Le favole per Esopo? Un pretesto per insegnarci l’ “essere” umani

Le favole per Esopo? Un pretesto per insegnarci l’ “essere” umani

Il classico greco Favole di Esopo nell'edizione BUR Deluxe

GRANDI CLASSICINOVELLAFANTASTICORAGAZZI

Le favole per Esopo? Un pretesto per insegnarci l’ “essere” umani

Talmente tanto radicato nella nostra cultura che in maniera consapevole o meno tutti noi conosciamo le favole più emblematiche di Esopo. Perché leggerlo? Ci aiuta a trovare la morale in ogni situazione

13 NOVEMBRE 2022 – TORINO

GRANDI CLASSICINOVELLAFANTASTICORAGAZZI

Le favole di Esopo. Ecco la mia recensione

Quale fra tutte le 358 è la tua preferita? Perché?

Le favole di Esopo sono uno di quei libri che in qualche modo tutti quanti abbiamo già letto. Sì perché sono talmente tanto presenti nella cultura popolare da millenni, che abbiamo assorbito senza neanche accorgercene la loro saggezza.pensiamo infatti alla storia della cicale della formica, facciamo battute sulla gallina dalle uova d’oro pensiamo alla tartaruga e la lepre, eppure è così facendo i ripercorriamo quelle che sono le morali che di volta in volta possiamo applicare alla nostra vita quotidiana.

Questo libro nell’edizione BUR Deluxe l’ho comprato in occasione del del mio primo Salone del libro torinese, era il 17 ottobre 2021. Di questa stessa edizione avevo già comprato Le Mille e una notte e nel corso del tempo ho continuato a comprare anche i libri che avevo già letto, come ad esempio Alice nel paese delle meraviglie o Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde, proprio in funzione del piacere di aggiungere alla mia collezione questa edizione di pregio. 

La volpe e l’uva – 32

Una volpe affamata vide dei grappoli d’uva che prendevano da un pergolato e tentò di afferrarli. Ma non ci riuscì. “Robaccia acerba!” Disse allora fra sé e sé, e se ne andò. Così, anche fra gli uomini, ciechi, non riuscendo, per incapacità, a raggiungere il suo intento, ne dà la colpa alle circostanze.

Il giovane prodigio e la rondine


[…] La favola mostra che tutto quello che si fa fuori tempo è pericoloso.

Favole da leggere alla sera

Esopo fu uno scrittore vissuto nell’antica Grecia (VII-VI secolo a.C.), così non ci sorprende la sua grande saggezza.

Certamente le favole di Esopo non sono un libro da leggere tutto d’un fiato, la pena sarebbe la noia, e indubbiamente questo non renderebbe giustizia alla capolavoro e pietra miliare che questo testo rappresenta oramai da millenni.

La volpe che non aveva mai visto un leone – 42

[…] La favola mostra che l’abitudine rende tollerabili anche le cose spaventose.

Personalmente ho l’abitudine di leggere alla sera dei racconti brevi o delle poesie, dunque in alcune occasioni ho sostituito queste letture con le favole di Esopo. Questo mi ha dato modo di assimilarle e di comprenderle dando loro il giusto tempo.

Le favole di Esopo non sono favole lunghe sono invece molto brevi, forse per questo molto adatte ad essere trasmesse oralmente. Azzardo che proprio questa loro caratteristica è stata la causa a contribuito alla loro diffusione nel corso del tempo.

Tuttavia se da un lato il loro essere brevi e concise è indubbiamente un punto di forza, dall’altro troviamo che questo possa, nel momento in cui le leggiamo e non ascoltiamo, ad essere disattenti perdendosi quindi alcuni passaggi importanti.ammetto infatti che più di una favola è stata da me riletta proprio perché il mio occhio correva veloce sul testo.

Il bifolco ed Eracle – 72

[…] Muoviti prima, e dopo prega!
Se no, preghi per niente.

Per Esopo siamo esseri umani o animali?

Sebbene ad oggi quando ci parlano di favole ci viene da portare la mente nella mente si crea si creano immagini di personaggi umani, nel caso delle favole di Esopo troviamo invece animali con doti, difetti e virtù che incarnano intensamente l’essere (verbo) umano.

Questi infatti sono invidiosi e saggi, avidi o coraggiosi, ipocriti o astuti sempre pronti a trovare stratagemmi per avere un tornaconto sull’altro. In generale la visione dell’essere umano di Esopo non è particolarmente lusinghiero, eppure e forse proprio il leggere ciò che l’essere umano ciò che siamo in grado di farci l’un l’altro, chi è in grado di farci desistere dal farlo o comunque riconoscere il momento in cui siamo per compiere un determinato una determinata azione.

E alcune di queste favole ci fanno sorridere, altri a riflettere, altre non le capiamo affatto, eppure in molte di queste ciascuno di noi può riconoscere tratti di se stesso e delle persone che ci circondano o che abbiamo incontrato nel corso della nostra vita. Nell’edizione Borra dell’Ax i disegni sono ovviamente meravigliosi, e credo sia positivo leggere un testo del genere in versione illustrata soprattutto se lo si legge in età adulta come ho fatto io, aldilà delle occasioni scolastiche in cui certamente mi sono imbattuta.

E le favole di Esopo sono un testo indubbiamente pedagogico e formativo e quindi formativo, adatto davvero ad un pubblico di tutte le età e pure credo che l’età migliore le età migliori per portarsi a questo testo siano al di sotto degli otto anni e nella fascia di età 30 40.

Questo perché in età acerba ce la curiosità la permeabilità che consente la corretta interiorizzazione dei delle morali che Esopo si propone. Mentre in un’età più matura possiamo effettivamente rendersi conto se con le nostre azioni ci stiamo portando fuori strada o comunque lo abbiamo fatto in passato, questo ci consente una autocritica edificante seppur fatta in maniera leggera.

Il naufrago – 53

[…] Noi pure, dunque oltre a pregare gli dei, dobbiamo provvedere personalmente fatti nostri.

Il gracchio e la volpe – 160

Un granchio affamato sarà posato su un fico e, trovati dei piccoli fichi ancora acerbi, aspettava che diventassero grossi e maturi.la volpe che lo vedeva continuamente la fermo, quando ne seppe il motivo, gli disse: “Caro mio, se ti attacchi alla speranza, sbagli di grosso la speranza è un pastore che ti porta a spasso, ma la pancia non te la riempie“.

I viandanti e la sterpaglia – 258

[…] che erano degli sciocchi ad aspettare quello che non c’era. […]

Favole da leggere alla sera

Mentre leggevo le ultime pagine mi è venuto in mente un esercizio che mi che spero di poter fare insieme ad un ad una giovane mente. La quasi totalità delle favole divide la morale dal corpo della favola stessa e, alcuni di queste tuttavia non hanno questo tipo di impostazione dunque lasciano al lettore la possibilità di scriverla nella propria mente. Dunque sarebbe molto bello molto interessante fare appunto questo esercizio di scrittura assieme ad una giovane giovane mente in modo tale da consentirgli di consentirgli quello sforzo mentale tale da rendere ancora più efficace l’assorbire una determinata informazione e da parte nostra di scoprire avere il piacere di scoprire come un bambino o una bambina interpretano una determinata favola di quelle di Esopo.

