei, dobbiamo provvedere personalmente fatti nostri.
Il gracchio e la volpe – 160 Un granchio affamato sarà posato su un fico e, trovati dei piccoli fichi ancora acerbi, aspettava che diventassero grossi e maturi.la volpe che lo vedeva continuamente la fermo, quando ne seppe il motivo, gli disse: “Caro mio, se ti attacchi alla speranza, sbagli di grosso la speranza è un pastore che ti porta a spasso, ma la pancia non te la riempie“.
I viandanti e la sterpaglia – 258 […] che erano degli sciocchi ad aspettare quello che non c’era. […]

Favole da leggere alla sera

Mentre leggevo le ultime pagine mi è venuto in mente un esercizio che mi che spero di poter fare insieme ad un ad una giovane mente. La quasi totalità delle favole divide la morale dal corpo della favola stessa e, alcuni di queste tuttavia non hanno questo tipo di impostazione dunque lasciano al lettore la possibilità di scriverla nella propria mente. Dunque sarebbe molto bello molto interessante fare appunto questo esercizio di scrittura assieme ad una giovane giovane mente in modo tale da consentirgli di consentirgli quello sforzo mentale tale da rendere ancora più efficace l’assorbire una determinata informazione e da parte nostra di scoprire avere il piacere di scoprire come un bambino o una bambina interpretano una determinata favola di quelle di Esopo.

Forse mi è venuto in mente questo tipo di esercizio proprio perché, seppure in forma diversa, è quello che faccio con ogni libro scrivendo su questo mio blog.

Il carbonaio e il lavandaio – 56 La favola mostra che non si possono mettere insieme le cose che fanno a pugni tra di loro.
L’asino e il mulo che portavano un carico uguale – 272 […] Anche noi, per giudicare la condizione di ciascuno, non dobbiamo guardare come comincia, ma come va a finire.

Addirittura in una realtà familiare, sarebbe davvero molto bello avere addirittura un quaderno separato scritto a mano ovviamente), dove si riportano di volta in volta le morali quanto meno delle favole più significative. Questo quaderno potrà il corso degli anni essere ripreso in mano e quindi usato come promemoria affinché nella nostra mente rimanga sempre vivo il ricordo delle morali che abbiamo appreso.

E tra le altre non so bene come mai ci ho pensato solo da metà libro in poi, di provare ad individuare degli animali che sentivo più familiari per il modo in cui affrontavano le loro disavventure. Anche questo può essere un esercizio interessante a qualunque età.

Ovviamente su 358 favole si rischia di dimenticarne qualcuno eppure ritengo che gli animali più interessanti sono il:

  • Cinghiale della favola 328: il cinghiale, il cavallo il cacciatore vai a capo
  • La scrofa favola 329: la scrofa e la cagna che si insultavano a vicenda
  • La gru favola 333 the il pavone e la gru
  • Il leone favola 338: l’arciere il leone

Eppure con onesta dico che tutte le morali in queste quattro favole sono già presenti in tante altre, perché davvero le morali sono spesso molto simili tra di loro questo esplicita ancora di più il fatto che nonostante l’essere umano possa affrontare variegate situazioni alla fine il risultato e quindi l’insegnamento resta il medesimo.

Le rane del pantano – 68 La favola mostra che non bisogna mai avventurarsi imprudentemente in un’impresa.

Info bibliografiche

Titolo originale:  Aἰσώπου μῦθοι (greco antico) Titolo:  Favole Autore: Esopo Prima pubblicazione: VI secolo Prima pubblicazione in Italia: XV secolo La mia edizione: giugno 2020 Editore italiano: Rizzoli Collana: BUR Deluxe Genere: Novella, favola Numero di pagine: 235 (illustrazioni incluse)

Il cuore di Anita mente: si, cerca la certezza dell’amore ma di se stessa

Quando ci ripensi, a certi momenti della tua vita, non puoi fare altro che osservarli come si guarda ad un film, un vecchio film che non vedi da tanto tempo, da così tanto tempo che ti sembra davvero di guardarlo per la prima volta.

E se poi a quella che è stata la tua vita inizi a pensarci insieme a qualcun altro, scopri veri e propri universi sommersi (tanto per citare una canzone – degli Stadio – dato che l’autrice: Levante, oltre a scrivere libri è una cantautrice).

Quanti pensieri ci sono in una testa?