Forse mi è venuto in mente questo tipo di esercizio proprio perché, seppure in forma diversa, è quello che faccio con ogni libro scrivendo su questo mio blog.

Il carbonaio e il lavandaio – 56

La favola mostra che non si possono mettere insieme le cose che fanno a pugni tra di loro.

L’asino e il mulo che portavano un carico uguale – 272

[…] Anche noi, per giudicare la condizione di ciascuno, non dobbiamo guardare come comincia, ma come va a finire.

Addirittura in una realtà familiare, sarebbe davvero molto bello avere addirittura un quaderno separato scritto a mano ovviamente), dove si riportano di volta in volta le morali quanto meno delle favole più significative. Questo quaderno potrà il corso degli anni essere ripreso in mano e quindi usato come promemoria affinché nella nostra mente rimanga sempre vivo il ricordo delle morali che abbiamo appreso.

E tra le altre non so bene come mai ci ho pensato solo da metà libro in poi, di provare ad individuare degli animali che sentivo più familiari per il modo in cui affrontavano le loro disavventure. Anche questo può essere un esercizio interessante a qualunque età.

Ovviamente su 358 favole si rischia di dimenticarne qualcuno eppure ritengo che gli animali più interessanti sono il:

  • Cinghiale della favola 328: il cinghiale, il cavallo il cacciatore vai a capo
  • La scrofa favola 329: la scrofa e la cagna che si insultavano a vicenda
  • La gru favola 333 the il pavone e la gru
  • Il leone favola 338: l’arciere il leone

Eppure con onesta dico che tutte le morali in queste quattro favole sono già presenti in tante altre, perché davvero le morali sono spesso molto simili tra di loro questo esplicita ancora di più il fatto che nonostante l’essere umano possa affrontare variegate situazioni alla fine il risultato e quindi l’insegnamento resta il medesimo.

Le rane del pantano – 68

La favola mostra che non bisogna mai avventurarsi imprudentemente in un’impresa.

Info bibliografiche


Titolo originale:  Aἰσώπου μῦθοι (greco antico)

Titolo:  Favole

Autore: Esopo

Prima pubblicazione: VI secolo

Prima pubblicazione in Italia: XV secolo

La mia edizione: giugno 2020

Editore italiano: Rizzoli

Collana: BUR Deluxe

Genere: Novella, favola

Numero di pagine: 235 (illustrazioni incluse)

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Il cuore di Anita mente: si, cerca la certezza dell’amore ma di se stessa

Il cuore di Anita mente: si, cerca la certezza dell’amore ma di se stessa

Copertina del libro di Levante "E questo cuore non mente"

ROMANZOROSA

Il cuore di Anita mente: si, cerca la certezza dell’amore ma di se stessa

Quando ci ripensi, a certi momenti della tua vita, non puoi fare altro che osservarli come si guarda ad un film, un vecchio film che non vedi da tanto tempo, da così tanto tempo che ti sembra davvero di guardarlo per la prima volta.

2 MARZO 2022 – TORINO

ROMANZOROSA

E questo cuore non mente di Levante. Ecco la mia recensione.

Quando ci ripensi, a certi momenti della tua vita, non puoi fare altro che osservarli come si guarda ad un film, un vecchio film che non vedi da tanto tempo, da così tanto tempo che ti sembra davvero di guardarlo per la prima volta.

E se poi a quella che è stata la tua vita inizi a pensarci insieme a qualcun altro, scopri veri e propri universi sommersi (tanto per citare una canzone – degli Stadio – dato che l’autrice: Levante, oltre a scrivere libri è una cantautrice).

Quanti pensieri ci sono in una testa?

In “E questo cuore non mente“, Levante ci racconta la storia di Anita (si come quella cantata in Se non ti vedo non esisti, che tra l’altro ha scritto con questo stesso titolo anche il suo primo libro nel 2017); ma non divaghiamo.

Anita è una di quelle persone che a guardarla da fuori sembrerebbe una donna di successo. È una donna con una carriera nel giornalismo che la soddisfa, che la porta a viaggiare e ad avere una certa libertà finanziaria. Ma questo è davvero la definizione di successo? 

Dopo l’ennesima storia andata male, Anita riprende le sedute di psicoterapia con Ferruccio, il quale riesce a portare l’attenzione di Anita proprio in quegli angoli di memoria dove il “dover andare avanti” aveva impedito l’accesso per anni.

Un cuscino dove poggiare il cuore

Ma le zavorre non si alleggeriscono con un gin tonic, anche se questo viene sorseggiato in un coinvolgente scambio di sguardi sotto un cielo torinese colorato di un profondo blu di Prussia.

Marco, l’ultimo dei suoi sbagli entrò così nella vita di Anita, in maniera talmente leggera da unirli, ma non abbastanza profonda da tenerli insieme.

Non te la prendi con qualcuno perché non ti ama più, ma per il modo in cui smette di amarti

Le rispettive carriere sembravano poterli unire invece diventarono l’ennesimo “terreno di non incontro”, dove il successo di lei sopraffaceva quello di lui, così come era entrato nella sua vita se n’era andato.

Eppure nonostante tutto il suo passato che chiede finalmente di essere compreso e “curato”, Anita vive con una spensierata leggerezza la sua vita. In effetti è una persona che la vita la ama proprio!

…ridendo di me stessa e della leggerezza

che mi aveva sorpresa in quella città lontana..

Le piace godere della bellezza che ogni luogo ha da offrire; le piace esplorare ogni città in cui i suoi viaggi di lavoro la portano e tra RomaParigiMilano e Torino riesce a sperimentare il “romantico” che ciascuna di queste città regala e non necessariamente in compagnia d’altri che non sia sé stessa.

Credo mi abbia aiutata la sensazione di novità a ogni angolo di strada,

l’estraneità di tutto a rapirmi gli occhi e le orecchie, appese alla lingua dei passanti.

Sento qualcuno dire “Bonjour” e la mia vita pare più leggera di quanto non sia realmente.

I tramonti romani solo se li hai visti davvero sai di cosa si tratta, quelli belli estivi che ci prendi la macchina apposta per andare a vederli, nemmeno fossero chissà che monumento!

Come anche le pedalate torinesi che ad ogni ora del giorno e della notte mostrano una città che ha davvero “tanto che aspetta solo di essere scoperto da soli o magari in due.

…io me n’ero andata su due ruote, per strade che non conoscevo, ma dentro le quali non mi sentivo persa.

Ma anche la Milano fatta di feste e di situazioni surreali riempie di bello il cuore e la mente di Anita, soprattutto perché ci sono rapporti autentici a fare da cornice perfetta ad un evento come tanti, e unico come sé stesso.

Credo sia una caratteristica di Torino non sforzarsi di piacere,

un po’ come la sua gente. È sorprendente perché oltre il confine della diffidenza

c’è un mondo di estrema bellezza, bellezza reale, bellezza regale, bellezza magica,

bellezza operaia e punk.

In fondo Marco lei l’ha conosciuto così, durante un giorno qualsiasi, inaspettatamente e altrettanto inaspettatamente gli è entrato dentro, così come Marta era entrata dentro Paolo e milioni di altre coppie hanno fatto la stessa cosa.

Le piccole abitudini altrui, a contatto

per lungo tempo con la tua vita, diventano tue.

E nella stessa maniera inaspettata ha conosciuto sia Marta che Paolo, fino a piano piano arrivare a costruirsi il suo mondo dove l’equilibrio tra vita privata e lavorativa ancora tarda ad arrivare.

Io non ti mento, tu non mi menti

In fondo Levante in “E questo cuore non mente” parlando della solitudine di Anita credo riesca a farci sentire meno soli. Anita non è una donna particolare in nulla, solo nell’esistere come individuo e nel suo continuare ad affermarsi in quanto tale.

Sono i miei gli unici occhi che temo

Ci insegna a cogliere il qui e ora, e a scegliere di curare vecchie ferite esplorandole, perché crescendo si diventa consapevoli di chi si è, e inevitabilmente si avverte l’esigenza di scoprire chi siamo stati per finalmente proiettarci in quel futuro che è proprio lì “a un passo da noi”! ….e se non hai colto la citazione significa che devi decisamente ascoltare molta più musica, compresa quella ovviamente di Levante.

Non facevo quell’esercizio di gioia da troppo tempo

Personaggi

  • Anita: la protagonista. É una giornalista di successo anche se in amore colleziona fallimenti, fuma le Camel blu
  • Marta: praticamente è la migliore amica di Anita, si sono conosciute grazie alla sua storia con Paolo
  • Elia: vecchia conoscenza di Anita incontrata dopo diverso tempo a Torino, vicino alla Gran Madre mentre era intenta a osservare il monete dei Cappuccini
  • Francesca:
  • Ferruccio: psicoterapeuta al quale Anita si affida e che vuole così tanto aiutarla da non tenere più conto ormai da diverso tempo, del “tempo” dedicato alla singola seduta con lei
  • Madre di Anita: oramai vedova, si affida totalmente ad Anita ancor di più perché la secondogenita si è trasferita altrove dopo la morte del marito
  • Padre di Anita: compare solo perché raccontato da Anita a Ferruccio. Dopo la sua morte Anita “ne ha preso il ruolo” e ora si ritrova a dover sistemare gli squilibri di questa scelta condizionata dall’affetto nutrito verso sua madre
  • Greta: sorella di Anita, dopo la morte del padre decide di trasferirsi “per studiare” e per avere la possibilità di superare meglio il dolore
  • Paolo: agente di Anita
  • Eleonora: socia di Paolo
  • Paride Gaggi: scrittore
  • Jacopo: in ordine cronologico è il “primo” ex di cui Anita ci parla
  • Flavio: è “l’amore romano” di Anita; in ordine cronologico è il “secondo” ex di cui ci parla. É lui che la lascerà per un’altra donna di nome Camilla
  • Marco: in ordine cronologico è il “terzo” (e ultimo) ex di cui Anita ci parla
  • Enrico: giornalista del “La Stampa”
  • Camilla: “quella” per cui Flavio ha lasciato Anita. Le due si incontrano casualmente e si rincontrano nello spazio di poco tempo, si riconoscono, e nell’imbarazzo si fumano una sigaretta parlando di quello che è stato

 

Info bibliografiche

Titolo originale: E questo cuore non mente (italiano)

Autore: Levante

Prima pubblicazione: Maggio 2021

Prima pubblicazione in Italia: Maggio 2021

La mia edizione: 2021

Editore italiano: Rizzoli

Collana: –

Genere: Romanzo

Numero di pagine: 227

Preceduto da: Se non ti vedo non esisti – 2017

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Come si leggono le mille e una notte? Al telefono

Come si leggono le mille e una notte? Al telefono

GRANDI CLASSICINOVELLAPOEMA INDIANOFANTASTICO

Come si leggono Le mille e una notte? Al telefono

Le mille e una notte è uno di quei testi che si sogna di leggere da sempre, perché la loro fama li precede promettendo al futuro lettore, di vivere avventure e visitare luoghi che neanche nei suoi sogni più fervidi, ha mai sperato di raggiungere.

E così si rimane nel sogno, anche dopo la lettura di questi racconti: ci sentiamo come avvolti da un velo di magia perché ciascuno dei racconti ne è intriso e ci mostra che forse, in un tempo che è così lontano in una terra che è così distante dalla nostra cultura, magari qualcosa di molto simile è davvero potuto accadere.

17 SETTEMBRE 2021 – ROMA

GRANDI CLASSICINOVELLAPOEMA INDIANOFANTASTICO

Le mille e una notte. Ecco la mia recensione.

 

Dopo anni in cui ho sempre avuto la curiosità di leggere questa raccolta di novelle popolari, finalmente ho letto Le mille e una notte! Complice la bellissima edizione Deluxe della Bur, che tra le meravigliose illustrazioni e la “trama” della carta, contribuisce a rendere questa lettura, decisamente un’esperienza.

Secondo la tradizione, Le mille e una notte altro non è che la raccolta di tutti quei racconti che la principessa  Shahrazād, figlia maggiore di un gran visir, racconta al suo novello sposo, per avere salva la vita, essendo egli un uxoricida. Questi infatti per vendicarsi del tradimento ai suoi danni della prima moglie, aveva evidentemente preso l’abitudine di uccidere la propria moglie già dopo una sola notte di nozze, ma l’astuzia è donna e Shahrazād con l’aiuto della sorella hanno effettivamente dimostrato la veridicità di questa affermazione.

Se qualche cruccio viene ad amareggiarti ragazzo, vattene altrove, e lascia pure che la casa pianga al ricordo dei costruttori. –

Il luogo della terra natale, troverai sempre un’altra terra, mentre la vita, se la perdi, non potrà mai essere rimpiazzata.

I viaggi di Sinbad

Ed è sempre secondo la leggenda che la novella sposa ottiene salva la vita, narrando al proprio sposo un racconto nuovo ogni sera, rimandando il finale all’indomani in modo da rimanere in vita per un altro giorno ancora, finché il marito si innamorerà di lei e la manterrà in vita, dopo aver ascoltato ben mille-e-una storie.

La romanticheria in un certo senso ci sta!

Nella realtà, seppur numerosi, i racconti presenti in Le mille e una notte non sono milleuno, come si è erroneamente tradotto originariamente dall’arabo, e come il più dei lettori ritengono, quando si approcciano la prima volta a questo libro.

In arabo il numero 1001 indica non il numero di per se ma il concetto di innumerevoli, come a dire “troppe per essere contate, eppure finite”.

Sono stato scottato una volta, e credete pure che starò bene in guardia per non cadere nella rete una seconda volta.

Il dormiente che non dorme

Nel corso dei secoli sono state raccolte in diversi volumi, in diverse edizioni e molti sono stati gli illustratori; nella mia edizione Deluxe della Bur ad esempio, è presente la seguente selezione di racconti, con le illustrazioni di Edmund Dulac, noto illustratore dal tratto floreale quanto più che preraffaellita:

I viaggi di Sinbad

Le avventure di Aladino

Il pescatore e il jinn

Il facchino e le dame

Il dormiente che non dorme

In questa edizione mancano ad esempio i racconti di Alì Babà e Shahrazād, che si andranno a leggere evidentemente altrove, si spera in una edizione all’altezza di questa.