In “E questo cuore non mente“, Levante ci racconta la storia di Anita (si come quella cantata in Se non ti vedo non esisti, che tra l’altro ha scritto con questo stesso titolo anche il suo primo libro nel 2017); ma non divaghiamo.

Anita è una di quelle persone che a guardarla da fuori sembrerebbe una donna di successo. È una donna con una carriera nel giornalismo che la soddisfa, che la porta a viaggiare e ad avere una certa libertà finanziaria. Ma questo è davvero la definizione di successo? 

Dopo l’ennesima storia andata male, Anita riprende le sedute di psicoterapia con Ferruccio, il quale riesce a portare l’attenzione di Anita proprio in quegli angoli di memoria dove il “dover andare avanti” aveva impedito l’accesso per anni.

Un cuscino dove poggiare il cuore

Ma le zavorre non si alleggeriscono con un gin tonic, anche se questo viene sorseggiato in un coinvolgente scambio di sguardi sotto un cielo torinese colorato di un profondo blu di Prussia.

Marco, l’ultimo dei suoi sbagli entrò così nella vita di Anita, in maniera talmente leggera da unirli, ma non abbastanza profonda da tenerli insieme.

Non te la prendi con qualcuno perché non ti ama più,

ma per il modo in cui smette di amarti

Le rispettive carriere sembravano poterli unire invece diventarono l’ennesimo “terreno di non incontro”, dove il successo di lei sopraffaceva quello di lui, così come era entrato nella sua vita se n’era andato.

Eppure nonostante tutto il suo passato che chiede finalmente di essere compreso e “curato”, Anita vive con una spensierata leggerezza la sua vita. In effetti è una persona che la vita la ama proprio!

…ridendo di me stessa e della leggerezza

che mi aveva sorpresa in quella città lontana..

Le piace godere della bellezza che ogni luogo ha da offrire; le piace esplorare ogni città in cui i suoi viaggi di lavoro la portano e tra Roma, Parigi, Milano e Torino riesce a sperimentare il “romantico” che ciascuna di queste città regala e non necessariamente in compagnia d’altri che non sia sé stessa.

Credo mi abbia aiutata la sensazione di novità a ogni angolo di strada,

l’estraneità di tutto a rapirmi gli occhi e le orecchie, appese alla lingua dei passanti.

Sento qualcuno dire “Bonjour” e la mia vita pare più leggera di quanto non sia realmente.

I tramonti romani solo se li hai visti davvero sai di cosa si tratta, quelli belli estivi che ci prendi la macchina apposta per andare a vederli, nemmeno fossero chissà che monumento!

Come anche le pedalate torinesi che ad ogni ora del giorno e della notte mostrano una città che ha davvero “tanto che aspetta solo di essere scoperto da soli o magari in due.

…io me n’ero andata su due ruote, per strade che non conoscevo,

ma dentro le quali non mi sentivo persa.

Ma anche la Milano fatta di feste e di situazioni surreali riempie di bello il cuore e la mente di Anita, soprattutto perché ci sono rapporti autentici a fare da cornice perfetta ad un evento come tanti, e unico come sé stesso.

Credo sia una caratteristica di Torino non sforzarsi di piacere,

un po’ come la sua gente. È sorprendente perché oltre il confine della diffidenza

c’è un mondo di estrema bellezza, bellezza reale, bellezza regale, bellezza magica,

bellezza operaia e punk.

In fondo Marco lei l’ha conosciuto così, durante un giorno qualsiasi, inaspettatamente e altrettanto inaspettatamente gli è entrato dentro, così come Marta era entrata dentro Paolo e milioni di altre coppie hanno fatto la stessa cosa.

Le piccole abitudini altrui, a contatto

per lungo tempo con la tua vita, diventano tue.

E nella stessa maniera inaspettata ha conosciuto sia Marta che Paolo, fino a piano piano arrivare a costruirsi il suo mondo dove l’equilibrio tra vita privata e lavorativa ancora tarda ad arrivare.

Io non ti mento, tu non mi menti.

In fondo Levante in “E questo cuore non mente” parlando della solitudine di Anita credo riesca a farci sentire meno soli. Anita non è una donna particolare in nulla, solo nell’esistere come individuo e nel suo continuare ad affermarsi in quanto tale.

Sono i miei gli unici occhi che temo.

Ci insegna a cogliere il qui e ora, e a scegliere di curare vecchie ferite esplorandole, perché crescendo si diventa consapevoli di chi si è, e inevitabilmente si avverte l’esigenza di scoprire chi siamo stati per finalmente proiettarci in quel futuro che è proprio lì “a un passo da noi”! ….e se non hai colto la citazione significa che devi decisamente ascoltare molta più musica, compresa quella ovviamente di Levante.