Ad ogni modo ho scelto di leggere questi cinque racconti proprio come vuole la tradizione: leggendoli ad alta voce e alla sera (quasi sempre 😉 ), così che nella quiete delle ore serali ci si è potuti immergere in ciascuno dei luoghi, e camminare in ogni terra lontana di cui si legge in quel momento tra quelle righe, mentre il dito scorre sulla carta che ha una texture decisamente all’altezza della situazione.

Pensate che era bastata una notte, una misera notte, per mettere insieme tutto quel tesoro!

Le avventure di Aladino

C’è da dire però, che la tipologia di narrazione non consente al lettore di immedesimarsi in prima persona, probabilmente anche per l’assoluta irrealtà di talune scene e avventure!

Ciò nonostante il lettore riesce a figurarsi perfettamente le ambientazioni, gli oggetti, i personaggi e persino i suoni tanto è vivida la narrazione. In tal senso l’uso che si fa dell’ipotiposi, è da intendersi non tanto una “scelta” letteraria, quanto piuttosto una necessità narrativa, poiché sempre va ricordato che Le mille e una notte sono figlie di una trasmissione orale, per altro non esattamente databile, ma comunque riconducibile al X secolo. E solo più tardi, nel XII-XIII secolo si hanno le prime stesure (tutte per altro differenti tra di loro), fino ad arrivare nel 1400 alla stesura definitiva che è quella che oggi possiamo leggere.

Insomma non è il Pañcatantra indiano, ma ha comunque attraversato un bel po’ di secoli per arrivare fino a noi, e di questo direi che possiamo solo che essere riconoscenti al lavoro di tutti i vari traduttori e trascrittori che si sono adoperati in tal senso.

La tua immagine abita tra il mio occhio e la mia palpebra chiusa. Il tuo ricordo s’insinua in ogni battito del mio cuore.

Il pescatore e il jinn

Più in generale ne Le mille e una notte, troviamo impiegate delle tecniche che dal punto di vista letterario risultano innovative, poiché figlie della tradizione orale, a cui i diversi narratori fanno ricorso. Il fine è quello di incrementare la drammaticità delle storie e saturare emotivamente il lettore/ascoltatore, che nel rendersi conto dell’assurda fantasticheria di cui viene messo a parte, è comunque incapace di smettere di leggere/ascoltare.

Io credo che l’approccio migliore con cui si può scegliere di esplorare Le mille e una notte, è quello di non ricercare affinità con quanto le varie trasposizione cinematografiche per adulti e bambini hanno cristallizzato nella nostra mente.

Si rende infatti necessario un approccio ex novo, perché solo in questo modo si può effettivamente cogliere tutto il gusto dell’onirico che la magia e le creature fantastiche come i  jinn e spiriti, per altro di derivazione persiana, ci ispirano.

Ospite, questa è la casa della gioia: le sue pareti portano a colui che qui risiede calma e serenità, e qui egli oblia tutti gli affanni, alla porta li lascia.

Il facchino e le dame

E quando dico esplorare, mi riferisco proprio a quella sensazione che accompagna il viaggiatore curioso, perché oltre ad avere una genesi multipla dal punto di vista evolutivo, ne Le mille e una notte, tale molteplicità ha una trasposizione anche dal punto di vista ambientale poiché ci muoviamo tra la Persia, l’Egitto, paesi arabo-musulmani come la città di Baghdad o il porto di Basra e persino la Cina e ovviamente l’India.

Ecco quindi che ci troviamo immersi in luoghi che soddisfano il nostro gusto dell’esotico e del viaggio, il tutto comodamente adagiati sul nostro divano bevendo dell’ottimo the, ovviamente indiano, prendendoci il giusto tempo per riflettere sulla morale che accompagna ogni racconto, e se Shahrazād con il suo narrare è riuscita a far riflettere il suo sposo, re persiano Shahriyār, puoi essere cert* che qualche riflessione germoglierà anche nella tua di mente, che se poi ti ricordi gli insegnamenti delle lezioni di italiano a scuola, i compiti dei racconti orali erano due: intrattenere e insegnare e direi che nel caso di Le mille e una notte, abbiamo entrambi gli obiettivi soddisfatti.

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

Info bibliografiche

Titolo originale: Les mille et une nuits

Autore: –

Prima pubblicazione: 900-1400

Prima pubblicazione in Italia: –

La mia edizione: Prima edizione classici Bur Deluxe Marzo 2016

Editore italiano: Il libro è un “self publishing

Collana: –

Genere: Fantastico, Novella, Poema indiano

Numero di pagine: 510

Preceduto da: –

Seguito da 

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Il tuo pensiero laterale è una risorsa da allenare, e farlo è divertente!

Il tuo pensiero laterale è una risorsa da allenare, e farlo è divertente!

Copertina del libro “Il pensiero laterale” di Edward de Bono del 1967

GROWTH, MIND & BODY, SELF HELPPSICOLOGIA

Il tuo pensiero laterale è una risorsa da allenare, e farlo è divertente!

Il pensiero laterale, dello psicologo maltese Edward de Bono, ci insegna e spiega, come sviluppare la creatività e trovare sempre nuove idee superando i limiti imposti dal pensiero verticale e da una formazione che di fatto, non ci insegna a pensare “fuori dagli schemi”; anzi tutt’altro.

26 FEBBRAIO 2021 – ROMA

GROWTH, MIND & BODY, SELF HELPPSICOLOGIA

Il pensiero laterale di Edward de Bono. Ecco la mia recensione.

 

Il pensiero laterale, quello che si estrinseca nel trovare soluzioni creative, è qualcosa che può, e dovrebbe essere, molto più quotidiano di quanto non si pensi. Il pensiero creativo, e quindi il pensiero laterale, non è infatti strettamente connesso all’espressione artistica dell’individuo, quanto piuttosto ad una volontà di cercare e trovare, una soluzione che sia libera dalle briglie del pensiero verticale, ossia quello razionale.

Il pensiero laterale lo si può più facilmente apprezzare nelle sue realizzazioni pratiche.

Edward de Bono, sintetizza appunto la differenza tra due diversi “modi” di pensare, che nella migliore delle circostanze possono essere complementari e sicuramente sono uno la sintesi dell’altro. 

Di fatto i due procedimenti sono complementari.

Il pensiero laterale è sempre ricostruibile verticalmente, ma solo a posteriori.

In prima battuta troviamo il pensiero puramente logico per il quale Edward de Bono, conia il termine di pensiero verticale, proprio ad evidenziare la consequenzialità delle fasi che lo compongono. In secondo luogo troviamo il pensiero laterale che invece, libero da schemi prefissati, spazia ovunque purché vi siano: l’intuizione, il desiderio di ricerca e di sperimentazione a guidarlo nella sua manifestazione.

Il pensiero laterale invece non richiede sempre la consequenzialità: quel che gli interessa e che la conclusione finale sia esatta.

Il pensiero laterale non si propone solo la soluzione dei problemi singoli, ma so preoccupa a che di trovare nuove interpretazioni della realtà e si interessa di idee nuove di ogni genere.

Uno degli aspetti più importanti che de Bono porta alla nostra attenzione, è che mentre i verticalisti negano completamente l’approccio creativo, chi sceglie di allenare il proprio pensiero laterale, è invece aperto a qualsiasi itinerario ideativo, purché si raggiunga una soluzione semplice e valida. 

Il metodo verticale non soltanto è, per sua natura, sterile di idee originali, ma ne ostacola concretamente il sorgere.

Quando si sceglie, di ricercare una soluzione alternativa sfruttando le illimitate possibilità che il pensiero laterale ci fornisce, si dimostra fondamentale agire sin da subito in maniera non programmatica: cambiare punto di vista, allontanarsi da ciò che stiamo osservando, girarci intorno, compiere il percorso più lungo, ribaltare mescolare e pescare a caso gli elementi che compongono il problema, sono solo alcuni dei metodi (apparentemente complessi e dispendiosi), che possiamo attuare per raggiungere una soluzione che al dunque si rivelerà profondamente semplice e immediata. Saremo portati a sorprenderci del risultato esclamando, magari proprio ad alta voce: “Ma come ho fatto a non pensarci prima?!”…ebbene significa che abbiamo trovato un’ottima soluzione al nostro problema, che però è certo non essere l’unica.

(…) ognuno al diritto di mettere in dubbio qualsiasi cosa tutte le volte che vuole, e ha il dovere di farlo almeno una volta.

Ma l’aspetto significativo, e sul quale in onestà non avevo mai posto attenzione, è che se da un lato il pensiero verticale una volta raggiunta una soluzione, ne è pienamente soddisfatto e la applica ad oltranza; dall’altro il pensiero laterale cerca costantemente nuove soluzioni, anche per il semplice gusto di farlo…come se fosse un gioco o comunque un esercizio guidato dal caso, e che possa muoversi fuori dagli schemi.

L’imprevedibilità stessa delle idee nuove sta ad indicare che esse non sono necessariamente il risultato di ragionamenti logici.

Il sentirsi pienamente soddisfatti di ciò che si ha, costituisce infatti un limite per quella che è la concezione di nuove idee e soluzioni alternative.

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

In un’ottica di efficientamento costante, il pensiero laterale (che ha i suoi tempi, e che a volte produci risultati riflessi” o a distanza di tempo), spesso viene etichettato come antieconomico, soprattutto in ambito scientifico. Ciò nonostante i risultati che si possono e riescono ad ottenere, allenando il nostro cervello in tal senso, ci garantiranno delle soluzioni attuabili in assoluta economia di mezzi e risorse, ripagando appieno l’investimento fatto sia in termini sia economici che di tempo.

È meglio avere tante idee da potersi permettere il lusso che alcune di esse siano sbagliate, piuttosto che saper ragionare sempre in modo impeccabile ma non avere nessuna idea.

Il pensiero verticale, si differenzia empiricamente (è davvero il caso di usare questo termine!) da quello laterale, in quanto il primo si basa su un’alta probabilità di riuscita avendo alle spalle una serie di esperienze pregresse, che ne confermano la validità ed efficacia.

Criterio della probabilità e dell’esperienza.

Ciò nonostante come si è già detto, scegliere deliberatamente di affidarsi a soluzioni “già confermate”, ci impedisce di cercarne e per estensione, di trovarne di nuove o comunque di migliorarne le prestazioni.

È possibile aumentare l’efficienza di un procedimento in due modi. Il primo consiste nel migliorare le prestazioni in modo diretto; il secondo nell’individuare e poi rimuovere gli inconvenienti che ne ostacolano il funzionamento.

Il libro “Il pensiero laterale” di Edward de Bono, è un libro la cui lettura ha le sue tempistiche. Essendo un testo ricco di esempi pratici, che si focalizzano sul processo e non sul risultato, il mio consiglio è quello di prendersi il giusto tempo per comprendere le dinamiche degli esempi proposti, in modo da interiorizzarli visualizzandoli, e chissà che tornino utili in un’occasione completamente diversa rispetto a quella di partenza.

Non è possibile guardare in una direzione nuova appuntando sempre più gli occhi nella vecchia direzione.

Il pensiero laterale non è qualcosa che ci viene comunemente insegnato, dovrà per tanto essere nostra cura, trarre insegnamento da qualsiasi esperienza e associazione di elementi. Come ben ci viene illustrato negli esempi grafici, che l’autore usa come pretesto per insegnarci che la nostra mente ragiona a grappolo, scopriamo che tanti più elementi base conosciamo (che lui ci propone nella figura delle T), tanto più saremo in grado di leggere ed interpretare la realtà che ci si presenta davanti.

L’insegnamento informa, non crea.

[il pensiero laterale] È un’attitudine e un abito mentale.

Nel “corretto” uso del pensiero laterale infatti, la casualità degli eventi e la libera associazione, sono da considerarsi fattori cardini, proprio perché concretizzano il concetto di assenza di percorsi obbligati e prestabiliti, che invece caratterizzano il pensiero verticale. Dunque tanto più noi faremo esperienza varia, tanto più avremo delle chiavi di lettura e di azione, per così dire pronte all’uso, garantendoci una risposta agli eventuali problemi quanto più rapida (e quindi apprezzabile), sia possibile in base al nostro bagaglio esperenziale. Da questo punto di vista Edward de Bono, ci invita a inventare dei giochi creativi, condividendo se possibile, questa esperienza con altri magari durante una cena con degli amici. In fondo sarà divertente!

Se il pensiero laterale sceglie il caos è perché vuole servirsene come metodo.

Il caso non ha limiti, l’immaginazione invece ne ha.
I quattro principi operativi sono:

1. L’identificazione delle idee dominanti, o polarizzanti

2. La ricerca di nuovi metodi di indagine della realtà

3. L’evasione dal rigido controllo esercitato dal pensiero verticale

4. L’utilizzazione dei dati e delle circostanze fortuite

Per omaggiare questo libro che ho riletto una seconda volta a distanza di dodici anni, ho deciso di dare dei titoli alternativi ad ogni capito in modo sia da facilitarmi nella comprensione di questo testo, che in alcuni e sporadici momenti non è particolarmente leggibile (in fondo è stato scritto nel 1967), sia per allenare un po’ il mio cervello, a mo’ di gamification!

Un’altra tecnica utile consiste nell’esporsi di proposito una grande quantità di stimoli aggirandosi luoghi pieni di oggetti a cui non si sarebbe diversamente prestata attenzione

Osservare tutto ciò che attira l’attenzione. Spesso sono le cose più trascurabili a far nascere nella mente idee originali. (…) nei recessi della mente si nasconde sempre un problema in attesa di un’idea.

Il dato di per sé non è significante; significanti sono invece i motivi per cui la mente ne viene interessata, significante è la capacità del dato di suscitare uno schema di pensiero o di adattarvisi.

E se pensi che dare un titolo a ogni capito sia facile, provaci e poi magari mi fai sapere com’è andata per te.

(…) improvvisa illuminazione interiore (…) visione delle cose completamente nuova.

Il pensiero verticale è prevedibile perché preconfezionato e ripetitivo, dunque anche gli effetti esteriori che si manifestano in chi scegli di approcciare alle situazioni servendosi di questo metodo, mostrerà quelle che sono le proprie idee dominanti. Per idee dominanti vanno intese quelle scelte che attuiamo in maniera istintiva, poiché ci sono note, e che dunque percepiamo come una sorta di zona di comfort in cui ci rifugiamo, nel momento in cui ci troviamo di fronte ad un problema.