Non facevo quell’esercizio di gioia da troppo tempo.

Personaggi

  • Anita: la protagonista. É una giornalista di successo anche se in amore colleziona fallimenti, fuma le Camel blu
  • Marta: praticamente è la migliore amica di Anita, si sono conosciute grazie alla sua storia con Paolo
  • Elia: vecchia conoscenza di Anita incontrata dopo diverso tempo a Torino, vicino alla Gran Madre mentre era intenta a osservare il monete dei Cappuccini
  • Francesca:
  • Ferruccio: psicoterapeuta al quale Anita si affida e che vuole così tanto aiutarla da non tenere più conto ormai da diverso tempo, del “tempo” dedicato alla singola seduta con lei
  • Madre di Anita: oramai vedova, si affida totalmente ad Anita ancor di più perché la secondogenita si è trasferita altrove dopo la morte del marito
  • Padre di Anita: compare solo perché raccontato da Anita a Ferruccio. Dopo la sua morte Anita “ne ha preso il ruolo” e ora si ritrova a dover sistemare gli squilibri di questa scelta condizionata dall’affetto nutrito verso sua madre
  • Greta: sorella di Anita, dopo la morte del padre decide di trasferirsi “per studiare” e per avere la possibilità di superare meglio il dolore
  • Paolo: agente di Anita
  • Eleonora: socia di Paolo
  • Paride Gaggi: scrittore
  • Jacopo: in ordine cronologico è il “primo” ex di cui Anita ci parla
  • Flavio: è “l’amore romano” di Anita; in ordine cronologico è il “secondo” ex di cui ci parla. É lui che la lascerà per un’altra donna di nome Camilla
  • Marco: in ordine cronologico è il “terzo” (e ultimo) ex di cui Anita ci parla
  • Enrico: giornalista del “La Stampa”
  • Camilla: “quella” per cui Flavio ha lasciato Anita. Le due si incontrano casualmente e si rincontrano nello spazio di poco tempo, si riconoscono, e nell’imbarazzo si fumano una sigaretta parlando di quello che è stato

Titolo originale: E questo cuore non mente (italiano)

Autore: Levante

Prima pubblicazione: Maggio 2021

Prima pubblicazione in Italia: Maggio 2021

La mia edizione: 2021

Editore italiano: Rizzoli

Collana: –

Genere: Romanzo

Numero di pagine: 227

Preceduto da: Se non ti vedo non esisti – 2017

Seguito da

A volare come il gabbiano Jonathan Livingston non ci abbiamo mai pensato

Il gabbiano Jonathan Livingston nato da Richard Bach, è divenuto un simbolo di libera espressione di sé stessi. La guida ideale di chi ha la forza di ubbidire alla propria legge interiore quando sa di essere nel giusto, nonostante i pregiudizi degli altri, e chiunque legga questa breve novella, saprà apprezzare il suo messaggio schietto e diretto.

Jonathan Livingston è un gabbiano che abbandona la massa dei comuni gabbiani per i quali il volare non è che una semplice mezzo e goffo per procurarsi il cibo e impara a eseguire il volo come atto di perizia e intelligenza, fonte di perfezione e di gioia.

Diventa così un simbolo, la guida ideale di chi ha la forza di ubbidire alla propria legge interiore quando sa di essere nel giusto, nonostante i pregiudizi degli altri; di chi prova un piacere particolare nella fare bene le cose a cui si dedica: una specie di “guru” istintivo e alla mano ma non per questo meno efficace nel suo insegnamento.

E con Jonathan il lettore, affascinato dell’insolito clima della narrazione, viene trascinato in una entusiasmante avventura di volo, di aria pulita, pura di libertà.

DALLA SOVRACCOPÈRTA

Liberamente ispirato a un pilota acrobatico statunitense di nome John H. “Johnny” Livingston, il gabbiano protagonista di questo romanzo, che ha più il sapore di una novella, diventa la nostra guida spirituale che ci insegna che abbiamo la possibilità di essere davvero liberi, solo quando accettiamo di essere noi stessi.

(…) loro hanno compreso ciò che veramente sono, e ora tendono a metterlo in pratica. Hanno cominciato ad adeguarsi a se stessi!

Il messaggio che Richard Bach racchiude in questo romanzo, è davvero chiaro e il primo punto che salta agli occhi, almeno a tutte quelle persone che leggono prima l’indice e poi iniziano effettivamente il libro, è che questa novella è divisa in tre parti, quasi fossero le tre fasi della vita; e a conti fatti questa percezione viene confermata dagli stessi fatti di cui l’autore ci mette a parte.

Per chi non lo sapesse Richard Bach è un aviatore oltre che uno scrittore. Appena si cerca in rete (si gooooogla Richard Bach) troviamo che le prime immagine lo ritraggono vicino al suo Piper Super Cub, che è un aereo dal grande pregio di consentire al pilota di alzare il naso verso il cielo e incontrando una superficie trasparente, questi può vedere l’azzurro del cielo. Probabilmente è una delle cose più belle del mondo per un aviatore o pilota che dir si voglia…provare la sensazione di immergersi nel blu del cielo, ed infatti la copertina de Il gabbiano Jonathan Livingston è proprio di un blu profondo!

L’unica vera legge è quella che conduce alla libertà (…) altra legge non c’è.

Più simile a un racconto popolare, tenuto conto anche dello stile di scrittura quasi “dialettico”, questo romanzo, che di certo non aveva la pretesa di diventare il bestseller mondiale che è oggi, racchiude in sé un messaggio positivo e incoraggiante nei confronti della vita stessa e della nostra capacità di goderne appieno.

A me preme soltanto di sapere.

Il gabbiano Jonathan Livingston, è l’emblema della volontà di affermare e scoprire sé stessi, anche se questo significa prendere le distanze dai propri affetti, e lasciare la propria casa nel momento in cui il richiamo della nostra intrinseca legge, pretende di essere applicata alla nostra quotidiana esperienza.

Ci sono tante cose da imparare!

La parte di questo romanzo che preferisco tra tutte, è quella in cui sconfortato dagli scarsi risultati il gabbiano Jonathan, promette a se stesso di rinunciare, di smetterla di tentare di essere diverso dagli altri dello Stormo.

Basta! non avrebbe dovuto dar più retta a quel demone che l’istigava a imparare cose nuove.

Ma come tutte quelle promesse che non nascono dall’amore, ecco che Jonathan non poté mai tenere fede alla sua, in realtà non lo fece neanche per un giorno, per il semplice fatto che lui non doveva tentare di essere, lui era. E questo ci insegna nella più poetica delle maniere, che l’unica cosa che siamo destinati a fare, è di essere fedeli a noi stessi e alla nostra natura poiché, questa avrà sempre la forza di esprimersi e di farsi apprezzare dal mondo intero, riuscendo a diffondersi come si diffonde il profumo del mare.

Lui si sentiva vivo come non mai, e fremente di gioia, fiordi aver domato la paura.

Vero è che il percorso iniziale, è qualcosa che siamo tenuti ad affrontare da soli, e questo ci pone dinnanzi ad ogni nostra paura, ad ogni nostro limite temporaneo, ma immediatamente siamo ripagati dal coraggio, e sperimentiamo la libertà derivante dalla conoscenza.

Ci solleveremo dalle tenebre dell’ignoranza, ci accorgeremo d’essere creature di grande intelligenza e abilità. Saremo liberi! Impareremo a volare!

Per Jonathan Livingston il volo era molto di più che un mezzo per accaparrarsi del cibo tra i pescherecci, battendo semplicemente le ali. Il volo per quest’uccello dal bianco piumaggio era espressione del sé, eppure la consapevolezza che avere delle ali significa poter essere concretamente liberi,

Ma la velocità era potenza, era gioia, era bellezza.

è qualcosa che nello Stormo in cui era nato Jonathan, era più simile ad una eresia, che al raggiungimento di un grandioso risultato.

Chissà perché, (…) la cosa più difficile del mondo è ecco vi convincere un uccello che egli è libero? E che può dimostrarlo a se stesso, solo che ci metta un po’ di buona volontà? La libertà basta solo esercitarla. Ma perché? Perché deve essere tanto difficile?

Chiunque riesca a sentire dentro di sé l’ardente fuoco della vita, dovrà come prima e decisiva prova, sperimentare il muro dell’incapacità degli altri di vedere con gli occhi della mente.

Si rifiutavano di aprire gli occhi per vedere.

Eppure, come Jonathan ci insegna, non possiamo colpevolizzare gli altri per questo loro limite iniziale, ma possiamo e dobbiamo invece, mostrargli la bellezza della nostra visione, sperimentando in prima persona la sua magnificenza liberatoria e accrescitiva.