Per diventare familiare, una figura deve ricorrere di frequente, perché essa acquisti un significato è necessario che ogni volta si ripete un determinato comportamento, associato alla figura.

Un problema può avere soluzioni facili o complicate: tutto dipende dall’angolazione dalla quale lo si affronta.

Un’idea veramente nuova non appare mai bizzarra perché ha una sua interiore indipendenza e compiutezza. Le idee bizzarre non sono idee nuove ma semplici distorsioni delle vecchie.

Scegliere di rifugiarsi in esperienze già vissute, è una scelta comoda che però non ci fa rendere conto che in realtà disponiamo già di tutto quanto ci occorre per evolvere, e raggiungere un risultato migliore o comunque alternativo

Costa fatica abbandonare una determinata impostazione per mettersi alla ricerca di una diversa. Molto spesso, però, tutti gli elementi base di una soluzione nuova sono già disponibili: si tratta solo di comporli secondo una nuova formula.

La gravità, sta nel fatto che spesso l’essere umano non è neppure interessato a questo processo evolutivo, relegandosi in una situazione stagnante poiché incapace di  adoperarsi in una qualche evoluzione. È più che naturale essere titubanti nel momento in cui si percorre una strada non ancora battuta, ciò nonostante l’esplorare è parte integrante del nostro essere umani! Ebbene Edward de Bono, in “Il pensiero laterale” ci ricorda (tra le righe), che la vita è scoprire ed esplorare continuamente, migliorando così sia le nostre personali vite che quelle altrui, come del resto hanno fatto le grandi menti, che appunto vengono citate in questo libro, che è anche un po’ un testo psicologico. Non a caso Edward de Bono era proprio uno psicologo, e nelle sue origini isolane (Malta), è forse possibile rintracciare la curiosità verso l’esplorazione e l’andare oltre i limiti fisici e quindi mentali in cui possiamo ritrovarci.

Ogni iniziativa che non pone problemi non hanno eppure molte possibilità di sviluppo. (…) il compiacimento per i risultati ottenuti e la mancanza di problemi non significano altro che accettazione di soluzioni mediocri e mancanza di immaginazione.

Altre citazioni 

L’entusiasmo che è un’idea può aver sollevato nel suo stadio concessionario e si attenua molto quando si tratta di attuarla.

Obiettivo del pensiero laterale è la concezione di idee nuove.

Il pensiero laterale non interviene solo nelle fasi di ricerca e di creazione del prodotto ma anche in quella organizzativa e di studio dei metodi.

La divisione migliore è quella più utile.

Un rapporto mostra come due parti erano combinate tra loro prima della divisione.

L’impiego del pensiero laterale è indispensabile in quelle situazioni problematiche che il pensiero verticale non è stato in grado di risolvere.

Ė possibile arrivare a una certa comprensione del meccanismo intellettivo attraverso un esame delle manifestazioni esteriori del pensiero che rechi testimonianza degli schemi mentali di partenza.

E se non ha avuto occasione di conoscere la vecchia impostazione di un problema [ha] migliori possibilità di elaborarne una originale.

Poche cose danno un maggior senso di frustrazione di un impegno che cerca ansiosamente il modo di realizzarsi.uno sforzo deve essere anche ripagato da qualche risultato tangibile, e quanto più tempestivamente il risultato arriva, di altrettanto l’impegno ne risulta stimolato.

L’ideatore di una teoria è continuamente dominato dal desiderio di svilupparla perché la sente propria.

Idee dominanti possono essere più dannose che utili

Info bibliografiche

Titolo originale: The use of lateral thinking

Autore: Edward de Bono

Prima pubblicazione: 1967

Prima pubblicazione in Italia: 1969 (Rizzoli)

La mia edizione: VIII edizione BUR 2008

Editore italiano: BUR (diritti della Rizzoli)

Collana: Psicologia e società

Genere: Auto aiuto, Growth, Mente e corpo, Psicologia

Numero di pagine: 182 (illustrazioni incluse)

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Capitoli

Capitolo primo. Le differenze tra il pensiero verticale (alta probabilità, consequenzialità) e il pensiero laterale (bassa probabilità, lateralità).

Capitolo secondo. L’incapacità del metodo logico, rigidamente applicato, di trovare soluzioni originali.

Capitolo terzo. L’effetto polarizzante delle idee dominanti.

Capitolo quarto. L’abitudine di pensare per immagini.

Capitolo quinto. La ricerca sistematica di una pluralità di impostazioni alternative dei problemi.

Capitolo sesto. Il prepotere del pensiero verticale come ostacolo al sorgere di idee nuove.

Capitolo settimo. L’utilizzazione degli eventi fortuiti e il riconoscimento della loro validità.non interferire, ma favorirne l’evolversi per poi raccoglierne i frutti.

Capitolo ottavo. La dimostrazione dell’utilità pratica di un tipo di applicazione del pensiero laterale.

Capitolo nono. Gli svantaggi che derivano dal mancato uso del pensiero laterale.

Capitolo decimo. L’utilizzazione del pensiero laterale e l’impiego di idee nuove.

 

Capitolo 1 [Novità laterale]

Capitolo 2 [Nuovi dati o nuovo metodo?]

Capitolo 3 [Il dubbio delle idee dominanti: ne vale la pena?] 

Capitolo 4 [Le combinazioni standard: notorietà degli elementi e usualità di rapporti!]

Capitolo 5 [Il pensiero laterale alla pari di un’equazione con più uguali!]

Capitolo 6 [Il terzo principio: Le possibilità del caos omnidirezionale come fluidità creativa]

Capitolo 7 [Il quarto principio: L’abilità di trovare profitto dal caso]

Capitolo 8 [Utilità postuma]

Capitolo 9 [La verticalità è prevedibile]

Capitolo 10 [Duttilità mentale]

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A volare come il gabbiano Jonathan Livingston non ci abbiamo mai pensato

A volare come il gabbiano Jonathan Livingston non ci abbiamo mai pensato

Copertina del libro “Il gabbiano Jonathan Livingston” di Richard Bach del 1975

RACCONTOGROWTH, MIND & BODY, SELF HELPNOVELLA

A volare come il gabbiano Jonathan Livingston non ci abbiamo mai pensato

Il gabbiano Jonathan Livingston nato da Richard Bach, è divenuto un simbolo di libera espressione di sé stessi. La guida ideale di chi ha la forza di ubbidire alla propria legge interiore quando sa di essere nel giusto, nonostante i pregiudizi degli altri, e chiunque legga questa breve novella, saprà apprezzare il suo messaggio schietto e diretto.

25 GENNAIO 2021 – ROMA

RACCONTOGROWTH, MIND & BODY, SELF HELPNOVELLA

Il gabbiano Jonathan Livingstone di Richard Bach. Ecco la mia recensione.

Jonathan Livingston è un gabbiano che abbandona la massa dei comuni gabbiani per i quali il volare non è che una semplice mezzo e goffo per procurarsi il cibo e impara a eseguire il volo come atto di perizia e intelligenza, fonte di perfezione e di gioia.