Quel che aveva imparato per lo Stormo, se lo godeva adesso da sé solo. Egli imparò a volare, e non si rammaricava per il prezzo che aveva dovuto pagare. Scoprì che erano la noia e la paura e la rabbia a rendere così breve la vita d’un gabbiano. Ma, con l’animo sgombro da esse, lui, per lui, disse contento, e visse molto a lungo.

Come capita spesso di sentire, esistono al mondo delle personalità che si distinguono dagli altri come mosche bianche. E persino nel momento in cui queste “creature immacolate”, trovano un nuovo gruppo in cui sperimentare la grandezza di loro stessi,

Qui, gli altri gabbiani la pensavano come lui. Per ciascuno di loro, la cosa più importante della vita era tendere alla perfezione in ciò che più importava, cioè nel volo.

anche allora risultano i più grandiosi di tutti, poiché questa caratteristica è tanto nella loro natura, quando ancor di più nella loro dedizione al loro magnifico sogno.

E poi, altre cento prima di capire che lo scopo della vita è appunto quello di adeguarci il più possibile a quell’ideale. S’intende che per noi vale la stessa regola, anche adesso: scegliamo il nostro mondo successivo in base a ciò che apprendiamo in questo. Se non impari nulla, il mondo di poi sarà identico a quello di prima, e avrai anche la le stesse limitazioni che hai qui, gli stessi handicap.

Così nel momento in cui ci rendiamo conto che questi nuovi amici e compagni di “esperimenti” ci ammirano, ecco che abbiamo trovato i nostri discepoli, che per noi e insieme a noi diffonderanno anche agli altri gabbiani la bellezza del volo acrobatico

No, Jonathan, un posto come quello, no, non c’è. Il paradiso non è mica un luogo. Non si trova nello spazio, e neanche nel tempo. Il paradiso è essere perfetti.

e della sua perfetta esecuzione, che al dunque può davvero essere una valida missione, cui votare la propria esistenza terrena e spirituale.

Velocità perfetta, figlio mio, vuol dire solo esserci, essere là.

Ciò che scalda davvero il cuore, oltre all’insegnamento che si può e deve trovare soddisfazione nel semplice fare le cose al meglio, è che anche coloro che le fanno al meglio possono, ed è bene che sia così, avere un loro mentore: un loro Ciang

Sì che invece puoi riuscirci, vecchio Jonathan. Perché tu hai imparato tutto. Hai terminato un corso d’istruzione, e ne hai cominciato un altro, per te. Adesso.

che possa infondere sia coraggio, sia mostrare loro la possibilità di uno scopo e un obiettivo più elevato infondendo nuova linfa nel discepolo e fornendogli tutti gli strumenti che possano consentirgli, indipendentemente dall’eta e dal luogo di partenza, di volare dove e come, nessun altro gabbiano aveva mai neanche osato volgere il pensiero.

Per volare alla velocità del pensiero, verso qualsivoglia luogo, (…) tu devi innanzitutto persuaderti che ci sei già arrivato.

Il primo tra gli strumenti che ciascun esploratore della vita deve avere sempre a portata di mente, è tanto la consapevolezza di sé stesso/a, tanto la chiara visione di ciò che il suo spirito indomabile vuole raggiungere per, finalmente chetarsi avendo la certezza della riuscita.

Funziona sempre, quando sai quello che fai.

Ed è così che completato il suo addestramento, anche se in effetti la vita è una prova continua, il gabbiano Jonathan Livingston tornerà con il suo Stormo, a quello d’origine dimostrandoci che il perdono è essenziale per andare nel nostro futuro, che altrimenti ci sarebbe precluso.

Ma nessuno di loro, neppure Fletcher Lynd, riusciva a capacitarsi che i voli del pensiero possano essere tanto reali quanto i voli nel vento e con le penne. Il vostro corpo, dalla punta del becco la coda, dall’una all’altra punta delle ali, (…) non è altro che il vostro pensiero, una forma del vostro pensiero, visibile concreta. Spezzate le catene che imprigionano il pensiero, e anche il vostro corpo sarà libero.

Nel momento in cui abbandoniamo il risentimento e ci doniamo, allora come il serpente cambia la sua pelle, allora rinasciamo noi stessi per volare liberi, ovunque e con chiunque.

Tu sei libero di essere te stesso, questa è la libertà che hai, adesso è qui, e nulla ti può essere di ostacolo.