Diventa così un simbolo, la guida ideale di chi ha la forza di ubbidire alla propria legge interiore quando sa di essere nel giusto, nonostante i pregiudizi degli altri; di chi prova un piacere particolare nella fare bene le cose a cui si dedica: una specie di “guru” istintivo e alla mano ma non per questo meno efficace nel suo insegnamento.

E con Jonathan il lettore, affascinato dell’insolito clima della narrazione, viene trascinato in una entusiasmante avventura di volo, di aria pulita, pura di libertà.

DALLA SOVRACCOPÈRTA

Liberamente ispirato a un pilota acrobatico statunitense di nome John H. “Johnny” Livingston, il gabbiano protagonista di questo romanzo, che ha più il sapore di una novella, diventa la nostra guida spirituale che ci insegna che abbiamo la possibilità di essere davvero liberi, solo quando accettiamo di essere noi stessi.

(…) loro hanno compreso ciò che veramente sono, e ora tendono a metterlo in pratica. Hanno cominciato ad adeguarsi a se stessi!

Il messaggio che Richard Bach racchiude in questo romanzo, è davvero chiaro e il primo punto che salta agli occhi, almeno a tutte quelle persone che leggono prima l’indice e poi iniziano effettivamente il libro, è che questa novella è divisa in tre parti, quasi fossero le tre fasi della vita; e a conti fatti questa percezione viene confermata dagli stessi fatti di cui l’autore ci mette a parte.

Per chi non lo sapesse Richard Bach è un aviatore oltre che uno scrittore. Appena si cerca in rete (si gooooogla Richard Bach) troviamo che le prime immagine lo ritraggono vicino al suo Piper Super Cub, che è un aereo dal grande pregio di consentire al pilota di alzare il naso verso il cielo e incontrando una superficie trasparente, questi può vedere l’azzurro del cielo. Probabilmente è una delle cose più belle del mondo per un aviatore o pilota che dir si voglia…provare la sensazione di immergersi nel blu del cielo, ed infatti la copertina de Il gabbiano Jonathan Livingston è proprio di un blu profondo!

L’unica vera legge è quella che conduce alla libertà (…) altra legge non c’è.

Più simile a un racconto popolare, tenuto conto anche dello stile di scrittura quasi “dialettico”, questo romanzo, che di certo non aveva la pretesa di diventare il bestseller mondiale che è oggi, racchiude in sé un messaggio positivo e incoraggiante nei confronti della vita stessa e della nostra capacità di goderne appieno.

A me preme soltanto di sapere.

Il gabbiano Jonathan Livingston, è l’emblema della volontà di affermare e scoprire sé stessi, anche se questo significa prendere le distanze dai propri affetti, e lasciare la propria casa nel momento in cui il richiamo della nostra intrinseca legge, pretende di essere applicata alla nostra quotidiana esperienza.

Ci sono tante cose da imparare!

La parte di questo romanzo che preferisco tra tutte, è quella in cui sconfortato dagli scarsi risultati il gabbiano Jonathan, promette a se stesso di rinunciare, di smetterla di tentare di essere diverso dagli altri dello Stormo.

Basta! non avrebbe dovuto dar più retta a quel demone che l’istigava a imparare cose nuove.

Quarta di copertina del libro Erotica di Ghiannis Ritsos

Ma come tutte quelle promesse che non nascono dall’amore, ecco che Jonathan non poté mai tenere fede alla sua, in realtà non lo fece neanche per un giorno, per il semplice fatto che lui non doveva tentare di essere, lui era. E questo ci insegna nella più poetica delle maniere, che l’unica cosa che siamo destinati a fare, è di essere fedeli a noi stessi e alla nostra natura poiché, questa avrà sempre la forza di esprimersi e di farsi apprezzare dal mondo intero, riuscendo a diffondersi come si diffonde il profumo del mare.

Lui si sentiva vivo come non mai, e fremente di gioia, fiordi aver domato la paura.

Vero è che il percorso iniziale, è qualcosa che siamo tenuti ad affrontare da soli, e questo ci pone dinnanzi ad ogni nostra paura, ad ogni nostro limite temporaneo, ma immediatamente siamo ripagati dal coraggio, e sperimentiamo la libertà derivante dalla conoscenza.

Ci solleveremo dalle tenebre dell’ignoranza, ci accorgeremo d’essere creature di grande intelligenza e abilità. Saremo liberi! Impareremo a volare!

Per Jonathan Livingston il volo era molto di più che un mezzo per accaparrarsi del cibo tra i pescherecci, battendo semplicemente le ali. Il volo per quest’uccello dal bianco piumaggio era espressione del sé, eppure la consapevolezza che avere delle ali significa poter essere concretamente liberi,

Ma la velocità era potenza, era gioia, era bellezza.

è qualcosa che nello Stormo in cui era nato Jonathan, era più simile ad una eresia, che al raggiungimento di un grandioso risultato.

Chissà perché, (…) la cosa più difficile del mondo è ecco vi convincere un uccello che egli è libero? E che può dimostrarlo a se stesso, solo che ci metta un po’ di buona volontà? La libertà basta solo esercitarla. Ma perché? Perché deve essere tanto difficile?

Chiunque riesca a sentire dentro di sé l’ardente fuoco della vita, dovrà come prima e decisiva prova, sperimentare il muro dell’incapacità degli altri di vedere con gli occhi della mente.

Si rifiutavano di aprire gli occhi per vedere.

Eppure, come Jonathan ci insegna, non possiamo colpevolizzare gli altri per questo loro limite iniziale, ma possiamo e dobbiamo invece, mostrargli la bellezza della nostra visione, sperimentando in prima persona la sua magnificenza liberatoria e accrescitiva.

Quel che aveva imparato per lo Stormo, se lo godeva adesso da sé solo. Egli imparò a volare, e non si rammaricava per il prezzo che aveva dovuto pagare. Scoprì che erano la noia e la paura e la rabbia a rendere così breve la vita d’un gabbiano. Ma, con l’animo sgombro da esse, lui, per lui, disse contento, e visse molto a lungo.

Come capita spesso di sentire, esistono al mondo delle personalità che si distinguono dagli altri come mosche bianche. E persino nel momento in cui queste “creature immacolate”, trovano un nuovo gruppo in cui sperimentare la grandezza di loro stessi,

Qui, gli altri gabbiani la pensavano come lui. Per ciascuno di loro, la cosa più importante della vita era tendere alla perfezione in ciò che più importava, cioè nel volo.

anche allora risultano i più grandiosi di tutti, poiché questa caratteristica è tanto nella loro natura, quando ancor di più nella loro dedizione al loro magnifico sogno.

E poi, altre cento prima di capire che lo scopo della vita è appunto quello di adeguarci il più possibile a quell’ideale. S’intende che per noi vale la stessa regola, anche adesso: scegliamo il nostro mondo successivo in base a ciò che apprendiamo in questo. Se non impari nulla, il mondo di poi sarà identico a quello di prima, e avrai anche la le stesse limitazioni che hai qui, gli stessi handicap.

Così nel momento in cui ci rendiamo conto che questi nuovi amici e compagni di “esperimenti” ci ammirano, ecco che abbiamo trovato i nostri discepoli, che per noi e insieme a noi diffonderanno anche agli altri gabbiani la bellezza del volo acrobatico

No, Jonathan, un posto come quello, no, non c’è. Il paradiso non è mica un luogo. Non si trova nello spazio, e neanche nel tempo. Il paradiso è essere perfetti.

e della sua perfetta esecuzione, che al dunque può davvero essere una valida missione, cui votare la propria esistenza terrena e spirituale.

Velocità perfetta, figlio mio, vuol dire solo esserci, essere là.

Ciò che scalda davvero il cuore, oltre all’insegnamento che si può e deve trovare soddisfazione nel semplice fare le cose al meglio, è che anche coloro che le fanno al meglio possono, ed è bene che sia così, avere un loro mentore: un loro Ciang

Sì che invece puoi riuscirci, vecchio Jonathan. Perché tu hai imparato tutto. Hai terminato un corso d’istruzione, e ne hai cominciato un altro, per te. Adesso.

che possa infondere sia coraggio, sia mostrare loro la possibilità di uno scopo e un obiettivo più elevato infondendo nuova linfa nel discepolo e fornendogli tutti gli strumenti che possano consentirgli, indipendentemente dall’eta e dal luogo di partenza, di volare dove e come, nessun altro gabbiano aveva mai neanche osato volgere il pensiero.

Per volare alla velocità del pensiero, verso qualsivoglia luogo, (…) tu devi innanzitutto persuaderti che ci sei già arrivato.

Il primo tra gli strumenti che ciascun esploratore della vita deve avere sempre a portata di mente, è tanto la consapevolezza di sé stesso/a, tanto la chiara visione di ciò che il suo spirito indomabile vuole raggiungere per, finalmente chetarsi avendo la certezza della riuscita.

Funziona sempre, quando sai quello che fai.

Ed è così che completato il suo addestramento, anche se in effetti la vita è una prova continua, il gabbiano Jonathan Livingston tornerà con il suo Stormo, a quello d’origine dimostrandoci che il perdono è essenziale per andare nel nostro futuro, che altrimenti ci sarebbe precluso.

Ma nessuno di loro, neppure Fletcher Lynd, riusciva a capacitarsi che i voli del pensiero possano essere tanto reali quanto i voli nel vento e con le penne. Il vostro corpo, dalla punta del becco la coda, dall’una all’altra punta delle ali, (…) non è altro che il vostro pensiero, una forma del vostro pensiero, visibile concreta. Spezzate le catene che imprigionano il pensiero, e anche il vostro corpo sarà libero.

Nel momento in cui abbandoniamo il risentimento e ci doniamo, allora come il serpente cambia la sua pelle, allora rinasciamo noi stessi per volare liberi, ovunque e con chiunque.

Tu sei libero di essere te stesso, questa è la libertà che hai, adesso è qui, e nulla ti può essere di ostacolo.

Altre citazioni di Jonathan Livingston

Ma se superi il tempo e lo spazio, non vi sarà nient’altro che l’Adesso e il Qui, il Qui e l’Adesso. E non ti sa che, in questo Hic et Nuno, noi avremo occasione di vederci (…)?

Ci sono tante cose da imparare!

Ogni giorno, lui apprendeva cose nuove.

Ci sono tante cose da imparare!

Tu sei quello che ha meno paura di imparare, tra tutti i gabbiani che ho visto in diecimila anni.

E curiosi di quella novità: volare per la gioia di volare!

Il fatto è, Fletcher, che bisogna superarli un po’ alla volta, i nostri limiti, con un po’ di pazienza. Qui sta il trucco.

Per tutte le cose, Fletcher, è questione di esercizio…!

Guarda col tuo intelletto, e scopri quello che già conosci che conosci già, allora imparerai come si vola.

Jonathan è quel vivido piccolo fuoco che arde in tutti noi, che vive solo per quei momenti in cui raggiungiamo la perfezione.

Personaggi

  • Jonathan Livingston: gabbiano protagonista del romanzo breve, che ribellandosi alle regole del suo stormo decide di seguire la propria voce interiore, inseguendo con abnegazione il suo desiderio: volare alla perfezione, per lui la più elevata forma di libertà
  • Sullivan: uno dei gabbiani amici di Jonathan, con cui stringe amicizia nella dimensione intermedia, confusa con il paradiso, ma che seppur bravo nel volo non è minimamente al livello di Jonathan
  • Fletcher Lynd: giovane gabbiano reietto come fu alla fine della “parte prima” lo stesso Jonathan Livingston, e che divenne suo allievo e quindi a sua volta maestro 
  • Ciang: è il gabbiano Anziano, e maestro di Jonathan che questi incontra nella dimensione intermedia, nella “parte seconda” e che insegnerà all’allievo il potere della mente nel controllo del corpo.
  • Henry Calvin: uno dei discepoli sulla terra di Jonathan Livingston che apparteneva allo Stormo Buonappetito
  • Gabbiano Terence Lowell: uno dei discepoli sulla terra di Jonathan Livingston che apparteneva allo Stormo Buonappetito
  • Gabbiano Kirk Maynard: uno dei discepoli sulla terra di Jonathan Livingston che apparteneva allo Stormo Buonappetito, che non sapeva volare per nulla
  • Charles Roland: uno dei discepoli sulla terra di Jonathan Livingston che apparteneva allo Stormo Buonappetito
  • Judy Lee: uno dei discepoli sulla terra di Jonathan Livingston che apparteneva allo Stormo Buonappetito

Termini & nomi

  • Stormo Buonappetito: lo stormo cui originariamente apparteneva Jonathan Livingston, e che non comprendendo e condividendo lo scopo della sua autorealizzazione, in virtù delle loro leggi lo esilia
  • Assemblea Generale: concilio degli anziani, e di tutti i gabbiani che si riunisce in merito a questioni importanti. Nella fattispecie in merito alla decisione di esiliare il gabbiano Jonathan
  • Scogliere Remote: luogo che il gabbiano Jonathan Livingston scegli come luogo iniziale del suo esilio
  • Reietti: tutti quei gabbiani che vengono allontanati dallo Stormo originario, poiché non rispettano le regole imposte loro
  • Grande Gabbiano: una sorta di divinità cui tendere
  • Legge del Grande Gabbiano: l’unica legge che tutti i gabbiani dovrebbero rispettare: la libertà 
  • Figlio del Grande Gabbiano: date le sue straordinarie doti Jonathan Livingston viene considerato da molti l’erede del Grande Gabbiano; qui emerge la connessione col cristianesimo oltre alla cultura New Age che intride la novella

Info bibliografiche

Titolo originale: Jonathan Livingston Seagull

Autore: Richard Bach

Fotografie: Russel Munson

Prima pubblicazione: 1970

Prima pubblicazione in Italia: 1973

La mia edizione: XXX edizione Rizzoli Settembre1995

Editore italiano: Rizzoli

Collana: –

Genere: Romanzo, Racconto breve, Novella, Auto aiuto, Mente e corpo

Numero di pagine: 93 (foto incluse)

Preceduto da: Niente per caso (Nothing by Chance, 1969)

Seguito da: Un dono d’ali (A Gift of Wings, 1974)

 

Capitoli

      • 1. Parte prima
      • 2. Parte seconda
      • 3. Parte terza

 

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