ALTRE CITAZIONI DI JONATHAN LIVINGSTON

Ma se superi il tempo e lo spazio, non vi sarà nient’altro che l’Adesso e il Qui, il Qui e l’Adesso. E non ti sa che, in questo Hic et Nuno, noi avremo occasione di vederci (…)?

Ci sono tante cose da imparare!

Ogni giorno, lui apprendeva cose nuove.

Ci sono tante cose da imparare!

Tu sei quello che ha meno paura di imparare, tra tutti i gabbiani che ho visto in diecimila anni.

E curiosi di quella novità: volare per la gioia di volare!

Il fatto è, Fletcher, che bisogna superarli un po’ alla volta, i nostri limiti, con un po’ di pazienza. Qui sta il trucco.

Per tutte le cose, Fletcher, è questione di esercizio…!

Guarda col tuo intelletto, e scopri quello che già conosci che conosci già, allora imparerai come si vola.

Jonathan è quel vivido piccolo fuoco che arde in tutti noi, che vive solo per quei momenti in cui raggiungiamo la perfezione.

Personaggi

  • Jonathan Livingston: gabbiano protagonista del romanzo breve, che ribellandosi alle regole del suo stormo decide di seguire la propria voce interiore, inseguendo con abnegazione il suo desiderio: volare alla perfezione, per lui la più elevata forma di libertà
  • Sullivan: uno dei gabbiani amici di Jonathan, con cui stringe amicizia nella dimensione intermedia, confusa con il paradiso, ma che seppur bravo nel volo non è minimamente al livello di Jonathan
  • Fletcher Lynd: giovane gabbiano reietto come fu alla fine della “parte prima” lo stesso Jonathan Livingston, e che divenne suo allievo e quindi a sua volta maestro 
  • Ciang: è il gabbiano Anziano, e maestro di Jonathan che questi incontra nella dimensione intermedia, nella “parte seconda” e che insegnerà all’allievo il potere della mente nel controllo del corpo.
  • Henry Calvin: uno dei discepoli sulla terra di Jonathan Livingston che apparteneva allo Stormo Buonappetito
  • Gabbiano Terence Lowell: uno dei discepoli sulla terra di Jonathan Livingston che apparteneva allo Stormo Buonappetito
  • Gabbiano Kirk Maynard: uno dei discepoli sulla terra di Jonathan Livingston che apparteneva allo Stormo Buonappetito, che non sapeva volare per nulla
  • Charles Roland: uno dei discepoli sulla terra di Jonathan Livingston che apparteneva allo Stormo Buonappetito
  • Judy Lee: uno dei discepoli sulla terra di Jonathan Livingston che apparteneva allo Stormo Buonappetito

Termini & nomi

  • Stormo Buonappetito: lo stormo cui originariamente apparteneva Jonathan Livingston, e che non comprendendo e condividendo lo scopo della sua autorealizzazione, in virtù delle loro leggi lo esilia
  • Assemblea Generale: concilio degli anziani, e di tutti i gabbiani che si riunisce in merito a questioni importanti. Nella fattispecie in merito alla decisione di esiliare il gabbiano Jonathan
  • Scogliere Remote: luogo che il gabbiano Jonathan Livingston scegli come luogo iniziale del suo esilio
  • Reietti: tutti quei gabbiani che vengono allontanati dallo Stormo originario, poiché non rispettano le regole imposte loro
  • Grande Gabbiano: una sorta di divinità cui tendere
  • Legge del Grande Gabbiano: l’unica legge che tutti i gabbiani dovrebbero rispettare: la libertà 
  • Figlio del Grande Gabbiano: date le sue straordinarie doti Jonathan Livingston viene considerato da molti l’erede del Grande Gabbiano; qui emerge la connessione col cristianesimo oltre alla cultura New Age che intride la novella

Titolo originale: Jonathan Livingston Seagull

Autore: Richard Bach

Fotografie: Russel Munson

Prima pubblicazione: 1970

Prima pubblicazione in Italia: 1973

La mia edizione: XXX edizione Rizzoli Settembre1995

Editore italiano: Rizzoli

Collana: –

Genere: Romanzo, Racconto breve, Novella, Auto aiuto, Mente e corpo

Numero di pagine: 93 (foto incluse)

Preceduto da: Niente per caso (Nothing by Chance, 1969)

Seguito da: Un dono d’ali (A Gift of Wings, 1974)

CAPITOLI

  • 1. Parte prima
  • 2. Parte seconda
  • 3. Parte terza